venerdì 28 aprile 2017

Cronaca di bassa archeologia


di Franco Laner



Nella mia ricerca per sostenere un’ipotesi a proposito della stabilità statica  delle statue di MP avevo bisogno dei dati di caratterizzazione meccanica del biocalcare con cui sono state fatte (in particolare resistenza a compressione, trazione, modulo elastico E, poi peso specifico reale e apparente, porosità).
Circa un anno fa chiesi tali dati al laboratorio di Li Punti e mi fu indicato il resoconto contenuto nel libro “Conservazione e restauro” ed. Gangemi, 2014. Cerco e trovo solo dati di caratterizzazione geologica. Eppure, da successive ricerche, trovo che tali prove erano previste nel protocollo delle indagini necessarie.
Mi rivolgo allora all’Istituto Meucci di Roma a cui erano state affidate le prove, ma mi viene confermato che non sono state fatte prove meccaniche.
Non desisto e chiedo al Dipartimento di geologia di Cagliari se ci sono prove sul biocalcare del Sinis o di MP in particolare. Niente.
Scrivo allora al Soprintendente archeologico di Cagliari per avere dei frammenti su cui, a mie spese, poter effettuare le prove.
Dopo un lungo tira-molla, la risposta è negativa. Per loro, non esistono valide ragioni per eseguire prove meccaniche.
A dicembre 2016, espressamente, vado a Cabras e raccolgo, fuori dal recinto videosorvegliato degli scavi, diversi frammenti di biocalcare e procedo a confrontarli con le micrografie originali di MP eseguite nell’istituto Meucci per individuare i campioni da sottoporre a prove meccaniche di cui riporto in sintesi i risultati (tabella 1).

Saputo del Congresso regionale di Serri “Notizie e scavi” mando un abstract per comunicare i risultati, utili, almeno per me, alla Comunità scientifica archeologica e non solo.
Il 27 marzo la Segreteria del Congresso mi comunica di aver accettato la proposta di comunicazione e dopo alcuni giorni mi manda il programma con l’indicazione della mattina del 22 aprile per l’esposizione. Mentre mi accingo a preparare la memoria accettata e posta in programma mi giunge la seguente richiesta:
Egregio professore,
durante la revisione del programma a cura del comitato scientifico è
emersa la necessità di alcune integrazioni opportune per valutare la
sua proposta di comunicazione. Relativamente alla sua proposta di
comunicazione emerge quanto segue:
si richiede di confermare se le analisi da lei descritte siano state
realizzate su campioni prelevati dalle statue di Monte Prama. Qualora
i campioni provenissero da altro giacimento, si richiede di conoscere
il punto di estrazione e le metodologie per cui tali campioni siano
stati ritenuti perfettamente coincidenti con il calcare utilizzato per
la realizzazione delle statue.
Inoltre, dall'abstract non è chiaro la relazione tra la prova
sperimentale e le problematiche archeologiche relative alle sculture.
Si resta in attesa di cortese e sollecito riscontro.
Distinti saluti
La segreteria organizzativa
Data10 aprile 2017
Pur giudicando perlomeno strana la richiesta, dopo che il Comitato scientifico aveva accettato la memoria, ma in linea con il diniego di effettuare prove meccaniche da parte della Soprintendenza, rispondo in questo modo:
Stimata Segreteria organizzativa del Convegno,
molto volentieri rispondo alle vs gentili richieste.
I campioni che ho utilizzato non sono ovviamente -mi sembra quasi offensivo il solo pensiero- provenienti dalle statue di MP per un duplice motivo. Il primo perché sono prove distruttive e come tali sarebbe come confessare un delitto di distruzione di un reperto. Operazione che non farei nemmeno se mi fosse chiesto dalla Soprintendenza.
Il secondo motivo perché non compio furti.
Ho cercato invece dei frammenti di biocalcare che avessero la stessa caratterizzazione geologica, desunta dalle microscopie fornite dall’istituto Meucci di Roma. Ho sottoposto a prova campioni della stessa struttura micritica e sparitica e con uguali foraminferi e altri organismi marittimi come echinodermi, bivalvi, globigerine, alghe, ecc.  e anche simili per presenza di quarzo (2% desunto da diffrattogramma) e soprattutto porosimetria, peso apparente e reale. Alcune di queste micrografie vorrei proiettarle nei minuti concessimi in modo da giustificare la stessa composizione minero-petrografica dei miei campioni rispetto a quelli delle statue di MP.
La relazione fra le problematiche meccaniche e quelle archeologiche, oggetto della vs seconda domanda, saranno proprio argomento della breve relazione che sintetizza uno degli 8 capitoli di un libro ormai in fase conclusiva di impaginazione e revisione dal titolo “Indagini su MP”. I risultati di caratterizzazione meccanica di cui anticipo i risultati sperimentali nella relazione accettata, come annunciato nell’abstract e che mette in relazione le difficoltà scultoree con alcune problematiche statiche stante l’intrinseca debolezza meccanica del biocalcare, d'altronde ipotizzata nella relazione di Rockwell e Mondazzi. In altre parole ho cercato di quantificare le loro intuizioni e perplessità con dati numerici e sperimentali, ovvero con numeri e non con aggettivi.
Ancora, per giustificare la necessità di caratterizzare i parametri di resistenza a compressione, trazione per flessione e Mod. E (previsti nel protocollo di prove nel programma di restauro delle statue a Li Punti) ho potuto ad esempio verificare se fosse possibile mettere una statua del peso di 8q sopra la lastra di chiusura dei pozzetti sepolcrali senza romperla, oppure se “lo scudo avvolto”, decentrato rispetto al corpo (scavi del 2014) e quindi inducente effetti di presso-flessione sulle caviglie, potesse rompere le caviglie. Ho potuto, in sintesi, effettuare verifiche statiche di parti di statua soggette a trazione proprio servendomi dei parametri meccanici per verificare lo stato di sollecitazione delle statue supposte stanti, con gli strumenti del mio mestiere e disciplina.
Spero di aver risposto alle domande della vostra mail e comunque sono disponibile a chiarire se ancora non fosse chiaro.
L’occasione per porgere cordiali saluti. Franco laner
Venezia 11 aprile 2017

Il 12 aprile la Segreteria organizzativa mi scrive comunicandomi di aver valutato positivamente il mio contributo, ma, viste le numerose richieste di partecipazione, dalla seconda revisione del programma, si è preferito privilegiare i risultati di nuovi scavi, trasferendo la sua comunicazione a poster.
Per me c’è solo una conclusione. L’autoreferenzialità dell’archeologia sarda arriva al punto di ostacolare, con mezzi meschini, le osservazioni fornite da altre discipline e soprattutto di non voler confrontarsi. Questo capisco. La ragione di tale atteggiamento, al contrario, mi sfugge totalmente.

Franco Laner
Venezia 28 aprile 2017





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