giovedì 19 novembre 2020

A proposito de Nel Segno di Orione

 

di Mauro Peppino Zedda


Nei giorni scorsi mi è arrivata una lettera dell'orientalista Federico Mazza, contenente una critica al mio libro Nel Segno di Orione.

Nel 1988, lo studioso in questione si cimentò nella interpretazione della iscrizione Adon Sid Addir B'by presente nel tempio di Antas a Fluminimaggiore propose che il termine B'by potesse riferirsi ad ambito egizio: «è ormai generalmente acquisito che il Bábys di Ellanico e il Bébon di Plutarco indicano il medesimo personaggio divino e che esso si identifica con il demone egiziano noto, in epoca arcaica nei testi delle piramidi e dei sarcofagi, con i nomi di Bȝby, Bȝbȝwy o Bȝbwy e, più tardi, a partire dal Nuovo Regno, anche col nome di Bȝbȝ.

Tale divinità, rappresentata solitamente come un vecchio babbuino o, più tardi, come una figura umana cinocefala, mostra una personalità particolarmente complessa, con caratteri ed attribuzioni che variano dalla natura di genio potente contro le forze del male invocato nei riti di magia, a quella di demone ctonio, a quella di essere dotato di straordinaria attività sessuale, che dona magicamente all'uomo virilità ed inesauribile fertilità, a quella inoltre di divinità connessa con il potere regale» (Mazza 1988: 55).

L'interpretazione di Mazza si è rivelata straordinariamente in sintonia con l'orientamento (rivolto al sorgere di Orione) del tempio e della necropoli di Antas, e non solo, al Bȝby egizio ovvero al demone con sembianze da babbuino protettore della barca solare, paiono richiamarsi le navicelle con babbuino del periodo tardo-nuragico trovate a Baunei e a Villagrande Strisaili.

La presenza in Sardegna di due navicelle tardo-nuragiche che mostrano elementi culturali affini al Bȝby, Bȝbȝwy o Bȝbwy, Bȝbȝ, di tradizione egizia, mi pare un fatto di straordinaria importanza.

Sulla scorta dell'interpretazione di Federico Mazza (1988) e con la datazione al XI-X della navicella di Baunei proposta da Fulvia Lo Schiavo, si potrebbe concludere che B'by corrisponda ad un «personaggio divino e che esso si identifica con il demone egiziano noto, in epoca arcaica nei testi delle piramidi e dei sarcofagi, con i nomi di Bȝby, Bȝbȝwy o Bȝbwy e, più tardi, a partire dal Nuovo Regno, anche col nome di Bȝbȝ», arrivato in Sardegna per il tramite di popolazioni levantine da identificarsi con gli Shardana.

Di seguito vi riporto la critica che di Federico Mazza a Nel Segno di Orione:

 

ho letto con attenzione e molto piacere il suo libro “Nel segno di Orione”, del quale – da un punto di vista generale – ho apprezzato l’originalità di una serie di tesi proposte, insieme alla ricchezza e all’articolazione delle argomentazioni a sostegno.

Più nel merito, il primo capitolo del volume ha rinnovato il mio interesse per uno dei temi più affascinanti della storia mediterranea del II millennio a.C., quale quello del rapporto tra Sardegna e Shardana, nel quadro più generale e articolato delle vicende dei cosiddetti “Popoli del mare”. Il suo esame dei contesti storici e archeologici al riguardo mi è parso molto approfondito e documentato e mi trova concorde con le sue conclusioni, che, dal punto di vista orientalistico, sono in armonia anche con quanto sostenuto in Italia da studiosi come Piero Bartoloni e i compianti Giovanni Garbini e Sebastiano Tusa.

Il secondo capitolo ha ovviamente catturato in modo particolare la mia attenzione e mi fa molto piacere constatare come una mia antica proposta circa l’appellativo B’by riferito al dio Sid abbia potuto trovare ulteriore luce e una rinnovata prospettiva nella sua originale rilettura del rapporto Sid/Osiride/Orione – Sardus Pater. Oltre a ciò, pur non essendo addentro alle questioni di archeoastronomia, mi è sembrato assai significativo quanto da lei evidenziato circa l’orientamento del tempio di Antas rispetto ai riferimenti della volta celeste, ancor più se si aggiungono alle suggestive considerazioni sull’orientamento delle necropoli e dell’altare tardo-nuragico. Sono considerazioni certamente pertinenti e che fanno intravedere come lo sviluppo della conoscenza si possa giovare utilmente del concorso complementare tra tradizionali campi di studio e approcci scientifici innovativi.

Infine, ho trovato parimenti molto interessante la sua valutazione delle statue di Monti Prama come rappresentazione di una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo. Anche a questo proposito le sue argomentazioni mi sono apparse particolarmente plausibili e circostanziate, anche alla luce dell’efficace confronto finale con la raffigurazione di Atlante sulla coppa del VI secolo da Sparta.

Complimenti dunque per questo libro suggestivo e denso di spunti sul piano storico, archeologico e culturale.

 

Federico Mazza

 

 

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