venerdì 10 luglio 2015

Perché i cosiddetti modelli di nuraghe sono in realtà "segni" cosmologici


di Franco Laner





1 Rappresentazioni cosmologiche (imago mundi ) Se fossero state rinvenute in Sardegna, anziché in Africa, sarebbero considerate modellini di nuraghi quadrilobati

Molti sono i cosiddetti modelli di nuraghe, sia di bronzo, di pochi centimetri, sia di pietra, di alcuni decimetri, esibiti nei musei sardi e documentati in tantissime pubblicazioni. Il libro di F. Campus e V. Leonelli “Simbolo di un simbolo” li contiene tutti.
Gli archeologi ravvisano due tipi di modelli di nuraghe: quelli monotorre e quelli quadrilobi.
Mi pare che “modello” sia inequivocabilmente da intendersi come riproduzione in scala dei nuraghi.
Modello dunque come sinonimo di “plastico” o di “maquette”.
Ciò premesso mi chiedo intanto: “Perché fare un modello di una fortezza, o di una reggia fortificata? Potrei al massimo fare un modellino di un tempio, anche se questa è una categoria moderna: i miei portarono da Roma dal viaggio di nozze un modello di S. Pietro”.
Comunque accetto che si faccia un modello di un edificio sacro, più difficile, anzi impossibile, pensare ad un modello di un luogo profano.
Chi si è reso subito conto di questa contraddizione è stato l’archeologo G. Ugas, sostenendo la trasformazione del nuraghe-fortezza in nuraghe-tempio avvenuta tra la fine del X e IX secolo (pag. 28, libro sopraccitato). Così facendo non nega la funzione militare del nuraghe e giustifica la dizione “modello di nuraghe”
Supero questa banale domanda e vediamo come viene giustificata la definizione di modello di nuraghe:
a) per la somiglianza morfermica fra il reperto ed il nuraghe quadrilobo o monotorre
b) l’ha detto Lilliu (ipse dixit)
c) le perplessità sono poste da dilettanti, outsider, non archeologi. Pertanto si delegittima la persona e quindi la teoria sostenuta.
d) anche costruttivamente il modello è realizzabile al vero

a) La somiglianza è molto tirata. L’invito per cogliere l’assonanza è di astrazione e non fermarsi alle proporzioni e nemmeno ai particolari. Ma un modello è tale perché riproduce, pur con le semplificazioni dovute alla scala, proprio la materialità dell’oggetto riprodotto. Da questo punto di vista il modello di nuraghe di Ittireddu o di Olmedo riproducono proporzioni e particolari assai distanti dai nuraghi. Si osservi lo schizzo che identifica i particolari apicali di vari oggetti con le sommità dei nuraghi.



2. Sommità apicali di modelli di nuraghe di varia foggia


b) Ipse dixit. Difficile sottrarsi e criticare ciò che G. Lilliu ha detto e scritto. Sulle ragioni di tale sudditanza culturale e accademica non mi voglio fermare, perché accettare questa critica, significherebbe buttare a mare non una teoria, che ha nella visione feudale e militarista della civiltà nuragica la sua stessa filosofia, ragione e ideologia, ma significherebbe rigettare la teoria, ovvero un secolo di archeologia isolana.
c) In questi ultimi anni si è intensificata la lotta ad ogni tipo di studio che non sia legittimato dall’archeologia sarda. Studi che si inseriscono in armonia con l’archeologia ufficiale mondiale, come quelli che afferiscono all’archeoastronomia, alla storia delle costruzioni, all’epigrafia, alla navigazione, alla religione, alla psicogenesi dell’arte, ecc. sono state sistematicamente ignorati nell’ultimo ventennio. Ora vengono messi alla berlina gli studiosi che si sono posti criticamente di fronte ad affermazioni risibili e vengono combattuti sul piano personale, denigrati e gratuitamente vilipesi. Vigliaccamente perché gli attacchi sono anonimi e mai entrano nel merito delle questioni (“Prima ti ignorin, poi ti ridin, poi ti combatin, poi tu vincis”).
d) Nonostante tentativi di giustificare sbalzi e forme costruttivamente irrealizzabili –non dimentichiamoci che i nuraghi sono costruiti a secco e qualsiasi sbalzo, a meno di mensole di pietra e legno che in pratica possono portare solo sé stessi, ipotizzare muri in aggetto è possibile solo sulla carta, non nella realtà. In altre parole gli aggetti delle torri dobbiamo scordarceli.

Capisco la sinteticità dell’analisi e le tante domande possibili. Su molte ho già scritto in “Sa ‘ena” e il prof Pittau ha scritto nella sua condivisibile memoria “Ballatoi e modelli di nuraghi mai esistiti”. Veniamo allora all’ovvia domanda: “Se non sono modelli di nuraghe, cosa sono?”
Anche qui non posso scrivere un trattato. Mi limito a sintetizzare i risultati dei lavori di molti antropologi, etnologi, storici delle religioni, anche archeologi, che hanno documentato come la figura, in pianta ed in alzato, ricorrenti nell’iconografia di antiche civiltà orientali e africane, mediterranee e nordiche, i quattro pilastri ai vertici del quadrato (4 punti cardinali, 4 pilastri che sorreggono la volta celeste, l’axis mundi, ecc.), con il pilastro centrale altro non è che una rappresentazione cosmologica. E’ un “Imago mundi”.
Come tali ospitano la divinità.
Una raccolta di immagini e realizzazioni è contenuta nel 4° capitolo del mio libro citato. Valga per tutte l’osservazione che nel Convegno di Archeologia tenutosi in Sardegna nel 1926, l’etnologo tedesco Leo Frobenius paragonava il bronzetto di Ittireddu alle numerosissime rappresentazioni cosmologiche africane e lo stesso Taramelli nella didascalia del bronzetto lo definisce modello di tempio.
In conclusione credo che la questione dei cosiddetti “Modelli di nuraghe” debba essere rivista perché difendere posizioni acritiche significa screditare la disciplina archeologica e sostenere l’esclusione della Sardegna dal contesto mondiale.





3. Tipologie di nuraghe di cui non sono stati fin’ora trovati modelli


Prima di concludere desidero ancora osservare che ci sono ancora in piedi nuraghi bilobati, trilobati ed anche polilobati. Se saranno rinvenuti modelli di nuraghe di qualcuna delle tipologie schizzate mi ricrederò sull’ipotesi che i modelli di nuraghe non siano tali!
E poi alla fine mi chiedo: che male ci sarebbe se il cosiddetto modello di nuraghe fosse descritto come modello cosmologico e rientrare nel circuito mondiale di tale definizione?