di Mauro Peppino Zedda
L’immagine raffigurata
plasticamente in un vaso askoide proveniente dal santuario nuragico di Santa Anastasia a
Sardara mi pare abbia caratteristiche che trovano stringente confronto con
l’immagine della dea Northia etrusca. Al riguardo vi
propongo quanto scrive l’archeologo S. de Marinis nell'Enciclopedia dell'
Arte Antica (1963) Treccani, alla voce:
NORTHIA. - Nome latinizzato di una divinità etrusca
particolarmente venerata a Volsinii,
da dove provengono numerose iscrizioni dedicatorie. Dalle fonti letterarie
(Liv., vii, 13; Iuven., x, 74) si può dedurre che N. era una divinità della
sorte, avvicinata e assimilata in seguito alla Fortuna romana nei suoi varî
aspetti. Tale carattere trova la sua conferma nell'usanza (testimoniataci da un
passo di Cincio in Livio (vii, 3) di
conficcare ogni anno sulla parete del suo tempio un chiodo, che serviva a
contare gli anni e stava a significare in certo modo il rapido ed inevitabile
termine del destino. L'usanza passò poi anche a Roma, dove, alle idi di
settembre, la sacra cerimonia veniva compiuta dal praetor maximus nel tempio di Giove Capitolino. Anche Orazio parla dei clavi trabales (Carm., i, 35, 17
ss.) che fanno parte degli attributi della Necessitas che precede la Fortuna.
Il Gabrici credette di riconoscere il santuario volsiniese della dea N. nel
tempio messo in luce in località Pozzarello, 3 km a N di Bolsena. La
costruzione originaria è in blocchi di nenfro e risale al III sec. a. C.; subì
poi nel corso dell'età romana successive e radicali trasformazioni e
ricostruzioni, restando sede di culto fino al III sec. d. C. Gli argomenti
portati dal Gabrici per riconoscere N. Fortuna nella divinità venerata non sono
abbastanza probanti e la stipe è troppo poco significativa al riguardo. In
conseguenza di tale ipotesi si volle vedere l'immagine della dea N. in alcuni
bronzetti facenti parte degli ex
voto del tempio, che presentano un tipo comune di figura femminile
con acerra epatera umbilicata. Non esiste
peraltro nessuna rappresentazione figurata in cui sia lecito riconoscere, non
con effettiva sicurezza, almeno con una certa probabilità, la figura di
Northia.
Bibl.: F. Wagner, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 465 ss., s. v.; E. Gabrici, Bolsena; scavi nel sacellum della dea Nortia sul Pozzarello, in Mon. Ant. Linc., XVI, 1906, c. 9 ss.;
G. Q. Giglioli, La religione
degli Etruschi, in Storia
delle religioni, a cura di P. Tacchi Venturi, I, Torino 1944, p. 786; L.
Ross Taylor, Local Cults in
Etruria, in Papers and
Monographs of the Amer. Acad. at Rome, II, 1923, p.
154; E. Bernert, in Pauly-Wissowa, XVII, i, 1936, c. 1048 ss., s. v.; G. Radke, in Pauly-Wissowa, IX
A I°, c. 835-6, s. v. Volsinii.
Se per de Marinis non vi sono raffigurazioni della
dea Northia (non so se condivide ancora questo pensiero) per Luigi Catena (cfr
suo scritto nel blog di Pierluigi Montalbano) e altri la dea è rappresentata
dalla figura che ho inserito in basso..
Una dea metronoma, che ha nella falce lunare il suo
segno distintivo. La Luna, Me , mese,
misura per eccellenza, che attraverso il dominio sulle acque presiedeva al
ciclo della vita.
Mi pare importante dialogare su questa convergenza,
una delle tante , che insiste tra la Sardegna e l’Etruria.
Se volete approfondire il simbolismo lunare, anche
in riferimento alla “Dea” di Sardara vi rimando al libro “La dea bipenne” di
Donatello Orgiu.
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