di Alessandro Mannoni
Il dibattito sul dilemma se la civiltà nuragica fosse o no una civiltà di guerrieri o di “lotofagi” (cfr Lilliu 1988) mi pare sia del tutto mal posto.
Non è risolvendo tale quesito che si dimostrerà o meno la reale funzione dei nuraghi.
Innanzitutto bisognerebbe definire meglio il quadro generale che ci permette di definire una civiltà come guerriera.
Definiamo una civiltà guerriera se i suoi membri passano il tempo a combattersi tra loro o a combattere nemici esterni? Oppure solo se esprime un impulso espansionistico? O ancora, se manifesta, all’interno e/o all’esterno tendenze di dominio e controllo su terre, beni, membri della società, popoli? Oppure se è caratterizzata da una tendenza grandiosa alla costruzione di opere fortificate e castelli? O ancora se specializzata nella realizzazione ed uso di armi e tecniche militari? Oppure se fonda la sua cultura su una ideologia, una morale, una religione dove prevalgono miti e divinità eroiche, valori fondati sul coraggio e lo sprezzo del pericolo, e sistemi educativi orientati a trasmettere tale cultura?
E’ importante definire questo quadro, perché, storicamente, numerose sono state le culture e civiltà che sono state definite “guerriere”, ma che spesso presentavano caratteri anche molto distanti tra loro.
Penso ai pellerossa americani, agli Aztechi, ai Giapponesi, ai Romani, al medioevo feudale, ai Micenei, a Sparta, ai Germani, ai Mongoli e … l’elenco potrebbe continuare.
Come si vede ciascuna di esse ha declinato il suo essere “guerriera” in maniera almeno in parte differente dalle altre. E’ evidente però come nessuna di esse, e in genere nessuna società, si sia talmente focalizzata su una sola funzione tanto da escludere altri aspetti. Se nel medioevo costruivano castelli, riempivano anche l’Europa di cattedrali; i Romani più che costruire forti pensavano a costruire strade, acquedotti e città, oltre a basare tutta la loro civiltà su una scrupolosa osservanza delle regole della pietas religiosa; gli Aztechi edificavano splendide città e grandi piramidi sacre e per timori religiosi sono scomparsi; i Samurai Giapponesi basavano il loro codice etico, il Bushido, sui valori del buddismo zen e dello shintoismo tradizionale.
Trovare una civiltà che escluda del tutto la funzione guerriera o quella sacerdotale e religiosa penso sia difficile. Così come trovare una civiltà guerriera che si esprime in una guerra continua di tutti contro tutti o passi il tempo ad edificare sistemi difensivi.
Tradizionalmente molte culture guerriere hanno fatto a meno, per ragioni ideologiche o strategiche, dei sistemi difensivi. La miglior difesa è sempre l’attacco! O il terrore imposto con la forza delle armi o degli eserciti ben organizzati ed addestrati: Sparta docet.
Non c’è bisogno di edificare migliaia di castelli per mantenere un ordine sociale ed un equilibrio pacifico in una società a sfondo guerriero: i pellerossa e i Mongoli c’è lo ricordano. Basta spesso un codice etico guerriero da tutti riconosciuto e accettato (il codice barbaricino vi ricorda qualcosa?)
Mentre una società guerriera, quale poteva essere, perché no, quella nuragica e post-nuragica, poteva ben edificare un sistema di migliaia di strutture sul territorio aventi un valore e/o una funzione sacrale.
Perché migliaia di castelli avrebbero più senso di migliaia di edifici sacri? Perché una costante guerra interna, che conduce solo ad una iperframmentazione sociale e politica e, alla lunga, all’implosione, sarebbe più logica di uno sforzo costruttivo collettivo durato centinaia d’anni e diretto verso il Cielo. Se ci pensiamo l’Egitto o le popolazioni megalitiche europee lo hanno fatto per millenni! E nessuno se ne meraviglia.
infatti, solo pensare che una popolazione abbia potuto costruire 8-9000 "castelli", in un territorio ristretto quanto la Sardegna, mi sembra incredibile...
RispondiEliminaAncora non ho sentito i sostenitori della teoria "nuraghe/fortezza" spiegare da chi si sarebbero dovuti difendere queste popolazioni... da giustificare una simile mastodontica attività di edilizia militare...
e invece entro la sfera del sacro, questa ossessione compulsiva si spiega molto semplicemente...
la validità epistemologica di una teoria si misura anche sulla base dei problemi che ti risolve...e non di quanti te ne crea...
Condivido il modo con cui Alessandro Mannoni ha impostato la questione, la funzione dei nuraghi non dipende dalla presenza o meno di guerrieri nella società nuragica. Ma dalle caratteristiche costruttive e dai ritrovamenti archeologici che in essi sono stati effettuati.
RispondiEliminaL'articolo di Alessandro è interessante soprattutto perchè introduce un'altra questione: a quale tipologia di guerriero possiamo ricondurre quello nuragico?
Dal modo in cui Ugas dipinge la Sardegna nuragica pare d'essere in presenza di fronte ad una società dove i guerrieri in pianta stabile erano ben più numerosi che in età medievale.
L’ipotesi di Ugas non ha trovato nessun credito a livello accademico e solo il buon Pierluigi Montalbano pare dargli ascolto.
Considerando che i guerrieri in qualsiasi modo li si voglia intendere non risiedevano nei nuraghi (per me destinati ad ospitare il sacro e non le guarnigioni come sostiene Ugas), bisogna valutare il modo con cui sono realizzati i villaggi e le tombe di giganti per provare a capire come intendere la tipologia del guerriero nuragico.
saluti
Mauro Peppino Zedda