venerdì 26 febbraio 2016

Stiglitz vs Losi atto II


di Mauro Peppino Zedda

Nel Dicembre 2012 Il Manifesto sardo pubblicò una recensione di Alfonso Stiglitz al libro le Torri di Atlandide, da questo nacque un simpatico dialogo con la Losi (Biofisica all’Università di Parma) convinta sostenitrice che le stratosferiche corbellerie di Gigi Sanna siano un’eccezionale scoperta scientifica.
Come definire la Losi quando scrive che l’archeologo Stiglitz NON CAPISCE NULLA DI SCRITTURA NURAGICA? 
Fate voi! Io mi astengo...

Ecco dunque cosa scrive Aba Losi il 21 dicembre  2012 alle 11:17 in risposta a Stiglitz:

Sì, c’è un limite a tutto, anche alle calunnie ed alle insinuazioni gratuite del dr. Stiglitz. “Un percorso aperto dagli scienziati alla ricerca del DNA sardo, qualsiasi cosa voglia dire, fino alla recente teorizzazione che vede nella “scrittura arcaica” dei malati di Alzhaimer la prova della scrittura nuragica. Qualcosu su cui e’ bene indignarsi.”
Dr. Stiglitz, come al solito, lei non ha capito nulla della scrittura nuragica e non esita ad insultare-e questa, solo questa é la cosa su cui indignarsi: cioé che non é assolutamente vera questa affermazione e lei non ha nessun diritto di spacciarla per tale. Si legga il libro “Archetipi e memorie” della dottoressa Maria Rita Piras, una neurologa dell´Universitá di Sassari che studia i malati di Alzheimer da oltre 30 anni, e capirá che quella che ha detto é una castroneria colossale. Negli studi della dottoressa c´é solo la prova concreta che alcune lettere degli alfabeti arcaici, tra cui quelle che rimandano a geometrie di base (come gli angoli diedri e piani), sono insite nel cervello umano e permangono, per un certo periodo, in ca. il 25% dei malati quando perdono la capacitá di scrivere col codice imparato a scuola.
La sovrapposizione con l´alfabeto arcaico proto-sardo é parziale, ma non é certo questo che dimostra o vuole dimostrare l´esistenza di documenti nuragici: quelli si dimostrano da soli, con la loro fisicitá, che puó toccare anche lei.
E non hanno nulla, ma proprio nulla a che fare con il mito di Atlantide.”


Ecco cosa risponde Stiglitz alle 17:30 del 22 dicembre:
Ma che mi dice, dott.ssa Losi? La “scrittura arcaica” dei malati di Alzheimer non c’entra niente con quella nuragica? Ma lo sa che siamo d’accordo. Quindi converrà con me che l’ultimo centinaio di pagine di quel libro possono essere buttate nel cestino e, magari, possiamo consigliare alla prof. Piras di non presentare pubblicamente il suo lavoro con titoli come ” La scrittura nuragica e gli archetipi dei circuiti cerebrali” oppure “Lettere nuragiche dei segni alzheimeriani”; sa, qualche spirito semplice come me potrebbe anche credere a quelle teorie.
Visto che siamo a Natale Le voglio fare un regalo affinché il nuovo anno possa portarLe un po’ più di pace, un consiglio di lettura: Luca 6, 39-44.
P.S.
Calunnie e insinuazioni? Temo si  sia confusa con il suo blog dove sono di casa, quotidianamente
.”

Ed ecco cosa risponde Losi alle 12:33 del 23 dicembre 2012:
Sì, ha ragione dr. Stiglitz, lei è uno spirito semplice. Su questo sono d’accordo. Ancora non ha capito, è una partita persa. Le faccio però notare una cosa: io , nel mio blog (come lo chiama lei) faccio sempre nomi e cognomi, come esige l’ etica professionale; cito, puntualmente, quello su cui non sono d’accordo e perchè e non vado mai sul personale:non mi interessa e non è corretto. E questo non può negarlo, nessuno può-è lì da vedere e da leggere (cosa che mi pare di capire, anche lei fa). In questo libro, nella sua recensione, in quella di Madau invece non si fanno nomi-sarebbe troppo coraggioso, però tutti devono capire di chi si parla-ma si mette tutto nel minestrone sperando che “gli spiriti semplici”, accostino Atlantide con la scrittura nuragica.
Se lo legga lei, Luca. Io non sono religiosa.

Nel testo della Losi ci sono alcune cose molto interessanti, ottimo quando dice che lei fa sempre nomi e cognomi! E che quando scrive che l’archeologo Stiglitz non capisce niente di scrittura nuragica non significa andare sul personale. Benissimo! Concordo sul fatto che il suo giudizio sulle competenze di Stiglitz in campo epigrafico non sia un'offesa personale ma un suo giudizio scientifico.
Ovviamente il giudizio della Losi sull'incompetenza di Stiglitz in campo epigrafico può essere condiviso solo da quel gruppuscolo di “bravi”, maleindottrinato, ignorante, presuntuoso, incivile  e maleducato che anima il Maymoni Blog.
A me poco importa stare dietro alle corbellerie paleo epigrafiche di Sanna confesso che sono interessato esclusivamente a cercare di comprendere le motivazioni epistemologiche che hanno portato una docente universitaria a non comprendere che le proposte di Sanna sono infondate e strampalate. Come mai Losi non riesce distinguere il verosimile dall’inverosimile? Ora ha oscurato o fatto oscurare tutto quanto ha scritto in questi anni contro gli archeologi sardi che non comprendevano la grandezza delle scoperte di Sanna, non capisco se lo ha fatto per togliermi il materiale di studio epistemologico sui suoi scritti o perché si vergogna di ciò che ha scritto? O altro?

mercoledì 24 febbraio 2016

Aba Losi e il Gianfranco Pintore Blog


di Mauro Peppino Zedda


Ieri , visionando il Gianfranco Pintore Blog ho notato che dal SUO blog sono spariti tutti gli articoli e i commenti di Aba Losi.
Tali operazioni sono possibili solo usando la password e sono state eseguite tra ieri e avantieri, infatti sino a domenica era tutto come Pintore lo aveva lasciato, penso.
Non mi interessa se la password l’abbiano scoperta o che qualcuno l’abbia sempre avuta, ma faccio notare che la stessa Aba Losi ha amministrato quel blog quando Pintore è stato impossibilitato a farlo.
Ho dubbi  sul fatto che Gianfranco Pintore avrebbe esaudito ad una eventuale richiesta della Losi di eliminare radicalmente i suoi commenti. Penso che avrebbe rimosso i contenuti ma non avrebbe acconsentito una eliminazione radicale del suo passaggio, perché l’eliminazione radicale decontestualizza tutti gli altri commenti.
Mi pare che questa operazione non faccia onore alla memoria di Gianfranco Pintore, una persona che aveva la mia massima stima, Pintore è stato un ottimo politologo, ho sempre apprezzato le sue analisi politiche.
Il link che mise fu utile a far conoscere questo blog agli appassionati di archeologia.
Perché sostituirsi alla volontà di Pintore? La cosa non mi interessa da un punto di vista personale, mi dispiace che qualcuno sia stia sostituendo alla volontà di Pintore.
Spariti tutti gli articoli e i commenti di Aba Losi, di cui ancora resta traccia nei commenti degli altri, è ovvio che abbiano perso il senso pure i commenti che erano una risposta ai commenti della Losi.
Faccio notare che Losi (alias Atropa Belladonna) ha eliminato il contenuto di tutti i commenti che ha pubblicato in questo blog, ma si essi resta traccia in quanto resta la dicitura "commento eliminato dall’autore" e questo fa in modo che l’eventuale lettore contestualizza le risposte ai commenti della Losi.
Della Losi resta, in questo Blog, un articolo in memoria di Pintore e se lei mi chiedesse di eliminarlo non avrei nessun problema a soddisfare le sue volontà.
Ora prendo atto che nei giorni scorsi il Blog di Gianfranco Pintore è stato amministrato.L'azione del nuovo amministratore ha decontestualizzato i commenti che si intersecavano con quelli della Losi, ovvero uno dei principali commentatori del Gianfranco Pintore blog.
Chi è che la persona che ha amministrato il Gianfranco Pintore blog nei giorni scorsi? Penso sia doveroso che manifesti la sua identità o, di conseguenza, da ora innanzi, quel blog, dovrà essere considerato un blog gestito in modo anonimo, non credo che la memoria di Gianfranco Pintore meriti un tale affronto.

lunedì 22 febbraio 2016

Aba Losi e il caso Tzricotu


di Mauro Peppino Zedda



Una quindicina di anni fa, in località Tzricotu (Cabras) vennero alla luce dei reperti altomedievali che Gigi Sanna scambiò per nuragici e si convinse che le decorazioni del reperto fossero un’iscrizione nuragica.
Il rinvenimento attirò l’attenzione dei maggiori quotidiani Sardi, sembrava che fosse stata scoperta una stele di Rosetta made in Sardinia. Da allora in poi sulla questione sono stati versati fiumi di inchiostro e immessi in rete oceani di bite.
Nel mentre che Sanna decriptava i segni che decorano il reperto attraverso la sua fantasmagorica logica circolare (che trova tutto quello che pensa), l’archeologo Benito Serra (con una serie di pubblicazioni a partire dal 2004) cercava di contestualizzare l’origine del reperto attraverso comparazioni a vasto raggio, definendone infine la sua collocazione nell’età altomedievale nel filone della metallotecnica bizantina.
Sanna invece di reagire usando il buon senso  e cioè riconoscere come confutata la sua tesi e riconoscere  la validità delle proposte di Serra, si arroccò sulle sue posizioni, ed è ancora arroccato, dimostrando d’essere un epigrafista da cabaret.
Il suo modo di argomentare basato su una pestifera logica circolare (intervallata da insulti verso chi lo contraddice), lo ha portato a risultati disastrosi, sempre più disastrosi, vede scritte nuragiche in pozzi del secolo scorso e insieme al fedele discepolo Sandro Angei sta  procedendo a decriptare in chiave nuragica le iniziali dei nomi che gli innamorati di mezza Italia hanno inciso nelle scogliere del Sinis. Una paleoepigrafia da scogliera che forse fa sorridere pure i GRANCHI che tra gli scogli li osservano esterrefatti.
Sinceramente poco mi importa che Sanna non riesca a comprendere che la sua logica circolare lo ha imprigionato entro un labirinto teoretico senza fondamenta, e poco mi importa che il gruppuscolo di ignoranti, presuntuosi, maleducati che gli stanno attorno non abbiano la benché minima idea sui dettami della paleoepigrafia scientifica.
Quello che mi stuzzica è il perché una professoressa universitaria di biofisica appoggi la fantapaleografia in salsa sanniana. Come mai Aba Losi non riesce a capire che le proposte di Sanna sono inverosimili? Come mai non riesce a riconoscere che la proposta di Sanna su Tzricotu è palesemente infondata e che ha, ormai, debordato nel comico? Come spiegare perchè nega la lapalissiana evidenza dello studio di Benito Serra? Se non a me appassionato in filosofia della scienza, lo spieghi almeno per il rispetto che lei dice di avere dei sardi. Insomma perché una docente universitaria di biofisica sostiene le corbellerie di Gigi Sanna?


Io trovo scientificamente assurdo  che una docente universitaria sostenga la fantapaleoepigrafia da cabaret di Gigi Sanna, proprio non riesco a capire come si può negare la lapalissiana evidenza dell’esemplare esposizione scientifica che Benito Serra ha prodotto sui reperti di Tzricotu.

Le figure a corredo del testo sono tratte da una pubblicazione di Paolo Benito Serra, Su una matrice da modano e su una placca di fibbia dall’oristanese in QUADERNI 25/2014. Quella in alto fotografa Tzricotu, mentre quella in basso da Castel Trosino, dove si può notare, con lapallisiana evidenza, che gli stilemi decorativi di quel reperto altomedievale sono simili a quelli di Trzicotu. 



domenica 21 febbraio 2016

Aba Losi e i fischi per fiaschi paleoepigrafici


di Mauro Peppino Zedda

Aba Losi (Università di Parma ), alias Atropa Belladonna, è, da una decina d’anni, impegnata a sostenere le tesi paleo epigrafiche di Gigi Sanna prima nel blog di Gianfranco Pintore, poi nel blog Monte Prama e infine nel Maymoni Blog e nella pagina facebook Monte Prama Novas da lei amministrato.
Sanna esordì con le (per lui) tavolette di Tzricottu, poi gli archeologi sardi stabilirono che si tratta di reperti altomedievali.  Meglio sorvolare sulla caterva di improperi che Sanna rivolge agli archeologi che negano la nuragicità di quei reperti.
Passati una decina d’anni dal suo esordio nel campo della paleo epigrafia le cantonate di Sanna si sono succedute una dopo l’altra, una più esilarante dell’altra, e ora  le sue corbellerie sono comprensibili anche ad una casalinga noistamus ad un archeologo.
Il caso Sanna può essere messo agli atti come un interessante caso di fantapaleoepigrafia.
Resta da comprendere come mai una biofisica dell’Università di Parma continua a sostenere la validità delle corbellerie di Sanna?
Penso che Aba Losi non conosca né i dettami che sono alla base della epigrafia scientifica, sembra che non abbia ancora capito quanto le scrisse 8 anni fa l’ottimo Alfonso Stiglitz (v. Stiglitz vs Losi in questo blog) , né i rudimenti della filosofia della scienza, non riuscendo a distinguere, almeno in campo archeologico, tra una proposta verosimile e una inverosimile.
La Losi, invece di rispondere alle mie critiche in modo scientifico, provando ad argomentare scientificamente sulle ragioni che la portano a considerare come valide le corbellerie proposte da Gigi Sanna. ha dapprima abbandonato le discussioni nel blog Maymoni, poi ha oscurato il suo blog Monte Prama.
Una sua ammiratrice si chiede come mai lo scrivente non abbia criticato tempo innanzi le tesi di Sanna e Losi.
Dai miei scritti si evince che dalle tesi di Sanna e Losi ho sempre preso le distanze, e considerando che per Sanna chiunque lo criticava fosse un Untore…
Ora che l’untore è in galera e la mia querela nei suoi confronti è capofila tra le tante, penso che si debba esplicitare con chiarezza che le proposte paleo epigrafiche di Sanna e Losi sono delle corbellerie e che scambiano i fischi per fiaschi.
A me appassionato di storia e filosofia della scienza mi incuriosiscono i motivi per cui una professoressa universitaria non riconosca che le proposte di Sanna non rispettano i dettami e le procedure scientifiche.
Uno scienziato sicuro del fatto suo andrebbe a nozze con la mia sfida scientifica, uno scienziato che conosca la differenza tra i fischi e i fiaschi.



immagini tratte dal Monte Prama Blog (amministrato da Aba Losi) articolo Mistras di Cabras. Il magnifico pozzo (באר) sacro scritto di Yabal Yan'a Toro della Luce scritto da Gigi Sanna. Per Sanna quel manufatto del 1942 sarebbe costruito secondo un codice scrittorio nuragico, ma come si fa a sostenere a simili sciocchezze?







sabato 20 febbraio 2016

Gigi Sanna, Aba Losi e il granchio da Nobel


 di Mauro Peppino Zedda


Nel giugno 2014 Gigi Sanna pubblicò nel Monte Prama Blog (amministrato da Aba Losi) l’articolo Mistras di Cabras. Il magnifico pozzo (באר) sacro scritto di Yabal Yan'a Toro della Luce dedicandolo alla professoressa Aba Losi.

Gigi Sanna, era convinto che quella corbelleria fosse la sua creazione intellettuale più bella, il suo capolavoro, in realtà prese un granchio colossale, e il caso volle che lo dedicò proprio alla sua pupilla.
Il pozzo che Sanna pensava nuragico è un pozzo del secolo scorso. Che in quel pozzo vi sia scritto 1942 S.V. è evidente e solo degli ignoranti in costruzioni nuragiche come Sanna e Losi, possono pensare che quel pozzo sia nuragico.
Le analisi di Sanna sono di una ingenuità stratosferica dal punto di vista metodologico ed epistemologico e proprio non riesco a capire i motivi per cui Aba losi non riesce a comprenderlo.
Di seguito vi propongo i commenti miei e di Losi (con qualche commento di Laner e Sanna) con lei come avvocato difensore di Sanna.
Sono curioso di capire se Losi è ancora convinta che quella di Sanna non sia una grossolana corbelleria, o se abbia compreso che quella di Mostras rappresenta una delle più grossolane corbelleria paleo epigrafiche del panorama mondiale!
Una corbelleria da premio Nobel!
Ecco l'estratto (dall'articolo anzicitato) dei commenti sino al momento della mia espulsione dalla possibilità di commentare.


4 giugno
Losi 19:11 Ti ringrazio di questa dedica, perchè questo è uno dei documenti più belli che mi hai mandato. E' terribile che non sia stato preservato come si deve, eppure proprio a Mistras cercano avidamente il porto fenicio…
5 giugno
Losi h 7:42   Questo post, pubblicato poco più di 12 ore fa, ha avuto finora 635 visualizzazioni ; su FB ne ha avuto 6100.
Assieme al mio disgraziato post sui bronzetti di Gerusalemme, questo articolo è stato responsabile di un picco di visite al blog avutosi ieri: 1518.
Gli scettici bugiardi o quelli di maniera sono classificabili solo in un modo: non sono scienziati, non si pongono cioè di fronte al dato nuovo o anomalo in modo scientifico, in modalità "ricercatore". I primi per ovvi motivi (su cui non sto neppure a discutere, perchè ne ho disgusto), i secondi perchè il dato anomalo sfugge al modello ed incute paura. Porta un tono di colore brillante in un rassicurante grigiore: è come se uno infilasse una spada nella roccia. Quindi provano ad adattare il nuovo dato al modello, provano a scolorirlo: non sono scienziati, i quali invece modificano il modello dopo aver verificato, e possibilmente ripetuto, i nuovi dati. A volte stravolgendolo del tutto. Il problema è che per farlo occorrono a volte tante di quelle energie, tanta di quella perseveranza, tanta di quella intelligenza , tanta di quella pazienza e occhi così buoni che molti rinunciano (tieni conto che a volte occorre anche rinunciare alle promozioni o addirittura a un posto di lavoro): rinunciano ai colori brillanti rimangono a nuotare nellle acque grigie. Non pare loro neppure possibile tale brillantezza, senza qualche patina ossidata o qualche lichene si sentono persi.
Peggio per loro, cosa devo dire?
Zedda h 8:08  Gigi, non ho capito bene se il monumento in questione sia conosciuto o sconosciuto agli archeologi sardi?
Sanna h 8:28  E che te ne frega? Stai alla finestra! Se vuoi saperlo chiedilo a Stefano Sanna il giorno 21. Naturalmente prima goditi la scritta con la testa di Ba'al dei solstizi e degli equinozi. Almeno questo dato scientifico ti farà uscire dalla porta o perlomeno ti farà saltare la finestra. O neanche questo?
Sanna h 8:36  O MY, non voglio monumenti. A che servono? Vogliamo il NOBEL ovvero la... GRANA che muove il mondo in pochi secondi. Con quella facciamo ammirare e studiare l'alfabeto nuragico anche in tutte le isole e isolette del Pacifico.
Zedda  h 13:39  Oh Gigi, e ti sembra questa la maniera di rispondere? Sei ancora scioccato dalla debacle alle elezioni? A me stupisce che un pozzo squadrato anziché circolare venga definito nuragico, ma comunque niente e impossibile! Vorrei capire chi  ha definito nuragico quel manufatto!
7 GIUGNO
Losi h 11:03ì  Gigi c'è una cosa che non ho capito: nel titolo usi tra parentesi una delle parole ebraiche per "pozzo, pozzetto". Non so come si pronunci, ma viene scritta con B-'A-R, quindi inizia per B. Nel testo però non riprendi questa parola, pur essendo la B una lettera di certo non innocente dal punto di vista dell' acrofonia.
Perchè la riporti nel titolo? c'è una qualche assonanza con la lingua sarda, o pensi sia importante per qualche altro motivo?

Zedda h 21:43 il pozzo in questione non è nuragico e nel concio principale c è scritto 1949 S.V. Insomma il baldo Gigi ha preso un granchio, capita anche ai migliori!
Zedda h 21:43 Oppure 1942 S.V. il quarto segno potrebbe essere un 2 invece di un 9

8 giugno
Zedda h 7:21 Masia, osserva la fig. 4 trascritta da Sanna, poi leggere benissimo 1942 S V. Sanna ha omesso solo i puntini dopo la S e la V chiaramente visibili nella foto. Comunque sia io non sono un paleoepigrafista , ma penso di saper riconoscere la nuragicità di un pozzo, e la sommità di quel pozzo non ha niente di nuragico
Losi h 7:33 Francesco sai che io ti ammiro sul serio? solo tu puoi avere la pazienza di rispondere a Mauro. Il quale ogni tanto salta giù dalla finestra epigrafica dove sta abbarbicato, per tre motivi: 1. per dare a Gigi dello sprovveduto; 2. per ricordarci il suo libro Archeologia del Paesaggio nuragico (in particolare il capitolo 19, che è un caposaldo della storiografia sulla Sardegna, un sine qua non); 3. per ricordarci le teorie di Popper, di cui lui non solo è discepolo ma anche colui che (nel mondo terrestre, marino e stratosferico) lo ha capito maggiormente, applicandolo tutti i giorni.  In questo caso Popper gli ha suggerito di sparare dei numeri: un pò a caso per la verità, perchè guerra o dopoguerra sono due momenti molto diversi. Fossi in te Mauro sarei rimasta al 1942, ti avrebbe dato molti più spunti.
Però non hai finito il lavoro: ti dispiacerebbe ultimare la lettura, per piacere? perchè questo messaggio di 65 o 72 anni fa mi interessa molto. Grazie.
Zedda h 7:36  O Masia sei tendenzioso nell'interpretare quanto dice la Ardu , se lei dice che non c era nessuna iscrizione o la credi o non la credi, ovviamente l unico modo per crederla e che lei mostri delle foto dove non c'è traccia di iscrizioni. Ma se lei non le ha viste , i segni sono quelli che vediamo, ed è evidente che i segni rimandano a 1942 S.V. in un manufatyo che non è nuragico!
Losi h 7:39 Allora hai poi deciso per il 1942? sbrigati per piacere che non ho tempo di stare qua tutto il giorno: devo fare la marmellata di amarene, intanto che è ancora fresco.
Zedda h 7:43  Aba ti ringrazio per la pubblicità al mio quart’ultimo libro, per aver ricordato che sono popperiano, e che osservo , dalla finestra , le acrobazie paleoepigrafiche di Sanna e Losi!  Quello che è certo è che quel pozzo non è nuragico, mentre è assai probabile che quei segni rimandano a 1942 S.V.
Losi h 7:48 Grazie, adesso posso affrontare il mio rosso composto con rinnovata fiducia, in me stessa e nel mondo: soprattutto posso guardare con fiducia al futuro della storia ed archeologia, ora che la so in buone mani-insomma mi hai restituito una certa tranquillità.  Sai che di recente sono stata a Barga? ti stanno costruendo un monumento da collocare nella cattedrale di cui tu hai rilevato l' orientazione a qualche fenomeno celeste di cui non ricordo i dettagli acrobatici.
Zedda h 7:56 Vuoi sviare il discorso? Non ti fa onore, stai al tema!
Losi h 8:07 Sviare un discorso inesistente è impossibile: vai a vederlo da vicino (il 21 giugno è la tua occasione) e poi decidi; non puoi basare le tue considerazioni su una foto problematica, dove i segni imbrogliano a seconda della luce. Devi andare lì e guardare da vicino, come ha fatto Gigi: dopo ne possiamo riparlare. Io purtroppo non ci sarò, se non virtualmente. Stai anche tranquillo che so molto bene chi è che ti sussurra all' orecchio, e non è certo Popper.
Zedda h 13:36 E chi sarebbe? Io non lo conosco!
Laner 8:32 h 8:32Il re è nudo! Ma è talmente ovvio che la scritta è 1942! Peccato che lo scalpellino SV -penso sia ancora vivo!- non legga il blog e spiegare le circostanze! Da un po' nemmeno io, che sono del 1941, non leggevo il blog e mi ha invitato a farlo proprio Mauro. Conoscevo la sbadacchiatura del pozzo ligneo, dove protagonista è il cuneo. Fra questo e il manufatto di pietra c'è solo una analogia di necessità, non costruttiva. Quello di cui si discute è contemporaneo. E in questo caso, mi pare giusto che gli archeologi non dicano e non debbono dire nulla. Franco
Losi h 8:42 Invece io daglia rcheologi vorrei sapere quali sono gli analoghi in pietra di questo tipo di pozzi: l'archeologa Anna Ardu ha detto che è ovviamente un pozzo romanico e che le lettere sono inesistenti. Bene, allora io che ho una mente molto semplice, vorrei almeno almeno vedere un pozzo romanico fatto così. Tu dici che è una scritta contemporanea: leggimela tutta allora, dimmi cosa significa-perchè se è contemporanea a maggior ragione dovrebbe essere facile leggerla.  Io dico, al solito, che un pò di prudenza non guasterebbe.  Gli archeologi non debbono dire nulla? sai che novità. Del volto inciso a capo san marco hanno detto una sola parola, anzi due: "E' recentissima"; un collega geologo mi ha detto che la sabbia cristallizzata dentro l'incisione indica che la stessa ha qualche secolo o anche qualche millennio, impossibile dire quanto esattamente senza uno studio accurato del luogo e della sua dinamica. ma di certo non è "recentissima" qualunque cosa significhi in termini quantitativi. Anche lì, un pò di prudenza non avrebbe guastato.
Losi h 8:45 E invece no, la si spara, come si spara-a caso e senza pensare- "è un falso": tanto la Sardegna è terra di nessuno e di conquista, ed è più importante dare addosso ad un rivale che cercare la verità scientifica. Amen. La "Squadraccia" ringrazia.
Zedda h 10:43 Aba, bello quando dici che si spara a caso! Calza a pennello con l'ultima fatica di Gigi!
Losi h 11:08 Eh no, questo non te lo permetto: so molto bene come lavora Gigi, e non è mai "a caso". Fai un bel post sul tuo blog, denigratorio quanto vuoi: ma qui a dire queste cose non ci vieni. Spero che tu mi abbia inteso.
Laner 11:09 Tacon pejo del buso! Cercare scusanti o discutere sull'ovvio mi sembra aggravare l'evidenza. O anche l'evidenza deve essere oggetto di sottili distinguo? Comunque proprio in nome della libertà di esprimere un parere ho espresso ciò che vedo con gli occhi e con la mente. Liberissimi di fare altrettanto. E' per me talmente lapalissiano che solo pensare di scomodare categorie giustificative mi offenderebbe! Franco
Zedda h 12:22 riconosco che Gigi è il miglior paleoepigrafista in circolazione, da Nobel come ha detto lui, ma ovviamente non è impeccabile!
Losi h 11:24 Certo, va bene: però non mi hai risposto sul cosa ci leggi. Ne prendo nota: così come Anna non ha risposto sul romanico, non ha mostrato le foto eccetera. Sono cose talmente lapalissiane che non vale neppure la pena parlarne (soprattuttto con gente come noi, che lavora così a caso, o peggio, per tornaconto personale; qualunque esso sia).  Infatti io non so neppure cosa rimaniate qui a fare: e non dico che non vorrei sembrare rude, voglio proprio esserla. Sono un pò di giorni che ho la luna storta, molto storta su certi argomenti e sono straracistufa che ogni volta che c'è qualche dato che non entra nei modelli si invochi subito il falso, o il alatino o il recentissimo: senza dimostrare mai nulla. Pensate che questo pozzzo sia recentissimo? dimostratelo. Pensate che sia un falso (come pensa Anna)? che lo si dimostri, ma non con le parole "è tanto ovvio che..": con le analisi microscopiche e chimico-fisiche. I mezzi ci sono: che li si usi. Altrimenti è solo denigrazione personale, e qui non ho nessuna intenzione di accettarla: sono stufa e arcistufa di parole, voglio dei fatti.
Zedda h 12:39 Al di là di tutto, sono convinto che Gigi sia il miglior paleoepigrafista operante in Sardegna. Ma secondo me dovrebbe attenersi a interpretare solo i reperti in cui esiste un unanime consenso nella loro autenticità come materiale epigrafico, ovviamente lui può fare come crede e impegnarsi a provare a decifrare qualsiasi graffio gli passi sotto il naso!
9 giugno
Sanna h 00:27 Credo che il commento migliore sia quello di Elio che, al solito, sa cogliere al volo la sostanza delle cose. E dirò più avanti il perché. Io, cara Aba, stavolta, contrariamente a quello che mi accade con Zedda che è un puro analfabeta ma si sente in grado di fare l'epigrafista dalla finestra, non riesco a prendermela con lui. Né me la prendo con Franco Laner anche se ha sbagliato da 'mona' con la battuta (Franco Laner del resto è il primo che, tempo fa, sfidando gli altri, ha ammesso, in tempi non sospetti, almeno qualcosina sulla presenza della scrittura nuragica). Il motivo è quello dell'onestà intellettuale (a cui tengo moltissimo come sanno tutti gli amici) perché io sono stato il primo a sospettare che lì ci potesse essere una data ed una sigla (il 1942) e non scrittura arcaica. Anche perché con Stefano Sanna ed un altro testimone eravamo reduci tre giorni prima da una grossa delusione circa una scritta su di una roccia dove 'c'erano scritti' in fotografia dei segni che però dopo il sopralluogo si dimostrarono essere la data banale del 1848. Immaginate allora se prima di pronunciarmi data sì data no (o pensate che un epigrafista nella lettura non sia almeno all'altezza di Zedda ?) sulla esistenza della data o meno non abbia osservato scrupolosamente quel presunto 'due', quindi quello che è 'oggettivamente' più un serpentello che una 'S' del 1942 ed infine il segno a 'V' che, notoriamente (lo abbiamo visto tante volte) è il segno dello 'ayin (soprattutto nel periodo tardo del nuragico). Ma il problema epigrafico e paleografico assieme era soprattutto il presunto 'due' che nella pietra ( lo farò vedere il 21, perché è importantissima tutta la traccia) è identico alla 'yod' dell'anello di Pallosu. Quindi i pronunciamenti di Zedda (o di chi gli sta dietro), di Laner e di chiunque conosca i numeri si mostrano oggettivamente reali ovvero, almeno in partenza, fondati. Ma diciamo subito che il reale ed il fondato si cerca subito in tutte le letture epigrafiche: è la prima cosa (banale) che si fa interpretando i segni. Non si elucubra mai e tanto meno la 'si spara' senza un minimo di filologia che possa rendere se non certissimo almeno molto probabile il dato ermeneutico.
Zedda h 01:04  commento cassato da Aba Losi
Losi h 06:49 Eri stato avvisato, ampiamente avvisato: questi commenti sono inaccettabili, degradanti e diffamanti. Per mesi e mesi non ti sei fatto vedere su queste pagine e adesso torni solo per "sporcare" un post, cui tengo particolarmente anche perchè-se noti-mi è stato dedicato?. E anche dopo le spiegazioni di Gigi-di cui io non avevo bisogno perchè conosco l'onestà e la serietà con cui lavora-non ce la fai a rinunciare alla battuta penosa e vagamente accusatoria (ricordo molto bene altre tue pesantissime insinuazioni sulla scritta del nuraghe Aiga e davvero non cambi mai). Non sono disposta a tollerarlo, non su queste pagine. Te l' ho detto, fai un bel post sul tuo blog se credi-diffama là e sghignazza a piacere, fatti aiutare dal tuo epigrafista preferito, mettici dentro anche la marmellata di amarene e l'onnipresente Popper; ma non venire qui a spargere guano.
Zedda h 8:03 Ma Aba hai le travegole? Era un commento simpatico, ti consiglio di farlo vedere a Gigi e vedrai che ti dirà di postarlo!
Losi h 8:38 Piantala, non so che farmene dei tuoi consigli nè dei tuoi tentativi di blandirmi.
Zedda 11:17 Dai Aba nei commenti ho riconosciuto che il lavoro di Sanna e il tuo sono utili agli studi, e al contempo sono anni che vi dico che non siete infallibili come Sanna sembra pretendere! Dire in tono ironico ch e la V potrebbe essere una L venuta male e quindi quello che appare evidente (1942 S.V.) potrebbe essere 1942 S.L. e che potrebbe corrispondere a 1942 Sanna Luigi o a 1942 Sanna e Losi, più che offensivo mi pare simpatico e così si capirebbe anche in resto delle iscrizioni che tratterebbe dell’ amore (scientifico) tra S e L
Losi 12:50 Questo è un cartellino giallo; ne ho già estratto uno per Zedda-che dopo l'ha beccato rosso perchè è recidivo. Non so se mi sono spiegata.

Aba Losi si spiegò benissimo e si capii benissimo che allora non comprese che Gigi Sanna prese un granchio colossale, mi chiedo se ora l’ha compreso, errare è umano, mentre  perseverare è diabolico.


giovedì 18 febbraio 2016

La "Dea" di Sardara


di Mauro Peppino Zedda


L’immagine raffigurata plasticamente in un vaso askoide proveniente dal santuario nuragico di Santa Anastasia a Sardara mi pare abbia caratteristiche che trovano stringente confronto con l’immagine della dea Northia etrusca. Al riguardo vi propongo quanto scrive l’archeologo S. de Marinis nell'Enciclopedia dell' Arte Antica (1963) Treccani, alla voce:

NORTHIA. - Nome latinizzato di una divinità etrusca particolarmente venerata a Volsinii, da dove provengono numerose iscrizioni dedicatorie. Dalle fonti letterarie (Liv., vii, 13; Iuven., x, 74) si può dedurre che N. era una divinità della sorte, avvicinata e assimilata in seguito alla Fortuna romana nei suoi varî aspetti. Tale carattere trova la sua conferma nell'usanza (testimoniataci da un passo di Cincio in Livio (vii, 3) di conficcare ogni anno sulla parete del suo tempio un chiodo, che serviva a contare gli anni e stava a significare in certo modo il rapido ed inevitabile termine del destino. L'usanza passò poi anche a Roma, dove, alle idi di settembre, la sacra cerimonia veniva compiuta dal praetor maximus nel tempio di Giove Capitolino. Anche Orazio parla dei clavi trabales (Carm., i, 35, 17 ss.) che fanno parte degli attributi della Necessitas che precede la Fortuna.
Il Gabrici credette di riconoscere il santuario volsiniese della dea N. nel tempio messo in luce in località Pozzarello, 3 km a N di Bolsena. La costruzione originaria è in blocchi di nenfro e risale al III sec. a. C.; subì poi nel corso dell'età romana successive e radicali trasformazioni e ricostruzioni, restando sede di culto fino al III sec. d. C. Gli argomenti portati dal Gabrici per riconoscere N. Fortuna nella divinità venerata non sono abbastanza probanti e la stipe è troppo poco significativa al riguardo. In conseguenza di tale ipotesi si volle vedere l'immagine della dea N. in alcuni bronzetti facenti parte degli ex voto del tempio, che presentano un tipo comune di figura femminile con acerra epatera umbilicata. Non esiste peraltro nessuna rappresentazione figurata in cui sia lecito riconoscere, non con effettiva sicurezza, almeno con una certa probabilità, la figura di Northia.
Bibl.: F. Wagner, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 465 ss., s. v.; E. Gabrici, Bolsena; scavi nel sacellum della dea Nortia sul Pozzarello, in Mon. Ant. Linc., XVI, 1906, c. 9 ss.; G. Q. Giglioli, La religione degli Etruschi, in Storia delle religioni, a cura di P. Tacchi Venturi, I, Torino 1944, p. 786; L. Ross Taylor, Local Cults in Etruria, in Papers and Monographs of the Amer. Acad. at Rome, II, 1923, p. 154; E. Bernert, in Pauly-Wissowa, XVII, i, 1936, c. 1048 ss., s. v.; G. Radke, in Pauly-Wissowa, IX A I°, c. 835-6, s. v. Volsinii.

Se per de Marinis non vi sono raffigurazioni della dea Northia (non so se condivide ancora questo pensiero) per Luigi Catena (cfr suo scritto nel blog di Pierluigi Montalbano) e altri la dea è rappresentata dalla figura che ho inserito in basso..
Una dea metronoma, che ha nella falce lunare il suo segno distintivo. La Luna, Me , mese,  misura per eccellenza, che attraverso il dominio sulle acque presiedeva al ciclo della vita.
Mi pare importante dialogare su questa convergenza, una delle tante , che insiste tra la Sardegna e l’Etruria.

Se volete approfondire il simbolismo lunare, anche in riferimento alla “Dea” di Sardara vi rimando al libro “La dea bipenne” di Donatello Orgiu.


martedì 16 febbraio 2016

Stiglitz vs Losi


di Mauro Peppino Zedda

Lunedi 21 Luglio del 2008 Alfonso Stiglitz  nel blog di Gianfranco Pintore nel rispondere ad una chiamata in causa di Aba Losi traccia il quadro dello stato dell’arte degli studi sui primordi della scrittura in Sardegna, da allora in poi poco è cambiato, si sono aggiunti degli elementi risalenti al BF e all’eta del ferro (lo spillone di Antas, navicella di Teti e qualcosa altro) ma lo scenario storico tracciato da Stiglitz non è cambiato.

Ovviamente la gran parte dei documenti che Sanna porta a sostegno delle sue tesi sono catalogabili come dei “falsi” nella accezione che ne da Stiglitz.
Leggiamo quanto scrisse Stiglitz da Pintore:

“….. rispondendo anche alla chiamata in causa, un po’ supponente (anche in archeologia, come in biofisica, il “referaggio” presuppone una qualche competenza) di Aba Losi.
E parto proprio da un’affermazione a dir poco sorprendente per una ricercatrice, ancorché di Fisica, che dichiara di non capire cosa si intenda per documento scientifico.
Un documento (o, più genericamente, un dato) scientifico è, in campo storico, ma suppongo anche in quello fisico, un documento che ha subito quella che, con brutto termine oggi in voga, possiamo chiamare una validazione: cioè è stato verificato. Mi spiego meglio con quello che insegno nella prima lezione quando, di tanto in tanto, vengo chiamato a insegnare all’Università. La prima lezione è dedicata, ovviamente, ai primi rudimenti metodologici e agli ausili di studio e in essi richiamo due “leggi” della ricerca storica:
1. ogni fonte, fino a prova contraria, è “falsa”; ciò significa che ogni volta che ci troviamo di fronte a un documento di qualsiasi natura dobbiamo effettuare una serie di verifiche per valutare se è un originale, una copia, una falso, dobbiamo capire se è inserito in un contesto (vedi la seconda “legge”), quindi, se supera questi gradini valutare se è veritiero o meno (anche gli antichi dicevano bugie). In altre parole si cerca di insegnare la sana arte del dubbio (non so se anche in Fisica ....).
2. ogni accadimento storico (compresa la scrittura e le iscrizioni) avviene in un tempo e in uno spazio definiti e non in altro; tempo e spazio che vanno identificati.
Queste operazioni trasformano un documento in un “documento scientifico”.
Veniamo al problema della scrittura, dello Stato e della città. Spero sinteticamente.
Ci troviamo di fronte a due distinti problemi. Il primo riguarda la realtà materiale dell’esistenza concreta della scrittura nuragica; il secondo quello del contesto storico in cui la scrittura nasce e si sviluppa.
Per il primo caso la risposta è relativamente semplice ma, evidentemente, legata sempre e comunque allo stato delle conoscenze, perché è sui dati concreti e verificabili che la ricerca storica si muove.
Allo stato attuale delle conoscenze non esiste un documento che sia certificabile, “validabile”, come scrittura nuragica. Gli esemplari di Tziricottu sono, al di là di ogni ragionevole dubbio, matrici altomedievali (dato cronologico) di ambito artistico bizantino (dato culturale) e presenti anche nelle culture coeve, tra cui quella longobarda. Lo dimostrano ampiamente le decine e decine di esemplari simili per forma, aspetto e dimensioni, presenti nelle necropoli di quell’epoca, ben databili in quanto contesti chiusi, situate nella penisola italiana (e quindi, grazie a dio, non scavate ne studiate da quei cattivi e ignoranti di noi archeologi sardi) che il collega Paolo Serra ha richiamato in diverse sedi scientifiche con precisi riferimenti verificabili. A quei dati non è stata data risposta scientifica ma solo insulti e basse ironie, indegne della qualità della persona che li esprime e di quella che li riceve.
I cocci di Orani appartengono ad altro ambito e cronologia; uno presenta caratteri chiaramente fenici, due degli antropomorfi e uno dei chiari simboli di Tanit. Dalle foto (e quindi in assenza di una validazione scientifica) non è possibile stabilire se si tratti di reperti appartenenti allo stesso contesto, ambito culturale e cronologico. Nel caso della scrittura si tratta di elementi privi di problemi di inquadramento, così come per i segni di Tanit, inseribili in note sequenze iconografiche di cui esistono repertori per la Sardegna, Sicilia, Africa, Spagna, Fenicia (dove peraltro c’è l’attestazione diretta della connessione tra il simbolo e la dea Tanit). Anche nel caso dell’interpretazione di questo segno nei “cocci di Orani” si è privilegiato di ignorare totalmente questi studi e repertori eppure solo per la Sardegna le evidenze (che ormai si avvicinano al centinaio) sono chiare e tutte riportabili a definiti ambiti culturali fenici con persistenze sino all’età romano-repubblicana (vedi le case “puniche” di Cagliari).
Nel caso delle iscrizioni su pietra a parte il caso con lettere palesemente di alfabeto latino e l’altra in alfabeto fenicio, per le altre bisogna approfondire con estrema cura l’analisi; ma sino a oggi, manca l’edizione scientifica: non mi sembra che gli attacchi a me o ad altri colleghi possa considerarsi l’equivalente di una spiegazione scientifica, come ho avuto modo di mostrare in un precedente intervento dove ponevo dei precisi riscontri all’iscrizione fenicia, per i quali non ho ricevuto risposte (e non pretendo di riceverle).
L’altro problema che si pone è se l’assenza di una scrittura nuragica “certificata” (sia essa originale o mutuata da altri sistemi di scrittura) sia effettiva o si basi semplicemente sull’assenza di ritrovamenti. Qui il discorso si complica perché, come è noto a chi si occupa anche distrattamente di ricerca storica, assenza di dati non significa che quei dati non esistano. Allora, fermo restando che l’eventuale rinvenimento di nuovi dati porterebbe a creare nuovi modelli interpretativi, resta il fatto che l’assenza di scrittura di per sé non è sorprendente.
In tutte le culture Mediterranee, Europee e Vicino-orientali la scrittura nasce in collegamento con precise necessità politiche ed economiche legate all’accentramento del potere, alla necessità di organizzare questo potere, soprattutto in campo economico, e all’interno di questo in culture di tipo urbano. Nel caso nuragico questi fenomeni non sono presenti per l’epoca dei nuraghi (Bronzo Medio e Recente, grosso modo secondo e terzo quarto del II millennio a.C.), mentre si colgono segni di formazione di processi simili nelle fasi finali della civiltà nuragica, post nuraghi (Bronzo finale e primo Ferro (dal 1200 a.C. in poi). Guarda caso la scrittura come elemento stabile, non occasionale (importato sugli ox-hide ad es.) compare con i primi fenomeni urbani fenici (anch’essi attestati al di là di ogni ragionevole dubbio) che in Sardegna datiamo alla metà dell’VIII sec. a.C. (a Cartagine nella seconda metà del IX sec. a.C. ecc.). Ovviamente possiamo far finta che la fase fenicia non esista, ma non basta prendersela con gli archeologi, bisogna dimostrarlo (e mi sembra difficile).
Altra cosa sono i marchi ceramici che conosciamo e da qualche anno iniziano a essere meglio studiati, in tutto il Mediterraneo.
Quindi scrittura non equivale a società più evoluta e mancanza di scrittura non equivale ad analfabetismo. Parliamo, invece, di differenti strutture economiche e sociali e, ovviamente, di differenti codici di comunicazione di cui la scrittura è uno dei tanti.
Nessuna negazione né della straordinaria qualità della storia della Sardegna né della capacità dei nuragici, vorrei far sommessamente notare che i materiali nuragici oltremare e le capacità di movimento di quella cultura l’hanno provata gli archeologi, spesso e volentieri sardi, con il faticosissimo cercare strato per strato, coccio per coccio, muro per muro, tomba per tomba, le tracce di questa cultura ovunque essa fosse, ma sempre legati a dati concreti, verificabili e discussi.

P.S. Una umile richiesta alla dott. Losi, mi critichi, anche duramente, per affermazioni che faccio e non su “sillogismi” inventati: “i nuragici erano contadini, la scrittura non serviva loro, ergo i nuragici non scrivevano”; non l’ho mai detto né pensato; per di più, mi consenta, le mie pur scarse frequentazioni di Aristotele mi avrebbero portato a formularlo in modo diverso e più logico: “i contadini non utilizzavano la scrittura, i nuragici erano contadini, ergo non scrivevano” e così via. Sarò antipatico ma certe sciocchezze non mi appartengono.


lunedì 15 febbraio 2016

Aba Losi e il Paladin Pilloni


di Mauro Peppino Zedda

Oggi nel Maymoni blog è stato pubblicato un articolo di Franco Pilloni. Dove mi si accusa di aver insultato Aba Losi. L’accusa di aver insultato Aba Losi mi brucia tantissimo, non credo di averla insultata, il mio scritto intende essere una critica scientifica verso la condivisione da parte della professoressa (di Biofisica nell’Università di Parma) Aba Losi  delle corbellerie paleoepigrafiche proposte  di Gigi Sanna, il quale sembra ormai avviato a decifrare in chiave nuragica l’insieme delle iniziali dei nomi che gli innamorati di mezza Italia hanno impresso nelle scogliere del Sinis.
Ritengo che Pilloni sia un perfetto ignorante in filosofia della scienza, altrimenti capirebbe che il mio testo offre, dal punto di vista epistemologico,  ad Aba Losi la possibilità di controbattere  e dimostrare che Sanna abbia ragione a considerare come iscrizioni nuragiche quelle che per me sono semplici iniziali di nomi di persone che volevano lasciare una traccia del loro passaggio nelle scogliere del Sinis!
Caro Paladin Pilloni ti è così difficile comprendere che la mia è una sfida scientifica?
La Biofisica Aba Losi viene sbandierata da Gigi Sanna come la grande scienziata illuminata che riconosce la validità dei suoi studi, mentre tutti quelli che osano criticarlo sarebbero degli emeriti cazzoni. Il tutto in uno scenario in cui  Aba Losi va in un brodo di giugiole soprattutto quando i fan di Gigi Sanna la chiamano sa Mamasarda, titolo onorifico conferitogli da Esso.
Paladin Pilloni ma come si fa a confondere una critica scientifica, quasi una sfida scientifica, per insulti?  Rileggi bene il mio testo e cerca di comprenderne il senso. E vedi se è il caso di porgere delle scuse.
Aba Losi è un'accademica di un’Università italiana. Lei ha delle responsabilità morali verso l’Accademia e verso la conoscenza scientifica, Sanna la indica come la scienziata illuminata che approva i suoi studi, bene, molto bene! Le sto chiedendo di spiegare perché condivide la paleoepigrafia da scogliera che sta proponendo Gigi Sanna.
Glielo chiedo per rispetto verso i sardi.

Di seguito vi propongo quella parte di testo in cui Franco Pilloni mostra di non comprendere la differenza tra critica scientifica e insulto. Ecco quanto scrive nel Maymoni Blog:

cosa possiamo pretendere, ad esempio, da un Mauro Peppino Zedda che nel suo blog insulta gratuitamente Aba Losi, rea, a suoinsindacabile giudizio, di continuare a “sostenere le bufale paleo epigrafiche del Sanna”?
Sì, perché tutte le cose scritte e dimostrate da Gigi Sanna sono per MPZ solamente bufale e corbellerie, oppure corbellerie e bufale, come ripete in continuazione, alternando i termini, ma non deviando dal concetto. Uno potrebbe chiedersi perché MPZ se la prenda con la nuora perché suocera intenda, quando ha sempre, ma sempre sempre detto che di epigrafia non sa niente e dunque, in attesa che qualcuno di quelli importanti si pronunci, egli, MPZ lo scettico, scientificamente restava in attesa. Perché dunque è così assertivo nel suo post?
Ora, mi si dirà, così va il mondo: e se Gesù stesso s'è fatto agnostico, non se lo può permettere anche MPZ.
Un buonista, di quelli che aspettano il miracolo, dirà che MPZ ha avuto soltanto una caduta di stile. Sarebbe forse pensabile se quest'uomo uno stile che non sia proprio terra terra l'avesse, ma è difficile cadere se si è da sempre con le natiche per terra. Dove vuoi che si cada? In un pozzo?
Tenetelo a portata di mano questo distillato del pensiero di Mauro Peppino, perché non passerà molto tempo che glielo potrete riproporre sotto il naso.
E allora il pozzo gli servirà. Per nascondersi.
Una caduta di stile mi è sembrata invece quella di Franco Laner che ha postato una trappola perché ci cascassero tutti quegli stupidi che seguono il blog di Maymoni oggi, come quelli di MP ieri e di GFP ieri l'altro. È vero che intendeva “Semplicemente verificare se, assecondando i desiderata dei più, ripetendo le corbellerie dell’archeologia ufficiale, gli insulti avessero un picco di flessione. …. nemmeno mia madre se la cava bene!
Mi colpisce come Laner mostri una spiccata contiguità con Mauro Peppino Zedda, oltre che nei giudizi, anche nel vocabolario. Quel corbellerie, termine noto ma non usuale, porterebbe a credere che l'uno scriva sotto dettatura dell'altro. Laner viene spesso in Sardegna e ci apprezza volentieri. Credo però che impari subito che in Sardegna - e il suo amico glielo può confermare non ostante il suo agnosticismo cosmico - indichiamo come fillus de bagassa i furbi e gli scaltri, senza minimamente pensare al mestiere delle loro madri, siano casalinghe o filosofe, mentre chi propende a divertirsi escogitando certi giochini anche piuttosto stupidini, lo chiamiamo indefessamente paraculo. Come in italiano.”




domenica 14 febbraio 2016

Aba Losi e la fanta paleoepigrafia


di Mauro Peppino Zedda

Penso che uno degli enigmi più singolari nel panorama  della fanta-archeologia  mondiale è il caso di  Aba Losi. Lei, professoressa di Biofisica all’Università di Parma, è la più fervente sostenitrice delle tesi paleo epigrafiche di Gigi Sanna.  Tesi pubblicate in libri e nei blog di Gianfranco Pintore, Monte Prama, gestito da Atropa Belladonna pseudonimo di Aba Losi,  ed ora nel Maymoniblog, dove Aba Losi continua a sostenere le bufale paleo epigrafiche del Sanna.
Come mai una stimata studiosa di biofisica va dietro le corbellerie paleo epigrafiche del Sanna?
Prendiamo l’ultima bufala, in cui Aba è stata “incornata”, nella figura si può osservare l’immagine (dal Maymoni Blog) che rappresenta l’epigrafe che Sanna decifra in chiave nuragica.



 Ma come fa Aba Losi a prendere per buone certe corbellerie? Come si fa ad essere cosi ingenui? Che alle bufale di Gigi Sanna abbocchino degli sprovveduti (Sandro Angei e Francesco Masia) che poco o niente sanno di come funziona la scienza posso anche capirlo ma come fa una docente universitaria a prendere per buona una proposta del genere? Come può pensare che delle iniziali di nomi incisi su una scogliera possono essere considerate una scrittura nuragica?
La M + V  su una linea e una G sulla successiva…
Ma dai Aba , ma come si fa..?
Quella croce è per me dolorosa, in quella spiaggia sono morte tante persone, io stesso ho, impressi nella memoria una decina di secondi terribili in lotta con le onde di quel luogo, ma non ho comunque smesso di amare il mare e il Sinis.
Sandro Angei come al solito da prova di non saper usare la logica, nei commenti all’articolo di Sanna si è lamentato che la mareggiata sta distruggendo le incisioni, quando uno fa un osservazione dovrebbe trarre le conseguenze logiche dell’osservazione,  invece Angei , col suo paraocchi, intento a tirare il carretto del maymoniblog  dove sta seduto Gigi Sanna, non ha dedotto che se una mareggiata può bastare a danneggiarle è la prova indiretta che non avrebbero potuto resistere migliaia di anni.
Ma torniamo alla questione che mi intriga di più dal punto di vista epistemologico,  mi piace la storia e la filosofia della scienza, mi piace comprendere il confine tra il verosimile e l’inverosimile, mi piacerebbe comprendere come e perché Aba Losi, alias Atropa Belladonna, si sia lasciata abbagliare dalle bufale paleo epigrafiche di Gigi Sanna.
Aba mi vuoi aiutare a capire? O, se credi, a convincermi che quelle di Gigi Sanna non sono bufale.





venerdì 12 febbraio 2016

Alessandro Usai e la disposizione dei nuraghi


di Mauro Peppino Zedda

Nel 1977, ovvero 39 anni fa vide la luce il libro Sardegna Nuragica di Massimo Pittau .
Un testo che mise in luce che la tesi del nuraghe fortezza si basava su motivazioni inconsistenti.
Lilliu non ebbe l’umiltà scientifica per considerare confutata la sua teoria, e, purtroppo, gli archeologi attuali sono ancora invischiati dentro le macerie del paradigma interpretativo ideato dal Lilliu. La maggior parte degli archeologi prende per buone, senza spirito critico, le teorie del loro maestro e rivolge il suo tempo a disegnare e catalogare cocci.
Usai è dei pochi archeologi che prova ad andare oltre le proposte di Lilliu, anche se lo fa in maniera alquanto superficiale. Questo archeologo in un suo recente scritto (USAI A. 2015, Paesaggi nuragici, in MINOJA M., SALIS G., USAI L. (a cura di), L’isola delle torri. Giovanni Lilliu e la Sardegna nuragica, Sassari, pp. 58-69.) scrive: “I nuraghi furono strutture di servizio polivalenti dell’economia rurale, utilizzate per abitazione e per la conservazione, trasformazione e prodotti di ogni genere…” per Usai il nuraghe sarebbe una specie di masseria (sic!?).
Immaginate un nuraghe costruito sulla cima di una rupe o a strapiombo di un dirupo, mi sembra assurdo pensarlo come abitazione o come magazzino. Dunque  o i nuragici erano dei cretini o è demenziale pensare che quei nuraghi fossero abitazioni o magazzini.
Usai non si accorge che la sua tesi è assai più innocente ed  inconsistente della teoria del Lilliu.
Certamente postulare una società guerriera senza trovare i resti dei guerrieri è un’assurdità, ma pensare i nuraghi come magazzini lo è ancor di più.
Usai, nell’analizzare i motivi che determinarono la loro ubicazione scrive: “Anche se credo che il senso generale dei nuraghi e degli altri monumenti nuragici possa essere compreso solo nell’ambito delle dinamiche sociali ed economiche di grande portata, tuttavia penso che alcuni particolari potrebbero essere almeno inquadrati facendo riferimento a un mondo simbolico per noi oscuro, ma che per i protagonisti di allora poteva costituire un codice condiviso. In poche parole, non possiamo accontentarci di solidi argomenti razionali e processuali, ma dobbiamo almeno considerare l’esistenza di un piano irrazionale, da affrontare con ragionamenti controllati di tipo contestuale, senza pretendere di decifrarlo. Per esempio, ferme restando le ragioni di fondo, è possibile che la costruzione di un nuraghe o insediamento o tomba o tempio, oppure la loro ubicazione, fosse decisa a seguito di vaticini, presagi, sogni, allucinazioni o altri presunti “segni” come la caduta di un fulmine, lo scoppio di un incendio, la nascita o la morte di una persona o di un animale, l’accadimento di fatti inspiegabili o preannunciati da racconti mitici? È possibile che per iniziare la costruzione si aspettasse un momento particolare definito da una speciale posizione di uno o più astri, oppure che il monumento venisse orientato in modo tale da registrare la data d’inizio della costruzione? Sulla scorta di simili valutazioni si potrebbero ricondurre a un quadro di riferimento, senza spiegarle, le forti oscillazioni di orientamento ed altre apparenti stranezze; ma ciò non rivelerebbe la natura e funzione dei nuraghi, che è azzardato cercare al di fuori del legame con la terra, le risorse e le attività umane.”(Zedda 2009).
Usai proprio non capisce che la terra con le sue risorse era un tutt’uno col cielo, forse che l’acqua non viene dal cielo? Forse che il clima non trova perfetta corrispondenza con la posizione del Sole? Forse che le stelle non entravano nei miti e nelle spiritualità dei nostri progenitori?
Alessandro Usai non comprende che  trascurare queste cose è un suicidio intellettuale!
Usai scrive che il suo modo di fare archeologia sia razionale, a me pare che le sue analisi siano tutt’altro che razionali. La razionalità bisogna praticarla non sbandierala!
Penso di aver dimostrato che i nuraghi sono disposti sul territorio secondo regole geometriche e astronomiche , e siccome la geometria non è un opinione quanto affermo è facilmente verificabile.
Usai invece di provare a capire chiama in causa l’irrazionale, sic!?
Usai cita un mio libro, in teoria dovrebbe averlo letto, e dunque deduco che non  ha compreso che i nuraghi sono disposti sul territorio secondo schemi geometrici astronomici.
Sulla scorta di questo dato di fatto, possiamo discutere sul perché  li abbiano disposti secondo schemi geometrici astronomici.
Seppur a livello embrionale, nel pensiero di Usai , sembra intravedersi l’idea che esistesse un qualche rito di fondazione. Mi domando se abbia mai sfogliato un buon  libro di storia delle religioni, o che abbia perlomeno sfogliato il manuale principe di ogni archeologo, ovvero il manuale di Renfrew e Bahn in cui oltre che descrivere i dettami dell’archeologia cognitivo-processuale vi è una parte dedicata all’archeoastronomia.
Nel leggere questa parte del testo di Usai, il mio pensiero è andato dritto alla prima pubblicazione di Franco Laner (La construction des “nuraghi” in Sardegne, in Mécanique et Architecture, 1995, Basilea). In quel testo Laner spiegò come la costruzione dei nuraghi fosse anche un fatto rituale.
Meravigliosi i riferimenti di Laner a Mircea Eliade,
Non sarebbe male che anche gli archeologi sardi leggessero le opere di questo e di altri storici delle religioni.
Laner, oltre ai libri di lilliu, ebbe modo di leggere anche il mio primo libro (I nuraghi il Sole la Luna, 1992) e comprese che la disposizione geometrica astronomica che avevo riscontrato tra i nuraghi della valle di Brabaciera, fosse spiegabile col desiderio dei nuragici di cosmizzare il territorio secondo coordinate spaziali e temporali. Concetti che poi ha sviluppato nei libri  Accabadora  1999 e Sa Ena 2011.
Ovviamente  non posso  non  ricordare che solo un archeologo ignorante in geometria può non comprendere che i nuraghi sono disposti secondo schemi geometrici astronomici.
Vi sembro troppo caustico con gli archeologi sardi?
Dal mio primo libro sono passati 24 anni, ho presentato le mie tesi in consessi scientifici internazionali. Per il prestigioso Handbook of Archaeoastronomy and  Ethnoastronomy edito dalla Springer mi è stato chiesto di curare  il capitolo sui nuraghi.
Come dovrei etichettare degli archeologi che continuano a negare  l’evidenza? Mi pare che definirli ignoranti in geometria sia il minimo!







mercoledì 10 febbraio 2016

Anticipazione. Confermato il riferimento al bronzetto di Vulci degli ultimi due guerrieri di Monte Prama


di Franco Laner


                                    
















Da  fonti ben informate e vicine alla Soprintendenza -per ovvi motivi di riservatezza mi viene chiesto il silenzio- apprendo che un nuovo importante tassello si aggiunge ai ritrovamenti dei recenti scavi a Monte Prama (2014).
Alcuni frammenti, adespoti, anche perché non trovavano riscontro né nelle maquette dei Giganti, né dei modelli di nuraghe, hanno ora una precisa collocazione. Sono infatti i copricapo conici del famoso bronzetto di Vulci, a cui la grande statuaria si richiama, come i bronzetti con lo scudo in testa di Dorgali che hanno ispirato gli scultori dei guerrieri pugilatori di Monte Prama.
Ancora una volta l’archeologo Giovanni Lilliu aveva visto bene: i guerrieri fusi non sono altro che il corrispettivo con cui la grande statuaria chiude la stagione della civiltà nuragica.
Evidente anche la soddisfazione di questa attenta ricostruzione, specie della Sovrintendenza cagliaritana, che subito aveva ipotizzato che il bubbone aderente alla statua rovesciata altro non fosse che uno scudo avvolto, esattamente come nel bronzetto di Vulci.
Anche altri reperti, di difficile interpretazione, sparsi nei vari musei, a forma di cono, possono ora trovare la loro definitiva collocazione. Nel laboratorio di Li Punti tutto è pronto per la nuova ricostruzione e sono già stati richiesti opportuni finanziamenti. È comune auspicio che non si lesinino fondi destinati a completare un puzzle che getterà nuova luce sull’arte nuragica, anticipatrice della grande statuaria mediterranea.

Le figure, più che tanti ragionamenti, dimostrano l’evidenza.

mercoledì 3 febbraio 2016

Perle di normale e ondivaga vaghezza dell'archeologia nuragica ufficiale


di Franco Laner


Per celebrare il centenario della nascita di Lilliu, 1915, la Soprintendenza della Sardegna col Ministero dei Beni culturali e Turismo ha organizzato una mostra a Milano “L’isola delle torri, tesori dalla Sardegna nuragica”. Non l’ho vista e mi dispiace, perché anche dal peggiore dei libri si salva sempre mezza pagina, ma, visto che ho letto le pagine (58-69) che uno dei curatori ha scritto per il catalogo dell’evento (Alessandro Usai. 2015, Paesaggi nuragici, in MINOJA M., SALIS G., USAI L. (a cura di), L’isola delle torri. Giovanni Lilliu e la Sardegna nuragica, Sassari, pp. 58-69.) forse mi sono evitato una sofferenza inutile.
Già il titolo del “saggio” mi rimanda al libro di MP Zedda, che sette anni fa tracciava i prolegomeni per un nuovo approccio (paesaggio) di ricerca nuragica e mi indispone non poco perché -tranne il titolo- il saggista archeologo ha recepito solo ciò che poteva dare un’aurea di novità a posizioni stantie e logore dell’archeologia isolana. Comunque ha messo in bibliografia il libro di Zedda (forse questa è la mezza pagina che si salva!)
Già in una recente intervista Rai il soprintendente Minoja -come ho descritto in questo blog (6 dic. 2015)- aveva dato dimostrazione dell’infimo stato dell’arte della disciplina. Pertanto se quello è l’indirizzo, cosa ci si può aspettare?
Il prof. Massimo Pittau mi ha insegnato molte cose. Una in particolare: “Se ti occupi di archeologia, occupatene con la tua disciplina!” Memore del consiglio, delle pagine di Usai mi fermo su ciò che posso sostenere con strumenti tecnico-costruttivi.
Mi è assolutamente chiaro che gli archeologi quando parlano di tecnica costruttiva di nuraghi mancano del “senso del grave” (*v. nota). Pensano che le cose stiano su perché stanno su, ma capire perché stiano su e quali siano gli ingegni sottesi, la concezione, l’intelligenza costruttiva messa in atto, è una categoria che proprio non appartiene a loro.
Qualcuno, pur non conoscendo nulla di costruzione, restaura però i monumenti antichi.
E allora scrivono cose generiche, criptiche, perché le ammantano di frasi abbellite di fronzoli che nascondono l’inconsistenza comprensiva. “I nuraghi arcaici sono notevolmente diversi l’uno dall’altro; ciascuno di essi è l’esito di una singolare sperimentazione strutturale e funzionale. La tholos o falsa cupola, composta di anelli di blocchi sempre più stretti dalla base alla sommità, fu la grande invenzione degli architetti nuragici della fase di maturità, che diede ai nuraghi classici la caratteristica forma di torri troncoconiche…. questa ingegnosa semplificazione consentì la costruzione in serie di nuraghi semplici a una sola torre, sia lo sviluppo di monumenti complessi a più torri…I reperti archeologici chiariscono che i nuraghi furono strutture di servizio polivalenti dell’economia rurale, utilizzate per abitazione e per la conservazione, trasformazione e prodotti di ogni genere. Nessun elemento sembra indicare una connessione esplicita e preponderante con forme di culto… Al di là della funzionalità materiale, nei nuraghi si manifesta la volontà di creare edifici monumentali, fortificati (cioè “resi forti”) senza essere vere e proprie fortezze, possenti per suscitare ammirazione e rispetto in un’incessante gara di organizzazione, abilità ed ardimento….”
Prendo atto che si è passati dal concio a sbalzo della falsa volta (da Lilliu in poi) agli anelli sempre più ristretti, che formulai 25 anni fa.
Certo, se metto un anello, poniamo di legno, più stretto sopra quello più largo, e poi un altro più stretto, realizzo una struttura che sta su senza bisogno di centine. Peccato che in pratica metto conci singoli, non anelli di pietra. E allora come si realizza il gioco delle forze che consentono la costruzione autoportante della cupola vera, non “falsa”?? I nuraghi sono formalmente, morfologicamente, diversi, ma hanno tutti la stessa concezione strutturale (stesso tecnema). In parole molto semplici, c’è un unico sistema costruttivo, che ha il suo principio negli stati di coazione. E’ proprio uno straordinario stato di coazione che dà continuità ai conci in orizzontale e consente la formazione di quell’anello di cui si parla, anche se non si sa di cosa si parli!
Oggi ad esempio si usa per costruire la tecnica del cemento armato. La stessa tecnica consente la realizzazione di edifici morfemicamente diversi, ma tecnemicamente uguali. Le  differenze che si notano fra i nuraghi non dipendono dalla concezione costruttiva della muratura ciclopica (per favore non megalitica), unica, invariante, bensì dal “genius loci” (diversa pietra, luogo, tradizione, maestranze, capacità costruttiva, ecc.).
La forma troncoconica deriva da altre questioni strutturali, non dalla tecnologia della cupola.
Parlare di semplificazione tecnologica, significa semplificare (nel senso di tradurre per semplici)  l’arcano costruttivo nuragico, la sua essenza. Ciò che, assieme all’esito formale, è in grado di emozionare! Ma per sentire vibrare certe corde è necessario capire. Per di più se non si capisce qualcosa, come si può farlo proprio e -nel caso della Soprintendenza- come si può salvaguardare e valorizzare?
Ed eccoci alla nuova e straordinaria novità del saggio:  i nuraghi erano masserie agricole, contenitori di ogni tipo di derrate e quant’altro. Posso ridere? Ho pensato, visto che la mostra era a Milano, tutto sommato questa destinazione non sarebbe stata sgradita a Berlusconi, che definì i nuraghi contenitori di ricchezze e tesori del capo! Ho tradotto con “masseria” l’azienda agricola ipotizzata, anche perché la masseria necessità del latifondo, paragonabile ai cantoni di lilliana memoria.
E poi: nessun elemento giustificherebbe la destinazione a culto?!?!?!?!?!?!?
Certo  il saggista archeologo si sta mettendo in un bel guaio. Nuraghi complessi = masserie-aziende, nuraghi monotorri = semplici cascine rurali, proprio nella mostra dedicata a Lilliu, che stabilì che la funzione dei nuraghi fosse militare, come smentirlo spudoratamente? Come celebrare il sommo Archeologo sputtanandolo? 
Affermo sinceramente che l’escamotage del saggista è degno di tutta la mia ammirazione.
Il nuraghe (massaria-azienda agricola) risponde all’esigenza di edificio monumentale, fortificato, “cioè reso forte”, senza essere una vera e propria fortezza, possente per suscitare ammirazione.
In altre parole Lilliu ci aveva visto bene: fortezze, però non nel senso che tutti abbiamo inteso! Ragazzi! Suvvia, uno piccolo sforzo di esegesi. Fortificato non per la guerra, ma semplicemente reso forte, durabile, robusto, monumentale! Ovviamente, il nuraghe, oltre a conservare, trasformare e proteggere prodotti di ogni genere, era anche abitazione! Dai! butta dentro, ammucchia roba, cibo, attrezzature, suppellettili, famiglie, animali! Eppure non si trovano, cavoli!, tracce di materiale organico! Forse, continuando gli scavi, qualche traccia verrà pur fuori, ma bisogna scavare, scavare molto in profondità! In sintesi? Non chiudiamo alla possibilità che il nuraghe avesse anche il cesso!
Potrei continuare con le fantasie del modello espansivo delle masserie sul territorio descritte dal saggista e la formazione del paesaggio (da cartolina), che lascia però aperta anche alla possibilità che la dislocazione di qualche nuraghe fosse decisa a seguito di vaticini, sogni, allucinazioni, o altri presunti “segni” come la caduta di un fulmine, lo scoppio di un incendio, la nascita o la morte di una persona o di un animale, l’accadimento di fatti inspiegabili o preannunciati da racconti mitici?
Insomma qualche nuraghe poteva, ma eccezionalmente, essere legato anche al sacro, o alla morte del cane o a fatti inspiegabili!
Continuare mi crea problemi. Ho metri di veli pietosi. Li uso!
Mi sia consentita (non a caso ho chiamato in causa anche Berlusconi) una considerazione laterale.
Della mostra ho saputo in questi giorni.  Non credo però che si siano levate voci di dissenso, soprattutto dagli archeologici sardi. Anzi lo stile degli archeologi è quello del silenzio.
Mai si smuovono per prendere posizione. Sono stoici e superiori ad ogni critica, chiusi nella torre eburnea della verità vera. Nemmeno ovviamente prendono in considerazioni ipotesi suffragate da molti indizi e prove, a meno che non siano dette dalla casta. Tutto ciò che non sia accademico-archeologico è buono per la pattumiera. Non si prenda nemmeno la briga di confutare!
Spesso ci siamo detti, forse anche con un po’ di presunzione, per me legittima se si è arrivati a qualche risultato logico e consequenziale con fatica: prima tacciono, poi ti mettono in ridicolo, poi vinci. La fase del silenzio è superata. Molti libri sono lì da anni, letti ed apprezzati: vedi Pittau che contrastò la teoria dei nuraghi-fortezza, v. Zedda, v. Laner, v. Gigi Sanna, v. Aba Losi, v. Mulas e l’elenco potrebbe continuare, anzi l’elenco ufficiale lo si può desumere dai destinatari degli attacchi vigliacchi dell’anonimo untore che ha imperversato per anni. Questa è la seconda fase, quella di metterti in ridicolo, di attaccarti anche sul piano gli affetti personali. Di gettare discredito in ogni modo, anche il più becero. Ora è noto che l’untore non era solo e quale categoria gli dava corda. Il detto che ho richiamato sopra si realizzerà.

* Il “senso del grave” l’ ho appreso da Carlo Scarpa.  Il grande architetto, allora preside della mia facoltà sosteneva che questa qualità, già espressa da Leon Battista Alberti che riduceva l’architettura all’arte di sollevare pesi e fare in modo che rimanessero là, non era così diffusa  nemmeno fra gli architetti e gli ingegneri. Oggi potrei dire che spesso un muratore ha molto più “senso del grave” di molti professionisti. Sicuramente non è qualità propria di laureati in letteratura, o in molte materie umanistiche, come l’archeologia, ovviamente con le dovute eccezioni!