mercoledì 11 novembre 2020

In ricordo di Antonietta Boninu

Franco Laner

Omaggio alla Signora dell’archeologia sarda


Non ci si abitua alle brutte notizie, nemmeno in tempo di Covid.

E questa, dell’improvvisa morte dell’archeologa Antonietta Boninu, mi ha davvero colto di sorpresa e profondamente rattristato.

In un attimo sono scorse nella mia mente le immagini di alcuni episodi della mia esperienza da dilettante archeologo che ritengo per me costruttivi: quelli in cui ho avuto l’archeologa sarda come interlocutrice.

Ho conosciuto Antonietta – nell’ultimo incontro alcuni anni fa a Paulilatino ci siamo dati del tu – il 4 aprile del 1998 a Ferrara, in occasione del Salone dell’arte del restauro e della conservazione dei Beni culturali e ambientali.

Questa data non è frutto di memoria – ahimè, questa capacità è per me ormai fievole – bensì è dovuta al mio diario sardo, che tutt’ora compilo, anche se sempre più di rado, in cui annoto cose significative sull’archeologia isolana. Per la verità, negli ultimi anni più che un diario di mie esperienze dirette con esperienze sul campo, ipotesi e verifiche – vado sempre più di rado in Sardegna – o registrazioni di nuovi ritrovamenti o memorie di ricercatori, è una cronaca di banalità ripetute, sempre meno rotto da focolai di contributi decenti.

Tornando al Salone di Ferrara, nel padiglione n.5, la Soprintendenza per i Beni archeologici per le provincie di Sassari e Nuoro esponeva restauri di nuraghi, di pitture di età neolitica, come quelle di Anghelu Ruju, di Monte d’Accodi e S. Andrea Priu. Commentai ad alta voce, con dissenso, l’insana operazione di rimettere in loco, sui nuraghi, pietre cadute e in particolare, poiché lo conoscevo bene, la posa in opera di conci caduti e rifacimenti arbitrari del nuraghe Sa mandra ‘e sa Jua di San Nicola ad Ozieri. Ovviamente si avvicinò la Boninu, curatrice della mostra e litigammo ferocemente, tant’è che dopo dieci minuti il padiglione era pieno di visitatori attirati dallo scambio fin troppo vivace del dibattito.

Qualche mese prima, anche con articoli sulla Nuova, avevo giudicato il restauro come un’eutanasia del monumento, poi lasciai perdere per la debolezza dell’archeologa che seguiva il rifacimento del nuraghe di Ozieri, ma con Antonietta avevo pane salato per i miei denti.

L’attaccai ancora in occasione del consolidamento, grazie al cemento armato, del pericolante e straordinario per locazione in cima ad uno sperone di roccia, del nuraghe Majore di Cheremule, che lei imperterrita, smontava e rimontava, come ebbi a scrivere in un articolo.

Altre occasioni di lite furono un paio di convegni, fino all’episodio di Li Punti durante la ricomposizione dei frammenti di Monte Prama, di cui fu la coordinatrice, quando, assieme al compianto prof. Pittau, ci mise alla porta. Sicuramente aveva una fetta di ragione, visto che rompavamo…le armonie!

Eppure ho avuto ed ho, per la Bonino, la massima stima e considerazione. Ha perseguito con tenacità e determinazione le sue convinzioni sulla civiltà nuragica, ma sapeva, e in qualche occasione me lo ha dimostrato, tener conto delle opinioni altrui e anche farle proprie e mai ha rifiutato il confronto.

Quando mi sono rivolto a lei, per consigli e problemi, mi ha trattato signorilmente e aiutato.

L’ultima cosa che le chiesi, essendo lei la responsabile del restauro dei guerrieri di Monte Prama, dove avrei potuto trovare i risultati delle prove di caratterizzazione del biocalcare delle statue previste nei fondi ministeriali per il restauro assegnati al Centro di LI Punti, mi indirizzò a chi di dovere. Sapeva che non erano mai state eseguite e voleva che la questione venisse chiarita.

Dura, inflessibile, determinata. Bellissima figura di studiosa. Questo pensavo durante il suo straordinariamente puntuale intervento a Paulilatino, il 22 giugno del 2016 in occasione di un convegno su Monte Prama che organizzai. Ci fece rivivere l’avventura della ricostruzione dei giganti, le difficoltà e le soluzioni.

Preferisco, mi confidò a Paulilatino, per i miei restauri, gli architetti ai geometri e agli ingegneri.

Grazie per la mia categoria anche se in cuor mio so che non è proprio così!

Pranzammo assieme. Non riuscii nemmeno ad offrire la pastasciutta a lei e a due sue giovani collaboratrici, che la portarono da Sassari. Ovviamente non volle nemmeno un minimo di rimborso spese!

In sintesi. Sarda e archeologa. Inflessibile con sé prima che con gli altri. Cocciuta? No assolutamente, bensì intelligentemente determinata.


Franco Laner

Venezia, 11 nov. 2020

Nessun commento:

Posta un commento