di Franco Laner
Il giorno 30 giugno 2014 si è rinvenuto un grande
frammento di modello di nuraghe a terrazzo quadrato, noto in un altro esemplare
nel Museo di Cabras
Amo la discussione. Ovviamente non leziosa o anacronistica,
fine a se stessa e che mi lascia povero e sconfortato.
Fine ultimo di questa dichiarazione è un semplice fatto sul
quale potrebbe essere stupido ritornare, se non fosse che esso è paradigma di
questioni più generali, ostative ad una logica e rinnovata visione
dell’archeologia nuragica.
Mi riferisco al ritrovamento, 2014, di un secondo capitello
quadrangolare, inteso dagli archeologi isolani -da tutti gli archeologi
isolani, perché nessuno ha mai smentito la definizione- come modello di nuraghe
monotorre.
Non credo sia il caso di spiegare cosa sia un modello. Perciò penso che scambiare
un capitello per un modello di nuraghe presuma che ci siano nuraghi quadrati.
Così infatti si esprime l’archeologa Valentina Lionelli nel
suo contributo nella summa del resoconto degli scavi di Monte Prama (Le
sculture di Monte Prama, Gangemi editore, 2014):
Il tipo di coronamento quadrangolare è esclusivo del
contesto di Monte Prama ed è presente con due esemplari, sebbene nel secondo si
tratti solo di frammenti. L’attestazione di modelli con terrazzo quadrangolare
ci spinge ad ipotizzare l’esistenza di nuraghi con terrazzi di questa forma.
In altre parole, se c’è il modello, certamente prima o poi
verrà fuori un nuraghe quadrato!
Definire un capitello quadrangolare come un modello di
nuraghe mi lascia basito! Impietrito, per restare in argomento!
Ancora non sono state rinvenute torri nuragiche quadrate e
mai si troveranno, semplicemente perché impossibili da costruire con tecnologie
murarie a secco. Con questa tecnologia costruttiva è già molto che si siano
costruite torri circolari, dove appunto non ci sono angoli! E allora perché una
tale strampalata definizione?
Non di meno mi lascia sbalordito chi, come il prof. Attilio
Mastino (A. Mastino “Giganti. Simbolo della ricerca nell’Isola”, La Nuova
Sardegna, 29 luglio 2014), storico ed ex Rettore dell’Univesità di Sassari, sia
possibilista e scriva che non è da escludere che il modello possa avere
una funzione architettonica come capitello. Insomma il modello di
nuraghe potrebbe avere anche una funzione architettonica. Quale
delicatezza diplomatica!
A fronte dunque di questa immane corbelleria forse val la
pena chiedersi come sia possibile arrivare a tanto.
Perciò, in analogia con quanto si fa a fronte di casi
sbalorditivi, si può tentare di ripercorrere a ritroso e trovare le radici che
giustifichino la definizione -ovvio solo
in Sardegna- che un capitello sia un modello di nuraghe.
Accadimenti insoliti che ci lasciano increduli, come può
essere leggere che un figlio ammazzi i
genitori -vedi Pietro Maso, criminale per aver così anticipata l’eredità- o che qualcuno beva un intruglio con la
speranza di guarire da un tumore o ancora pensare che il giorno e l’ora della
nascita siano stati determinanti per la propria vita, possono essere ricondotti
alla comprensione, non alla condivisione, se si ha la pazienza e capacità di
ricomporre tutti i precedenti che hanno determinato l’atto inaudito e
sorprendente. Sociologi e psicologi ci hanno abituato a trovare la
giustificazione a ogni gesto insolito e spesso, forti di alcune condivisibili
analisi, anche il giudizio viene sospeso.
Più vicino al nostro caso cito il ridicolo caso dell’
“agnello vegetale” della Tartaria.
Ancora nel 700 libri di botanica riproducevano –vedi voce
molto ben documentata in Wikipedia- la
figura della “pecora-vegetale” per spiegare l’esistenza del cotone, che come
tutti i filati, non poteva che avere origine animale. Questa creatura non
faceva sorridere, né destare sospetto di bufala e illustri botanici, medici e
letterati attestavano l’esistenza di tale balordaggine, sostenuta da narrazioni
di viaggiatori e da prove.
Agnello-vegetale (da Wikipedia) della Tartaria. Molte
altre immagini e descrizioni v. alla voce
Bisogna dunque fare un piccolo sforzo e ripercorrere a
ritroso la questione dei modelli di nuraghe.
Prima del capitello quadrato, il capitello rotondo era stato
definito sommità di un monotorre. Quindi se c’è un modello circolare, perché no
quadrangolare?
A sua volta il modello di monotorre circolare era stato
interpretato come tale visto che esistevano i modelli di nuraghe quadrilobati e
i modelli dei quadrilobati assomigliavano a qualche nuraghe quadrilobato.
Perciò se c’è il modello di un quadrilobo, ci deve essere
anche il modello del monotorre, oltrettutto assai più diffuso.
La definizione di modello di nuraghe di oggetti con quattro
torri e una centrale, esempio S. Sperate (pietra), Ittireddu e Olmedo (bronzo),
era stata coniata da Lilliu, in contrapposizione a Taramelli che li aveva
collocati nell’ambito del sacro (modelli di tempio) a sua volta influenzato
dagli studi di Frobenius che aveva visto nei modelli di tempio un modello
cosmologico in tutte le antiche culture, orientali, africane, mediterranee.
In tutto il mondo la rappresentazione arcaica di quattro
torri , divisione in quattro della terra, punti cardinali, con la torre
centrale, axis mundi, è la raffigurazione cosmologica.
Gli esempi sono innumerevoli e una piccola antologia l’ho
riproposta nel mio “Sa ‘ena” nel capitolo 4.3 “Nuraghe, imago mundi”.
Modello in pietra di nuraghe monotorre da Cheremule,
loc. Sas Animas, Luisanna Usai
Pertanto, anche se non pretendo che il mio succinto viaggio
a ritroso sia condiviso, si arriva in Sardegna a interpretare ogni oggetto
colonnare, un basamento di colonna, un capitello, un qualsiasi cilindro, come
modello di nuraghe. Ci sta dunque anche un capitello quadrato!
Ci sta anche la reazione difensiva dell’archeologo di turno
che si meraviglia di essere criticato solo per aver proposto una estensione
-pur lui coerente- dei modelli di nuraghe!
Parafrasando la favola di Oscar Wilde“L’amico fedele”, dove
il perfido e ricco mugnaio Ugo, partendo da un perverso senso di sé e della sua
generosità, riesce a sostenere la sua alterazione, infliggendo al povero
contadino Hans ogni angheria e sopruso fino a farlo morire.
Insomma, assunto un preconcetto, si rischia di coniugarlo
con altri preconcetti fino ad arrivare a conclusioni ridicole e insostenibili.
Questo è quello che è successo nell’archeologia nuragica, impostata su una
visione sbagliata di quella civiltà (nuraghe fortezza madre di ogni
sciocchezza) ed è stata perseguita acriticamente, conformisticamente e anche con meschini atti di servilismo
accademico, fino ad arrivare a conclusioni insostenibili, ridicole ed inaudite,
ma giustificabili dalla sommatoria di incoerenze successive, fino a chiedersi,
sgomenti, come si possa ammazzare i genitori per godere subito dell’eredità.
Sostenere oggi che i cosiddetti modelli di nuraghe siano
modelli cosmologici e che nulla hanno a che vedere coi nuraghi quadrilobati, se
non dal punto di vista morfemico, è ritenuto una boutade alla Laner,
assolutamente non condivisibile, proprio perché non si riesce a staccarsi dall’
ipse dixit di lilliana dottrina, nonostante che nessun archeologo al
mondo -Sardegna ovviamente esclusa- non si ponga nemmeno il problema se un
capitello quadrato possa essere qualcosa di diverso da un capitello e tantomeno un modello di nuraghe monotorre.
A meno di non pensare che la Sardegna sia fuori dal
Mediterraneo, culla di tutte le civiltà, e che la Sardegna non abbia
contribuito a far crescere, recependo, elaborando, restituendo, il progresso
culturale e civile, senza inutili preconcetti di risibili priorità.
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