di Franco Laner
Non c’è prova che le statue siano state progettate per
essere poste sopra i pozzetti di sepoltura.
Né ci sono prove che, ammesso che siano state realizzate,
siano effettivamente state poste sopra le sepolture.
Mancando questa correlazione, anche la cronologia
dell’avventura scultorea di MP è aleatoria, in quanto la stima prende come
riferimento la data degli inumati.
Qualche indizio ha indotto gli archeologi a pensare che
tombe e statue fossero coeve: le dimensioni della pietra di copertura simile al
basamento delle statue, la vicinanza
fisica di pezzi di statue e ciste, schegge di statue nelle ciste (?) l’uso
della stessa pietra, ossa di giovani e statue di giovani. Statua come segnacolo
dell’eroe che sta sotto. Tutti indizi, non prove.
Ho calcolato che il peso di una statua, basamento compreso,
sia attorno ai 9-10q, circa 1/3 del blocco da cui sono state ricavate.
Immaginiamo di porre una statua sopra la pseudo-cista n. 5
(pseudo forse perché la cista ha solo due
ortostati e non quattro). Mi riferisco al chiaro rilievo Bedini
riportato in “Giganti di pietra” , ed. Fabula, Cagliari, 2012, pag.190 (fig.
1).
fig. 1 Rilievo Bedini delle ciste di sepoltura nello scavo del ’75. Sulla sinistra del lastrone della tomba 5 si vede l’ortostato sottile della cista 4 e quello più spesso. Caricati si abbassano in maniera differenziata e non avrebbero potuto essere caricati coll’ulteriore peso di una statua di 10q, sopportando già con difficoltà il lastrone di copertura
La descrizione dell’archeologo riporta le dimensioni del lastrone in opera
che mi consentono di dare una scala al disegno e stimare in 400kg il suo peso
(Vxps=2x8x11,5x2.2). Mica poco!
fig 2 Lastrone della tomba 5 sempre dello scavo Bedini. Nell’ombra si vede il sottile ortostato della cista 4. La qualità della superficie del lastrone non mi sembra adatta alla sovrapposizione del piedistallo della statua. La sovrapposizione di due lastre non sufficientemente levigate comporta la concentrazione di carico nei picchi di contatto, dove si scarica il peso e l’immediata rottura del lastrone della cista per trazione da flessione.
Aiutandomi anche con la foto dello scavo (fig. 2), vedo che
l’ortostato della cista 4 è circa 5cm di spessore, su cui appoggiava il
lastrone, mentre l’altro appoggio è il doppio. Questa diversità di spessore
degli ortastati comporta, nel tempo, abbassamenti differenziati e fuori piombo
che la sezione longitudinale delle 10 ciste puntualmente registra e soprattutto
si nota la non planarità dei lastroni orizzontali di chiusura, condizione
minima per funzionare da basamento delle statue.
In pratica la struttura della cista è di mera
compartimentazione e protezione del morto e ha “fondazione” appena sufficiente
per il lastrone di chiusura.
Gli ortostati non appoggiano sulla lastra fondale di
deposizione, che è molto più piccola, ma direttamente nel terreno.
In pratica non ha proprio fondazione.
Facciamo il passo successivo.
Supponiamo di sovrapporre
ai lastroni le statue che col loro piedistallo pesano 1000kg (10q).
Penso che gli ortostati di cista non avrebbero facilmente
retto il nuovo carico sovrapposto, considerato che sono già in crisi per il
solo lastrone. Soprattutto non sarebbe stata garantita l’orizzontalità del
basamento su un supporto con cedimenti differenziati. Nemmeno metterei la mano
sul fuoco sulla resistenza dei lastroni di copertura alla sovrapposizione di un
così grave carico, specie perché la superficie di contatto non è liscia e
quindi il carico non si distribuisce, bensì si concentra pericolosamente nei
punti di contatto e poi alcuni lastroni si sono fessurati senza carico
sovrapposto. Insomma l’ipotesi delle statue sopra le ciste di sepoltura non ha
molte chances, semplicemente perché non c’è segno di opera fondale o altra
attenzione atta a sopportare i carichi delle statue.
Oppure c’era l’idea di rinforzare le ciste nel momento in
cui le statue sarebbero state poste in opera: ipotesi che non faccio mia!
Faccio invece mia, come altre volte espresso, che per la
datazione bisogna dar ascolto non alle biotatazioni degli inumati, che non sono
in correlazione con le statue, bensì alle relazioni dei due esperti scultori e
storici della materia, Mondazzi e Rockwell, che prendono a riferimento gli
strumenti di scultura individuati nella lavorazione e l’epoca in cui la loro
presenza è comprovata, ovvero fine VII secolo, inizio del VI.
E se così fosse, postilla finale, l’aver dato per scontato
che inumati e statue fossero coevi e non
con tre secoli di differenza, fanno sorridere le trecce della ricostruzione in
3D degli antropologi, ispirati dalle statue. A meno che nel DNA ci sia
l’indicazione sulla lunghezza dei capelli…
Ancora, per completare il rompimento di armonie che ho
inflitto in agosto, non pensavo che dal teschio lungo e stretto dell’inumato
venisse fuori un florido e tarchiato Sioux (rubo l’immagine a Francu Pilloni)!
fig 3 Ricostruzione
dell’inumato di MP degli antropologi dell’Univ. di Sassari