mercoledì 1 novembre 2017

Resa incondizionata

di Franco Laner

Stamane un amico, in visita al Museo archeologico di Olbia, mi ha mandato alcune foto. Seppure non chiare, come quella che riproduco, sono eloquenti (fig.1).

Fig. 1 Poster nel Museo di Olbia che illustra la prova dei parapetti sulla sommità dei nuraghi
Non sapevo nel Museo facesse stazione la mostra itinerante “Nuragica”. Leggo su internet che è stata inaugurata a giugno e che in quell’occasione l’archeologo Rubens D’Oriano, collaboratore di “Nuragica”, abbia dichiarato che “Grazie agli spazi del Museo i monumenti (di “Nuragica”) sono stati accolti al suo interno. Si tratta di una mostra dal contenuto scientifico ben lontano da altre iniziative di fantascienza colme di stupidaggini” (da Olbianova, 23 giugno 2017).
Fa dunque riferimento ad altre mostre – non immagino quali, anche perché le mostre archeologiche sarde sono promosse dalla Soprintendenza – e comunque sarebbe utile, per non perdere tempo a guardare stupidaggini, essere informati.
La didascalia del manifesto esposto all’interno del Museo, recita che “dal reale, attraverso lo studio degli elementi costruttivi si passa al virtuale”. Ho insegnato – mi rendo conto invano – proprio la disciplina che contempla gli elementi costruttivi, Tecnologia dell’architettura.
Dal reale dunque, dal cosidetto “modello di nuraghe” in cui sono incisi chevron (VVV ripetute) si passa alla recinzione lignea della sommità del nuraghe.
Il “reale” per chi studia (o semplicemente osserva) elementi costruttivi è semplicemente un capitello! Un capitello sostenuto da una colonna. In tutto il mondo si chiama così, ma in Sardegna diventa modello di nuraghe!
Fig. 2 Frontespizio di “Indagini su Monte Prama” ed. Nor, 2017

Ho dedicato alcune pagine del mio ultimo libro “Indagini su Monte Prama” (fig. 2) per dimostrare che la categoria “parapetto” è piuttosto recente, improponibile al periodo nuragico e scambiare la decorazione propiziatoria di un capitello con una recinzione lignea cozza sia con la logica, sia con il buon senso comune.
È talmente fantasiosa che diventa difficile dimostrare la cantonata.
Mica è facile dimostrare che l’evidenza è evidente! E quando i segni a chevron sono doppi (fig. 3 e 4)?

Fig. 3 Colonna e capitello con doppia fila di chevron

Fig. 4 Chevron o parapetti sul copripancia del guerriero?

Forse è il parapetto in prospettiva! Se così fosse, in Sardegna ci sarebbe anche il primato della prospettiva e della geometria descrittiva, altro che Leon Battista Alberti!
A Monte Prama sono esposti degli evidenti capitelli quadrati (pag. 17 libro citato). Ovviamente la didascalia spiega che sono modelli di nuraghe. Bene, quando dagli scavi verrà fuori un nuraghe quadrato, mi farò frate.
La tecnologia costruttiva a secco e ciclopica dei nuraghi permette solo la circolarità, facilmente, questo sì è dimostrabile, ma rinuncio, perché la mia resa nei confronti della concezione strutturale degli archeologi, è incondizionata. Non saprei infatti da dove cominciare. Forse dalla forza di gravità, che per un archeologo penso sia un optional.
Un paletto fondamentale degli statuti dell’archeologia e che più volte viene ricordato per rigettare teorie è quello di lasciar perdere la fantasia e le congetture che non abbiano riscontro col “fattuale”. Per dirla col Taramelli o con Lilliu quel che conta è solo ciò che brilla sulla punta del piccone. Resti di un parapetto, ligneo o altro, sono mai stati trovati?


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