mercoledì 31 agosto 2016

Dulcis in fundo. Le statue sopra le ciste sepolcrali

di Franco Laner

Non c’è prova che le statue siano state progettate per essere poste sopra i pozzetti di sepoltura.
Né ci sono prove che, ammesso che siano state realizzate, siano effettivamente state poste sopra le sepolture.
Mancando questa correlazione, anche la cronologia dell’avventura scultorea di MP è aleatoria, in quanto la stima prende come riferimento la data degli inumati.
Qualche indizio ha indotto gli archeologi a pensare che tombe e statue fossero coeve: le dimensioni della pietra di copertura simile al basamento delle statue, la  vicinanza fisica di pezzi di statue e ciste, schegge di statue nelle ciste (?) l’uso della stessa pietra, ossa di giovani e statue di giovani. Statua come segnacolo dell’eroe che sta sotto. Tutti indizi, non prove.
Ho calcolato che il peso di una statua, basamento compreso, sia attorno ai 9-10q, circa 1/3 del blocco da cui sono state ricavate.
Immaginiamo di porre una statua sopra la pseudo-cista n. 5 (pseudo forse perché la cista ha solo due  ortostati e non quattro). Mi riferisco al chiaro rilievo Bedini riportato in “Giganti di pietra” , ed. Fabula, Cagliari, 2012, pag.190 (fig. 1). 


fig. 1 Rilievo Bedini delle ciste di sepoltura nello scavo del ’75. Sulla sinistra del lastrone della tomba 5 si vede l’ortostato sottile della cista 4 e quello più spesso. Caricati si abbassano in maniera differenziata e non avrebbero potuto  essere caricati coll’ulteriore peso di una statua di 10q, sopportando già con difficoltà il lastrone di copertura

La descrizione dell’archeologo riporta le dimensioni del lastrone in opera che mi consentono di dare una scala al disegno e stimare in 400kg il suo peso (Vxps=2x8x11,5x2.2). Mica poco!


fig 2 Lastrone della tomba 5 sempre dello scavo Bedini. Nell’ombra si vede il sottile ortostato della cista 4. La qualità della superficie del lastrone non mi sembra adatta alla sovrapposizione del piedistallo della statua. La sovrapposizione di due lastre non sufficientemente levigate comporta la concentrazione di carico nei picchi di contatto, dove si scarica il peso e l’immediata rottura del lastrone della cista per trazione da flessione.

Aiutandomi anche con la foto dello scavo (fig. 2), vedo che l’ortostato della cista 4 è circa 5cm di spessore, su cui appoggiava il lastrone, mentre l’altro appoggio è il doppio. Questa diversità di spessore degli ortastati comporta, nel tempo, abbassamenti differenziati e fuori piombo che la sezione longitudinale delle 10 ciste puntualmente registra e soprattutto si nota la non planarità dei lastroni orizzontali di chiusura, condizione minima per funzionare da basamento delle statue.
In pratica la struttura della cista è di mera compartimentazione e protezione del morto e ha “fondazione” appena sufficiente per il lastrone di chiusura.
Gli ortostati non appoggiano sulla lastra fondale di deposizione, che è molto più piccola, ma direttamente nel terreno.
In pratica non ha proprio fondazione.
Facciamo il passo successivo.
Supponiamo di sovrapporre  ai lastroni le statue che col loro piedistallo pesano 1000kg (10q).
Penso che gli ortostati di cista non avrebbero facilmente retto il nuovo carico sovrapposto, considerato che sono già in crisi per il solo lastrone. Soprattutto non sarebbe stata garantita l’orizzontalità del basamento su un supporto con cedimenti differenziati. Nemmeno metterei la mano sul fuoco sulla resistenza dei lastroni di copertura alla sovrapposizione di un così grave carico, specie perché la superficie di contatto non è liscia e quindi il carico non si distribuisce, bensì si concentra pericolosamente nei punti di contatto e poi alcuni lastroni si sono fessurati senza carico sovrapposto. Insomma l’ipotesi delle statue sopra le ciste di sepoltura non ha molte chances, semplicemente perché non c’è segno di opera fondale o altra attenzione atta a sopportare i carichi delle statue.
Oppure c’era l’idea di rinforzare le ciste nel momento in cui le statue sarebbero state poste in opera: ipotesi che non faccio mia!
Faccio invece mia, come altre volte espresso, che per la datazione bisogna dar ascolto non alle biotatazioni degli inumati, che non sono in correlazione con le statue, bensì alle relazioni dei due esperti scultori e storici della materia, Mondazzi e Rockwell, che prendono a riferimento gli strumenti di scultura individuati nella lavorazione e l’epoca in cui la loro presenza è comprovata, ovvero fine VII secolo, inizio del VI.
E se così fosse, postilla finale, l’aver dato per scontato che inumati e statue fossero coevi  e non con tre secoli di differenza, fanno sorridere le trecce della ricostruzione in 3D degli antropologi, ispirati dalle statue. A meno che nel DNA ci sia l’indicazione sulla lunghezza dei capelli…
Ancora, per completare il rompimento di armonie che ho inflitto in agosto, non pensavo che dal teschio lungo e stretto dell’inumato venisse fuori un florido e tarchiato Sioux (rubo l’immagine a Francu Pilloni)!





fig 3 Ricostruzione dell’inumato di MP degli antropologi dell’Univ. di Sassari

2 commenti:

  1. La ricostruzione fisica dell'inumato è veramente fuori luogo! Come si può arbitrariamente decidere che non avesse gli occhi azzurri o che fosse biondo con i capelli al vento? Si sarebbero dovuti limitare a ricostruire la morfologia , punto.
    Sul posizionamento delle lastre sarebbe interessante fare delle verifiche in sito

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  2. Molte sono le verifiche che mi piacerebbe fare, come ti ho già detto e spero di venire presto in Sardegna.
    La questione della datazione statue-inumati, mi lascia perplesso. Frammenti di scultura sembra siano stati ritrovati nelle ciste. Frammenti di statue o di modelli di nuraghe? Se sono di quest'ultimi bisognerebbe anche dimostrare che modelli e statue sono coevi. Fidarmi degli archeologi è dura e di quali? Molte volte sparano cavolate e si contraddicono fra loro. Ad esempio Bernardini scrive, genn. 2016, su una Guida Delfino "Mont'e Prama..."che "Nessun elemento archeologico dimostra in modo inoppugnabile che le statue poggiassero sulle tombe. Nessuna base di statua è stata ritrovata impostata sui lastroni, nessun segno di posa appare sui lastroni medesimi.." C'è anche la presenza di betili con incavi, oltre ai modelli, figure che mi paiono più vicine alla mentalità nuragica, ma io penso ora alle statue e le conclusioni cui mi porta l'indagine che ho eseguito con strumenti della mia disciplina, non mi convincono né della contemporaneità di sepolture e statue, ed ancor meno della precedenza delle statue rispetto agli inumati. La vaghezza del tutto ha un corrispettivo di 3-4 secoli e pertanto l'incertezza mi sembra totale. Si può pensare alla priorità mediterranea, ma l'ideologia non è una prova e allora preferisco gli esperti scultori e lo stato dell'arte della scultura mediterranea in quei secoli. Se poi c'è la priorità sarda, benvenga. O si pensa che mi dispiaccia? Il nodo della questione rimane che tutto ad un tratto non nasce una statuaria e soprattutto non si dissolve altrettanto senza prolegomeni, segni, tentativi, aggiustamenti, miglioramenti, in una parola, scuola e continuità.
    Non credo che i betili possano essere assegnati come tentativi iniziali di arte della scultura, mentre i modelli, che pongono tantissimi problemi in meno rispetto alle statue, non ho difficoltà a pensarli come esistenti al tempo degli inumati, anche se non ho trovato nessun elemento di datazione del modello di S. Sperate. Coi dubbi potrei continuare, uno, non male riguarda il tipo di sepoltura. Da quando in qua i nuragici seppellivano in ciste e pozzetti?
    Anche il luogo, così prossimo al mare, non mi pare rientri nei canoni nuragici.
    Che bello sarebbe che gli archeologi mettessero in campo solo le certezze, che la loro disciplina consente. Ma il lavoro che ho citato di Bernardini è pieno solo di punti di domanda, forse, sembra che, suppongo..Ancora torno al mio pensiero di sempre, non basta l'archeologia per uscirne, ma uno sforzo interdisciplinare a tutto campo. Infine, e ripeto il pensiero di alcuni sardi illuminati: val proprio la pena l'accanimento sulle statue di Monte Prama, quando c'è un patrimonio vero e bello, da conservare e valorizzare in Sardegna?

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