giovedì 27 settembre 2012

In Ricordo di Gianfranco



di Atropa Belladonna


L’ ho conosciuto per pochi anni, troppo pochi. Eravamo amici,lo siamo diventati in modo spontaneo e veloce. Aveva le qualità che più amo e mi affascinano nelle persone: un'intelligenza finissima, una mente connettiva e una grande umanità. Ha cementato il tutto la strana ed inspiegabile alchimia dell' amicizia. In più sapeva scrivere come pochi altri,in modo semplice ma non certo semplicistico, garbato ma incisivo.

Come si usa tra amici mi ha fatto, in questi pochi anni, regali preziosi: mi ha dato la possibilità di scrivere, il privilegio di leggerlo e mi ha concesso la sua fiducia affidandomi il blog,la sua "creatura", nei rari momenti in cui non poteva occuparsene di persona. Mi ha accolto in casa sua, abbiamo riso insieme e sofferto insieme per attacchi personali che definire vili è poco, che ci hanno sconfortato. Mi ha lasciato scrivere la recensione del suo libro "Sa Losa de Osana": non ne avevo mai scritto una, ma gli era piaciuta e lo aveva fatto sorridere.
Vorrei vedere il suo grande sogno realizzato, il bilinguismo. Vorrei che venisse non solo realizzato, ma ampliato al trilinguismo nei musei, e negli altri luoghi dove si raccontano la storia e la cultura della sua Terra: quando vi sbarcavo gli mandavo sempre un messaggio "Arrivata in Terrasanta!".
Ci siamo incontrati raramente, ma era contento di sapere che ero lì.
Vorrei che fosse intitolata a lui la sala del museo di Cabras dove verranno messe in mostra le sculture di Monti Prama, emblema antichissimo della Sardegna libera, indipendente, moderna ed internazionale che sognava.
In tanti hanno commemorato Gianfranco in questi giorni, tra i miei preferiti i bellissimi pezzi di Manuelle Mureddu e di Vito Biolchini, e i commossi contributi di Roberto Bolognesi. Mi hanno fatto piangere gli amici che gli hanno detto "Adiosu frade".
A me piace pensare che sia adesso nell'Intorno, come sempre penso della luce; non "lassù", perchè il Lassù è troppo lontano.
Arrivederci amico mio.

domenica 9 settembre 2012

Archeologia in Sardegna, quarant'anni di cattivi maestri


di Mauro Peppino Zedda


Recentemente Mauro Perra ha pubblicato un interessante articolo “Osservazioni sull’evoluzione sociale e politica in età nuragica” nella Rivista di Scienze Preistoriche LIX 2009, 355-368.
L’interessante articolo di Perra si presta ad una serie di interessanti considerazioni in relazione allo stato dell’arte dell’archeologia preistorica isolana.
A riguardo del modo in cui Perra interpreta la società nuragica, niente di nuovo rispetto a suoi precedenti articoli, e per la mia analisi critica della sua tesi rimando alla lettura di Archeologia del Paesaggio Nuragico.
Ma il suo articolo è estremamente interessante a riguardo dello stato dell’arte dell’archeologia preistorica isolana. Perra prima di proporre la sua teoria cita e fa l’analisi critica delle proposte che l’hanno preceduto. Cita (nell’ordine) Giovanni Lilliu, Vincenzo Santoni, Fulvia Lo Schiavo, David Trump, Alessandro Usai, Gary Webster, Luca Navarra, Paula Kay Lazrus, Dyson e Rowlands, Giovanni Ugas.
Come mai Mauro Perra non cita le pubblicazioni di Alberto Moravetti e Giuseppa Tanda ovverosia gli attuali professori ordinari delle Università di Sassari e Cagliari, e neppure i loro predecessori Ercole Contu e Enrico Atzeni.
Infine, in chiusura del testo scrive testualmente: “Dedico questo lavoro a Renato Peroni per il quale nutro un solo e sincero rammarico: quello di non essere stato un suo allievo. Sono inoltre in debito di riconoscenza agli amici e colleghi Giulio Angioni, Emily Holt, Fulvia Lo Schiavo, Alessandro Usai, nonché alla mia compagna Tatiana Cossu.”.
Che dire? Mi pare che il rammarico di Perra per non aver avuto Peroni come maestro e la contestuale mancata citazione dei suoi maestri sia sintomatica.
La mancata citazione di Atzeni, Moravetti e Tanda la comprendo appieno, nessuno dei tre ha proposto niente di interessante sui nuraghi, nella loro carriera si sono limitati a ripetere le teorie di Lilliu.
Viceversa ritengo che Ercole Contu meritasse di essere preso in considerazione, all’analisi del mondo nuragico ha dedicato un grosso libro e tanti articoli. Certamente le tesi di Ercole Contu non brillano in fatto di linearità (casca spesso in banali contraddizioni), ma questo non dovrebbe aver impedito la sua mancata presa in considerazione, le contraddizioni di Contu non sono certo più gravi di quelle in cui cade Lilliu.
Ercole Contu propone una società nuragica egualitaria, anche se spesso (senza accorgersi di cadere in contraddizione) cita dei re o reucci che nel suo schema non dovrebbero esistere.
Ma Lilliu non è da meno, riuscendo a conciliare il comunitarismo che a suo parere emerge dalle tombe di gigante con il verticalismo dei nuraghi.
Caro Mauro Perra, mi pare che Contu avrebbe meritato una citazione ben più sostanziosa dello spazio che hai dedicato alla tesi di Luca Navarra (uno che i nuraghi deve averli visti solo in fotografia).
Infine confesso che anch’io ho un grosso rammarico: gli studenti sardi di archeologia (negli ultimi 40 anni) avrebbero meritato dei migliori maestri.