di Mauro Peppino
Zedda
Lo scorso 3 Febbraio si è svolta la prima presentazione del saggio
di Giovanni Ugas. Shardana e Sardegna, gli alleati del Nordafrica e la fine dei Grandi
Regni (XV-XII secolo a.C.).
A presentarlo il
linguista Giulio Paulis e l’archeologo Raimondo Zucca.
Raimondo Zucca ha avviato la presentazione raccontando le
gesta di Giovanni Ugas, che a partire da quando era ancora fanciullo trovò una
statuina di Dea Madre neolitica a cui seguirono tanti altri rinvenimenti nella
sua lunga carriera di archeologo.
L’aspetto più interessante del discorso di Zucca mi è parso la
citazione di Lucia Vagnetti, una prestigiosa archeologa che esclude che i
nuragici siano gli shardana in quanto nei contesti di cultura materiale nuragici
sono assenti le tracce che attestano eventuali armamenti. Zucca, con l’intenzione di smentirla, ha
segnalato che la Vagnetti non avrebbe tenuto in conto della cosiddetta tomba
dei guerrieri scavata dallo stesso Ugas. Ma la citazione piuttosto che smentire
la Vagnetti , ha messo in evidenza che
Zucca non è informato sul fatto che la tomba scavata da Ugas è una domus de
janas prenuragica che in deposizione
secondaria conteneva una serie di spade anch’esse prenuragiche che niente ci
azzeccano con il nuragico!
Nel suo argomentare Zucca ha citato una serie di elementi
culturali risalenti al Bronzo Finale inutili al fine di dimostrare la tesi di
Ugas. E non ha fatto alcun cenno al fatto che nessun elemento culturale del Bronzo
Medio nuragico (ovvero l’epoca in cui furono costruiti i nuraghi) può far
pensare ad un collegamento culturale dei nuragici con l’Egitto dei faraoni.
Fatto salvo il riferimento alla Vagnetti, nessun cenno è
stato fatto alle tesi che escludono che i nuragici sarebbero gli srdn citati
nelle cronache egizie.
Con meno fronzoli la
relazione di Giulio Paulis che con piglio si è dedicato ad illustrare il modo
con cui Giovanni Ugas ha analizzato i testi egizi, tessendone sperticate lodi per
l’analisi filologica, in particolare per l’interpretazione proposta sulla
“stele poetica” di Tuthmosis III. Per Giulio Paulis la mirabile interpretazione
di Ugas rappresenterebbe un caposaldo teoretico che comproverebbe l’ipotesi che
assimila i nuragici agli shardana citati nei testi egizi.
Nella cosiddetta “stele poetica” di Tuthmosis III, vi sono una serie di riferimenti geografici a
genti tributarie del faraone egizio. Di questi fanno parte anche gli abitanti delle
isole nel cuore della Verde Grande, area geografica che per Ugas corrisponderebbe all’ Italia
insulare e peninsulare. Secondo Paulis l’ipotesi sarebbe verosimile in quanto
comprovata dal fatto che Ugas avrebbe scoperto che le citazioni dei popoli sarebbe
stata eseguita seguendo un ordine geografico che si dipanerebbe in senso
antiorario.
Per Giulio Paulis l’analisi filologica eseguita da Ugas sul
cosiddetto “mappamondo” di Tuthmosis III sarebbe stata eseguita in modo
esemplare. Io non sono d’accordo, e vi spiego perché.
L’interpretazione di
Ugas (cap III del libro citato) si differenzia dagli altri studiosi nella
identificazione di tre sui tredici luoghi citati nella “stele poetica” di
Tuthmosis III. 1) Per Ugas la
definizione che altri interpretano come un riferimento ai Mitanni sarebbe un
riferimento ai Messeni (nel Peloponneso); 2) la definizione riferita alle Isole
di Utantiu, che altri interpretano verso le genti che abitavano le oasi del
sahara per Ugas sarebbe un riferimento ai Libi della Tunisia; 3) il riferimento alle genti che abitavano
nel cuore delle isole del Verde Grande che altri interpretano come le isole
dell’Egeo per lui sarebbe un riferimento alla Sicila, Sardegna e Penisola
Italiana.
Le ragioni per cui secondo Ugas termine MYTH sarebbe
riferito alla Messenia invece che ai Mitanni si basa sull’idea che l’elenco
abbia seguito un ordine geografico che si dipana in senso antiorario (cfr pp
60-61 op cit.).
Risibili le ragioni con cui Il riferimento alle isole di
Utantiu che autorevoli studiosi interpretano come un riferimento alle oasi che
costellano il Sahara, viene da Ugas spostato in Tunisia! Che le oasi possono
essere interpretate come una sorta di isole in un mare di sabbia mi pare pertinente,
mentre decidere che il riferimento ad Isole non sia un indicatore da seguire e
ipotizzare che le isole di Utantiu sia un riferimento alla Tunisia mi pare
pernicioso e mi stupisce e mi sconcerta che Giulio Paulis si sia lasciato
convincere da un’analisi filologica così peregrina.
Perché Ugas colloca le Isole di Utantiu in Tunisia? Suppongo
per non lasciare isolato il posizionamento delle isole del Verde Grande in Sicilia, Sardegna e Penisola
Italiana.
Dunque Ugas, dopo aver occupato la casella della Grecia con
genti che altri collocano in Asia Minore cala il suo poker d’Assi spiegando che
le Isole in mezzo al Verde Grande (che altri collocano in Grecia e nell’Egeo) sarebbero
Sardegna , Sicilia e Penisola Italiana.
Dal punto di vista filologico sposta alcune caselle sia per
dare un senso antiorario all’elenco geografico che per non lasciare lontana e
isolata la Sardegna.
Ma nel suo spostare i popoli in posizioni funzionali ad assecondare un ordine antioraio si
dimentica di spostare gli Amu in luogo confacente al suo postulato, dunque
lascia gli Amu nel Sinai cosicché il popolo che in elenco sta seconda posizione
lo lascia in prima posizione nella sequenza geografica, in contraddizione evidente
con l’idea che l’elenco abbia seguito un ordine geografico antiorario! Ordine
che secondo Paulis sarebbe una meravigliosa intuizione filologica effettuata da
Ugas.
Non capisco perché Ugas non abbia spiegato che vi è
un’eccezione all’ordine antiorario da lui supposto (che non se ne sia accorto?), e non capisco come
mai nella mappa (tav V da pag 901) abbia invertito i numeri 1 e 2 rispetto
all’elenco (pag 67 del libro in oggetto).
In pratica la cartografia che ha pubblicato presenta un ordine che non
collima con l’elenco.
Dunque mi pare che l’analisi filologica di Ugas, che Paulis
considera mirabile, mostra una distribuzione delle carte quantomeno sospetto,
il suo poker d’Assi teoretico mi pare viziato da forzosi percorsi epistemologici,
per me palesemente erronei.
In conclusione mi pare doveroso segnalare che non mi ha
sorpreso il discorso di Zucca, mentre mi aspettavo un Giulio Paulis più prudente.
Beninteso mi fa estremamente piacere che la tesi di Ugas sia sostenuta da altri
studiosi, cosa utilissima all’analisi di una questione molto importante per la ricostruzione
delle passate vicende dell’Isola.
P.S. Sulle motivazioni per cui ritengo che i
nuragici non possono essere i Shardana citati nelle cronache egizie vi
rimando alla lettura di Archeologia del Paesaggio Nuragico (2009).
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