di Fabrizio Sarigu
In un post precedente si è cercato di dare una possibile risposta al significato simbolico del nuraghe quadrilobato come rappresentazione dell’universo (sempre partendo dalla concezione geocentrica, che è quella propria del mondo antico) così come concepito dalle genti nuragiche. In particolare tale rappresentazione simbolica può essere ricondotta al piano dell’eclittica, la “terra piatta”, così come definita nel mito fin dalle primissime origini.
In quest’ottica, la torre centrale rappresenta l’asse dell’eclittica intorno cui tutto ruota, compreso l’asse dell’equatore e la polare che quest’ultimo definisce. L’asse dell’eclittica delinea a sua volta un punto nel cielo, situato nella prima ansa della costellazione del dragone (da qui i tanti riferimenti mitici all’uccisione del drago come prima fase dell’ascesa alla conoscenza iniziatica, basti pensare al flauto magico di Mozart) noto probabilmente agli antichi come il “malo occhio” poiché non segnato da alcuna stella, a differenza di Canopo che presiede il polo sud dell’eclittica, e poiché causa della “trans-gressione” delle stelle tutte per via della precessione. Polo nord dell’eclittica come unico punto stabile e fermo dell’universo (degli antichi), quindi origine del moto del cielo, ergo del tempo. Attorno a questo asse abbiamo i quattro pilastri della terra (piatta) ossia i solstizi e gli equinozi (coluri), come i quattro punti-momento cardine dell’intero sistema per definire un’ “era precessionale”.
Accanto a questa rappresentazione, anche il nuraghe pentalobato potrebbe avere un significato di edificio “talismano”. Quindi non certo un castello ante litteram, quanto un monumento-tempio dedicato al pianeta-dio Venere. Ma perché ricondurre il numero cinque e il pentagono al pianeta Venere? In verità anche il numero otto….
Ricordando, come precisato in altri post, che gli antichi osservavano il cielo con “senso del ritmo” alla ricerca del harmonice mundi (armonia delle sfere), avviene che ogni OTTO anni, Venere sorga per CINQUE volte eliacamente (e cinque volte tramonti eliacamente).
Ciò significa che per cinque volte, e solo quelle, in un arco di tempo pari ad otto anni, Venere si elevi dall’orizzonte in contemporanea con il sole (qualche istante prima), il quale immediatamente poi rendeva invisibile l’astro. Ciò avviene ovviamente avendo, sempre nel ciclo di otto anni, dei determinati segni dello zodiaco come sfondo e sempre nel numero di cinque (i cinque compagni di venere che spesso si trovano in tante rappresentazioni artistiche e mitiche). Tali cinque segni, rispetto ai dodici totali potevano essere uniti fra loro (immaginate una rappresentazione circolare dello zodiaco) formando un pentagono quasi regolare e quindi il pentacolo (la stella a cinque punte) come simbolo parallelo. E’ necessario premettere che benché il pentacolo sia oggi associato al culto satanico, non ha nulla da spartire con esso, o meglio si tratta di un tentativo avvenuto in epoca cristiana di screditare simbologie e culti del passato, associando questi al demoniaco. Basti citare il nome di Baal (El), nome di un diavolo nella mitologia ecclesiastica, ma sappiamo tutti essere una divinità semitica come numerose altre nelle epoche passate.
Nella Sardegna nuragica non abbiamo il pentacolo pitagorico, ma vi è un quan numero di pintadere pentapartite … tutte da studiare.
Bisogna ancora ricordare che l’orizzonte era il telescopio degli antichi e che questi erano particolarmente attratti dalle levate eliache degli astri, poiché momento ZERO capace di tenere conto dell’eventuale ciclo di un astro. In oltre, ciò che rendeva sacro il cielo era la precisione matematica che esso mostrava nell’eterno ritorno dell’uguale, ossia il cielo era l’unica dimensione CERTA su cui l’uomo antico potesse fare affidamento, l’unica dimensione in cui i suoi attori (gli astri) sapevano quello che facevano, a differenza del divenire e della caducità della vita quotidiana. Individuata una data qualsiasi entro il ciclo venusiano ora descritto, dopo otto anni a quella stessa data il pianeta si ritrovava esattamente nello stesso punto del cielo. Questo non poteva che essere un segno dell’armonia del divino per quelle genti.
Premesso ciò, è possibili andare ad analizzare più da vicino il nuraghe Arrubiu dove le sue caratteristiche architettoniche poco o nulla si prestano alla funzionalità necessaria ad un edificio pensato per fini bellici. Altri meglio di me hanno già affrontato il problema al fine di confutare (riuscendoci assolutamente, benché qualcuno faccia orecchie da mercante..) l’idea del nuraghe fortezza (…madre di ogni sciocchezza….), ma il caso dell’Arrubiu, forse meglio di altri, manifesta una pianta architettonica assimilabile a quella di un santuario-tempio. In particolare la torre G, priva di alcun ingresso ( che come fa notare Mauro e altr. si presta bene all’idea di far calare una “Pizia” dall’alto), consta di un cortile apposito privo però anche lui di un ingresso questa volta al corpo centrale del nuraghe (cortili x1 e x2 secondo la piantina desunta dal sito http://www.comuneorroli.it/sito/arrubiu.htm ), che nel gergo militaresco proprio di certi ambienti accademici continua a definirsi cortile trappola. Ossia gli sprovveduti assedianti venivano tratti in inganno dal falso ingresso (che poi non conduceva a nulla) e li trucidati. Tuttavia nel nuraghe non sono mai stati trovati segni di qualsiasi tipo di azione militare, in oltre un tale sforzo costruttivo per edificare una trappola che poteva usarsi una sola volta in tutta la vita del nuraghe??? Caduti i primi si sarebbe sparsa la voce del fatto che fosse meglio non entrare da li, poveri nuragici gli abbiamo proprio presi per fessi, manco capaci di imparare dall’esperienza.
Oppure l’evidenza è tale da portarci per un’altra strada, quella che concepisce il monumento avente un significato sacrale legato forse al feminino, la cui pianta (oltre ad essere un evidente pentagono) è divisa in due parti, una dedicata ai profani che non dovevano accedere al monumento, ma che grazie alle “feritoie” della torre G potevano comunicare con chi si trovava al suo interno(una struttura oracolare evidentemente), e l’altro ingresso che conduce alla struttura dedicato a chi officiava il culto o i riti. In questo caso il senso “talismanico” della costruzione sarebbe perfettamente coerente con il suo utilizzo.
ottimo articolo caro Fabrizio!
RispondiEliminasaluti
Mauro Peppino
Grazie Mauro!
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