di Mauro Peppino Zedda
Recentemente l'editore
Condaghes ha pubblicato il volume Gigantes de Perda, I templi della
luce, 2016, scritto da
A. Atzeni, S. Garau e T. Mura. Stessi autori del Toro di luce, di cui
si è discusso in altre occasioni in questo blog.
Gli autori hanno
inaugurato un metodo consistente nel recarsi nei nuraghi la mattina
del solstizio d'inverno (una, due o tre ore dopo il sorgere del Sole)
a fotografare la luce del sole che entra dal finestrino (collocato
sopra l'architrave d'ingresso) e si proietta nella camera del
nuraghe. L'idea venne a Tonino Mura, che una mattina del solstizio
d'inverno di una decina di anni fa, fotografò la cosiddetta luce del
toro nel Santa Barbara di Villanova Truschedu. Pubblicando le sue
impressioni in un fantasy di Leonardo Melis.
In quegli anni provai,
inutilmente, a spiegare a Mura che recarsi in un nuraghe al solstizio
d'inverno e fotografare il momento in cui il Sole attraversa
l'ingresso una, due o tre ore dopo che è sorto, non attesta nessuna
connessione col solstizio d'inverno. Il Sole attraversa l'ingresso
dei nuraghi tutti i giorni dell'anno.
Non capiva che i marcatori
che attestano il solstizio d'inverno sono tre, esclusivamente tre; e
cioè i due punti azimutali dove sorge e tramonta il Sole e il
particolare angolo che lo caratterizza quando attraversa il
meridiano. Parlare di orientamento dedicato al solstizio d'inverno,
solo perché si va in quel giorno a fotografare il Sole quando
attraversa l'ingresso a qualsiasi ora del mattino è questione
demenziale.
Del fenomeno del toro di
luce, ovvero della forma taurina che talvolta assume la proiezione
della luce solare che attraversa il finestrino, ne discutemmo con
Franco Laner una ventina di anni fa. Laner studiava i finestrini dei
nuraghi per valutare se fossero o non fossero di scarico (che pubblicò in un articolo su Sardegna Antica e poi riprese il
concetto nel suo libro Accabbadora 1999). Si discusse a lungo della
possibilità che la luce passante per le finestrelle cosiddette di
scarico potesse essere funzionale ad essere utilizzata come una sorta
di lancetta di orologio per misurare il tempo (misurare i giorni non
le ore o minuti), cosa possibile, certamente, ma non si può inferire
alcunché di scientifico (nel senso di intenzionale). Infatti anche
dalle finestre di casa, osservando la proiezione della luce del Sole,
è possibile osservare e misurare lo scorrere del tempo.
Franco Laner, nel bel
mezzo della giornata, in un nuraghe di Ploaghe mi fece notare che il
pennello di luce che penetrava dal finestrino assumeva una forma
approssimativamente taurina, restammo ore ad osservare il fenomeno e
discutere della cosa, del suo fascino ma soprattutto per cercare di
capire se la forma taurina del pennello di luce potesse essere
considerato intenzionale, ovvero, voluto e ricercato dai costruttori.
Nei dettagli costruttivi del finestrino non vi era alcunché (una
lavorazione intenzionale dei massi) che ci facesse pensare ad un'intenzionalità. Concludemmo che la forma taurina di quel pennello di
luce non la si poteva considerare intenzionale ma direttamente
conseguente al tipo di materiale usato nella costruzione del nuraghe.
Se si costruisce con massi sbozzati si ottiene quel risultato a
prescindere dalla volontà del costruttore.
Mai confondere gli effetti
con le cause ci insegna pure un articolo di Franco in questo blog.
Per capire un fenomeno
bisogna non lasciarsi incantare dalle apparenze. Un bell'esercizio lo
si può fare osservando il moto degli astri sull'orizzonte, un
movimento apparente che sino ad appena 500 anni fa era considerato
reale. Una qualsiasi persona che non conosce l'astronomia direbbe che
gli astri si muovono in cielo. Comprende che si tratta di un moto
apparente solo quando gli si spiega che è la Terra che ruota,
giornalmente, su se stessa a una velocità pazzesca e senza la
scoperta della forza di gravità sarebbe da folli pensare che stiamo
volando e girando come una trottola, in una navicella chiamata Terra
attorno al Sole. Con Galileo e Newton l'astronomia diventa
astrofisica, prima era comprensibile con la sola geometria.
L'apparenza è spesso
ingannevole, bisogna sempre cercare indizi che provino a confutare le
idee che scaturiscono dalla nostra immaginazione piuttosto che
lasciarsi incantare da quelli che le confermano. A niente servono
mille conferme, mentre basta un solo elemento contrario per
confutarla.
In scienza se
l'immaginazione creativa non viene governata da stringenti
valutazioni conduce il pensiero in derive fantastiche, ottime per
storie alla Indiana Jones. Il dramma avviene quando gli Indiana Jones
pensano di essere dei Colin Renfrew...
L'idea del Toro di Luce
del Santa Barbara piacque tantissimo a Aba Losi e Gigi Sanna, che i
suoi numerosi ammiratori considerano come uno Champollion made in
Sardinia. L'entusiasmo dei due fu incommensurabile ed elessero Tonino
Mura a grande archeoastronomo per quella foto scattata un'ora e mezzo
dopo il sorgere del Sole al solstizio d'inverno! Mura invece di
ascoltare le mie critiche restò abbagliato dagli encomi che gli
facevano Gigi Sanna e Aba Losi, Biofisica dell'università di Parma.
Forte dell'appoggio di
Losi e Sanna, attorno a Tonino Mura si formò una squadra che
procedette a immortalare un'altra decina di tori di luce una, due o
tre ore dopo il sorgere del Sole al solstizio invernale! Gli altri
tori, torelli e torellini, non sono affascinanti quanto quello del
Santa Barbara, ma tutto fa brodo. Con le foto dei tori, torelli e
torellini un pò scornati, sbilenchi e goffi, la casa editrice che
edita i best seller di Leonardo Melis pubblicò Il Toro di luce.
Doveroso specificare che il successo del fantarcheologo Melis è
dovuto al fatto che sa raccontare storie affascinanti, mette i
nuraghi al 10.000 a.C., e Monte d'Accoddi a seguire i nuraghi e
soprattutto fa scorrazzare gli shardana in tutto il globo! Insomma,
lo sceneggiatore di Indiana Jones gli fa un baffo! E non dubito che
prima o poi il produttore di Indiana Jones verrà in Sardegna a
sceneggiare le storie di Leo. Mi pare di immaginarlo un film con
Indiana Jones che scopre il sacro graal nascosto nella torre centrale
del nuraghe Arrubiu di Orroli! (in quel vano vi è veramente un vaso,
interessantissimo, con dentro un altro vaso, con una fessura affinché
il liquido scolasse al suolo, cit. Lo Schiavo). Se dovesse
verificarsi immagino gli archeologi sardi con le lacrime agli occhi,
mentre Leo Melis scrive l'ennesimo romanzo, sbracato in una villa ad
Hollywood acquistata con le royalty del film...
Torniamo al toro di luce,
i GRS invece che su ricostruzioni storiche di fantasia hanno puntato
sugli effetti luminosi speciali, dove la tesi consiste nel fatto che
al mattino del
solstizio d'inverno si fotografa la luce del Sole nel momento in
cui attraversa l'ingresso del nuraghe, una, due o tre ore dopo il suo sorgere sull'orizzonte.
Quale sia la connessione
oggettiva col solstizio invernale non si capisce, e loro pensano che
basti andare a fare le foto il giorno del solstizio per istituirla.
Che non sappiano che il Sole attraversa gli ingressi dei nuraghi ogni
giorno dell'anno?
Sicuramente non hanno
ancora capito che i marcatori che attestano il solstizio d'inverno
sono tre, esclusivamente tre (i punti azimutali dove sorge e tramonta
e il particolare angolo che raggiunge in cielo quando attraversa il
meridiano). Parlare di orientamento dedicato al solstizio d'inverno,
solo perché si va in quel giorno a fotografare il Sole quando
attraversa l'ingresso a qualsiasi ora del mattino è questione
demenziale.
Riguardo al fenomeno
luminoso tauriforme, solo nel Santa Barbara la forma assume un suo
fascino particolare, ma come ho spiegato in altra occasione le
fratture che presenta il nuraghe dovrebbe far escludere quell'esempio
ai fini di una dimostrazione dell'intenzionalità del fenomeno.
Osservando gli esempi che
portano è facile concludere che la forma che si proietta sia una
diretta conseguenza del sistema costruttivo e che non ci sia
nessuna intenzionalità da parte dei costruttori.
Ora nel nuovo libro
Gigantes de Perda I templi della luce, oltre a ribadire le fantasie
sul solstizio invernale hanno aggiunto quelle sul solstizio estivo.
Con tanto pressapochismo,
Mura, Atzeni e Garau si sono recati in una quindicina di nuraghi ad
osservare la luce del Sole che penetra nel foro apicale. Le foto che
registrano l'evento, secondo loro topico, mostra un orario che varia
da nuraghe a nuraghe, in un ventaglio che va dalle nove e mezza alle
dodici , ovvero sino a quattro ore prima del momento in cui il
sole raggiunge la sua massima altezza in cielo al momento del suo
transito in meridiano.
Purtroppo i GRS non hanno
capito che i marcatori che attestano il solstizio d'estata sono tre,
esclusivamente tre (i punti azimutali dove sorge e tramonta e il
particolare angolo che raggiunge in cielo quando attraversa il
meridiano). Parlare di orientamento dedicato al solstizio d'estate,
solo perché si va in quel giorno a fotografare, a qualsiasi ora del
mattino, la luce del Sole che penetra dal foro apicale e va a
illuminare la base della camera è questione demenziale.
Confesso che mi dispiace
che non ne abbiano trovato neppure uno in cui il fenomeno si registra
al momento del transito del Sole in meridiano. Dunque la tholos di Is
Paras continua ad essere l'unica che ha un rapporto base altezza che
determina un angolo di 16° (angolo compreso tra la linea che
congiunge base e foro apicale e la linea zenitale), perfettamente
corrispondente alla distanza angolare del sole dallo zenit al momento
del transito dell'astro in meridiano al solstizio d'estate alla
latitudine di 40°.
Le loro fotografie al
solstizio mostrano distanze angolari dallo zenit comprese tra 25° e
35°, in pratica sono cascati in una circolarità di ragionamento
sicuramente anche più ingenuo di quello che praticano al solstizio
d'inverno.
Sulla questione esiste una
bibliografia a cui riferirsi, ovvero le analisi della cupola del
pozzo di Santa Cristina e di quella del nuraghe Is Paras dove le
geometrie delle cupole riflettono, rispettivamente, la massima
altezza che raggiungono la Luna e il Sole sull'orizzonte.
Dalla assenza di A. Lebeuf
nella bibliografia emerge che non tengono in conto delle sue
meravigliose analisi sul pozzo di Santa Cristina, e neppure delle mie
sull'Is Paras, anche se i miei testi sono nella loro bibliografia. A
leggere la loro bibliografia si capisce che di archeoastronomia,
oltre ai miei testi, hanno letto solo il testo di Maxia e Fadda e due
scritti di A. Gaspani.
Nient'altro.
Fortunatamente hanno
scritto che i loro maestri sono Maxia e Fadda, dunque ho la fortuna
di non essere accusato di averli influenzati io.
Adriano Gaspani,
relativamente alla Sardegna ha scritto un articolo, su tre tombe di
giganti con un orientamento interpretato verso il sorgere di
Aldebaran (la stella più luminosa della costellazione del Toro).
Ancora mi domando perché ha preso in considerazione solo quelle tre,
e non le risultanze che sono emerse da studi basati su un campione
ben più consistente. Le tombe di giganti sono orientate verso un
range di orizzonte molto ampio (specialmente nella parte meridionale
dell'Isola , per chi vuole approfondire legga Astronomia nella
Sardegna preistorica), se si volesse adottare un target stellare
bisognerebbe prendere tutte le stelle del cielo, cadendo in
ragionamenti circolari, come ha ben evidenziato Michael Hoskin.
Non so se Gaspani
condivide ancora quella sua proposta, non so se abbia compreso che
ragionare in questo modo rappresenta un’operazione
scientificamente sbagliata.
Prendendo in esame
l’ingresso di un qualsiasi edificio, compresa l’abitazione di
Gaspani,si troverà che è orientato verso il sorgere o il tramontare
di qualche stella…
Quando si vuole studiare
l’orientamento di una tipologia di monumenti bisogna studiare un
campione significativo, e, stabilito il range e il picco delle
frequenze, tentare un’interpretazione.
La pubblicazione di
Gaspani sulle tombe di giganti è il classico esempio di cattiva
archeoastronomia.
I GRS ringraziano Gaspani per i preziosi suggerimenti,
sono veramente curioso di conoscere quali siano stati i preziosi suggerimenti di
Gaspani.
Spero che non sia un suo
suggerimento quello di andare al mattino del solstizio d'inverno,
aspettare anche quattro orette, a fotografare la luce che attraversa
l'ingresso e andare pure al solstizio d'estate, e restandoci tutta la
mattina ad aspettare l'angolazione giusta...
Santa Ingenuità.
Nel
Santa Barbara il fenomeno del fascio di luce tauriforme ha un
fortissimo impatto scenografico. Ma il finestrino del Santa Barbara è
stato soggetto a delle fratture delle sue parti componenti, sia nei
conci che gli fanno da stipite che nell’architrave superiore al
finestrino. Dunque è un caso che non si dovrebbe prendere a prova.
Nelle
foto possiamo osservare che il paramento esterno del nuraghe ha avuto
un assestamento strutturale, con la fratturazione di una serie di
conci. Ve ne segnalo tre, quello dove poggia l’architrave
dell’ingresso, l’architrave del finestrino e infine vi è una
frattura molto accentuata (ampia una ventina di centimetri) nel
concio collocato due filari sopra l’architrave del finestrino. In
pratica vi è una linea di cedimento e di frattura che attraversa in
diagonale il finestrino.
Altre
lesioni meno “fotogeniche” ma facilmente osservabili in sito sono
riscontrabili nelle parti interne dei conci che costituiscono gli
stipiti del finestrino.
Insomma
il caso del Santa Barbara rappresenta un caso che non può essere
utilizzato al fine di dimostrare l’intenzionalità del fenomeno del
toro di luce. Degli studiosi seri dovrebbero capire che le lesioni
strutturali interessano parti inerenti la conformazione del dettaglio
strutturale su cui si basa la tesi che si vuol dimostrare e
concludere che il caso in esame non fa testo.
Solo
degli sprovveduti o persone aliene al metodo scientifico possono
lasciarsi incantare dai giochi di luce del Santa Barbara.
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