di Franco Laner
Il titolo, che di solito sintetizza il contenuto di un
articolo e che cerca anche attrazione e curiosità, poteva essere “Coriandoli su
una tabula rasa”, ma una qualche logica ricostruttiva dello scudo rotondo non
si può negare. La logica però non ammette aggettivi: o è logica o non lo è!
Lo scudo rotondo, assegnato ai “guerrieri” delle diverse
tipologie di statue ricomposte a Li Punti, è ora esposto a Cabras, nel Museo
Marongiu.
I frammenti dello scudo sono 23 e ricoprono una superficie
del 40% circa. Il 60% dello scudo, che ha un diametro di 64cm, è “vuota”,
lacunosa, direbbero i restauratori.
La ricomposizione è avvenuta tenendo conto sia
dall’accostamento di frammenti combacianti, sia avendo a mente alcuni bronzetti
nuragici di sorprendente riferimento, nell’insieme e nei particolari, come
appunto lo scudo rotondo che ricorre in diversi bronzetti (fig. 1)
Ovviamente non poteva mancare la maquette predisposta già
dai primi scavi, con la ricostruzione delle tipologie, pugilatori con scudo
intesta, arcieri , modelli di nuraghe ed ovviamente anche guerrieri (fig. 2).
Fra le numerose ricomposizioni, pugilatori, arcieri,
guerrieri, “modelli di nuraghe”, quella dello scudo rotondo può essere
considerata facile, relativamente alle maggiori difficoltà dell’assemblamento
degli altri reperti, perché i frammenti di scudo sono inequivocabili proprio
per la presenza di chevron, bordi di frammenti ad arco di cerchio, ambone,
ecc..
Fig. 2 Il disegnatore è stato assai abile: è riuscito nell’illogico compromesso geometrico di ripartire lo scudo in quattro parti con angoli inferiori a 90°, lasciando per strada 70° (complemento a 360°). Il mancato parallelismo dei lati degli chevron evidenzia l’ovvio l’insuccesso
Diamo per scontata la legittimità di questi “restauri”,
l’ispirazione a modelli assomiglianti e l’appartenenza dei frammenti
all’oggetto da ricomporre. Sia lo scudo dei bronzetti, sia quello del disegno
mostrano una quadripartizione del cerchio. Non è nemmeno difficile verificare
che i solchi dello chevron dei frammenti siano, al di là di modestissime
imperfezioni, paralleli fra loro. Pertanto l’angolo dello chevron non può che
essere di 90°. Se l’angolo dello chevron è però inferiore ai 90° posso ancora
avere la quadripartizione, ma i solchi non saranno più paralleli, bensì
incidenti, come si vede sia in fig. 2, sia in fig. 3
Gli angoli degli chevron dei frammenti, 8 in tutto, hanno
aperture dissimili (fig. 3). Ho misurato tali angoli e riportato le misure.
Tali misure non sono precise, per diversi motivi: la foto non è zenitale,
l’umbone è decentrato, il cerchio non è perfetto, io non ci vedo benissimo e
pertanto penso che l’approssimazione possa essere ± 1°-2°. L’elaborazione dei
dati, mi sia concesso di eliminare la quarta (54°) e quinta misura (56°) -per
ora- porta ad una media di 71,2° con una scarto quadratico di 3,2 e pertanto la
dispersione è bassa (4,4%) e ci dice dell’omogeneità della popolazione.
Mi sembra ovvia la conclusione: 360°/5 = 72° e pertanto lo
scudo con questi chevron è pentapartito.
I due chevron con angoli di 54° e 56°, o non appartengono
alla popolazione presa in esame (sono di un altro scudo), oppure chi ha diviso
il cerchio in 5 parti non è stato preciso! Ma la pentapartizione mi sembra
comunque dimostrata: avremo un angolo di 56° e uno di quasi 90° (83°) ma i
solchi saranno paralleli (fig. 4). Altra logica: gli chevron intorno ai 60° (mi
riferisco ai due angoli di 54° e 56°stretti) indicano la possibile
esapartizione di uno scudo. Restiamo però sulla ricostruzione dello scudo, dove
sono stati ricollocati tutti i frammenti.
Fig. 3 Scudo ricomposto a Li Punti ed esibito a Cabras. La quadripartizione comporta una molteplicità di incongruenze geometriche, come l’evidente incidenza dei segmenti dei rami degli chevron che dovrebbero essere paralleli (es. a-b, c-d, e-f,…). La quadripartizione ricostruttiva mostra angoli di 102°, 67°, 98° e 93°. Ancora, uno chevron di 68° è seguito da uno di 75° sullo stesso ramo! Davvero un pasticcio, che giustifica l’impressione di coriandoli disposti dal vento.
Perché queste puntigliose osservazioni?
Per dimostrare l’estrema pericolosità di una ricostruzione
quadripartita che ha poco di rigoroso perché gli angoli dello chevron indicano
la pentapartizione dello scudo e non la quadripartizione.
Come corollari di questa dimostrazione annoto cosa comporta
l’errata ricomposizione:
- Ovvia necessità di adattamenti dei frammenti con risultati
disastrosi sul parallelismo dei solchi (es. segmenti a, b, c, d, .. di fig. 3)
- I riferimenti alla simbolicità della divisione sono diversi:
un conto è ragionare sul numero 5 (3+2) altro sul 4. Credo che non si possa
mettere in discussione la decorazione dello scudo e la sua simbolicità, specie
propiziatoria e apotropaica
- L’estrema pericolosità della ricostruzione, che apre alla
discrezionalità e alla soggettività interpretativa e quindi a fuorvianti
deduzioni per chi studia il reperto ricostruito
- Nel caso specifico, si nota la casualità ricostruttiva. Ad
es. sullo stesso ramo, uno chevron ha un angolo di 68° e un altro di 75° (fig.
3).
Fig. 4 Tenendo conto dei 4 chevron di bordo dei reperti e del parallelismo dei suoi rami, la pentapartizione sarebbe stata come nella schizzo. Lo chevron di 83° (mancante) è il complemento a 360° della somma dei 4 angoli degli chevron reperiti. La pentapartizione avrebbe dovuto essere la maquette di riferimento della ricostruzione dello scudo, assai diversa da quella quadripartita assunta dai “restauratori”.
Si vede comunque, appena si faccia mente e occhio locale,
anche senza misurazioni, che la geometria dello scudo ricomposto è negata.
Sostenere la correttezza della ricostruzione dello scudo esibito nel Museo
Marongiu equivale ad introdurre la tesi dell’illogicità decorativa, non facile
da condividere, specie se si condivide che lo scultore non fosse un pasticcione
o un pressappochista.
La ricomposizione dello scudo è un pasticcio di logica
geometrica, sostenuto dalla voglia di rimettere in bella un oggetto per turisti
di bocca buona o semplicemente per soddisfare la vanità dei protagonisti di una
vicenda eccessivamente esaltata dai media e difesa contro ogni logica, ad
esempio i pugilatori con lo scudo sopra la testa.
Perché non ci basta quanto il tempo, grande scultore e
generoso custode, ci ha lasciato?
La resurrezione non è una categoria umana e per quanto ci si
impegni a contrastare l’ordine divino delle cose, mettiamo dunque in conto
anche la loro rovina.