lunedì 2 agosto 2010

Mito antico (e moderno) e conoscenza astronomica (I parte)

di Fabrizio Sarigu

Esiste una pubblicazione, fondamentale, conosciuta veramente da poche persone ma citata a sproposito da molti che rappresenta una pietra miliare nella storia dell’interpretazione del mito, un testo che ha il potere, pochi altri libri lo hanno, di cambiare definitivamente una visione, una rappresentazione su un argomento. Crea una vera RIVOLUZIONE (termine come vedrete più che appropriato) concettuale, una volta letto l’idea della storia dell’uomo non sarà più la stessa, andando ad allargarsi in una sorta di effetto alone anche ad altri argomenti.
Il testo di cui voglio parlarvi è il Mulino di Amleto di Giorgio De Santillana e Hertha Von Dechend, si tratta di un’opera in cui ogni parola trasuda conoscenza, per tanto difficilissimo da riassumere. Inevitabilmente al presente articolo dovranno seguirne altri, tuttavia è mia intenzione riportare almeno lo schema di base nell’analisi del mito come riportata nel libro.
Il tema è dunque il mito, a partire da quello verso cui abbiamo più familiarità ossia quello greco-romano, ma anche il mito nordico, egiziano, assiro-babilonese, cinese, maori e delle popolazioni sud e nord americane. Quindi un’ analisi comparata del mito di popoli diversi nel tempo e nello spazio, eppure accomunata da un’unica struttura di base. Cambiano gli arredi scenici, i protagonisti e alcuni particolari (il contenitore) eppure la struttura (il contenuto) è sempre quella. Ovunque nel globo l’uomo ha raccontato sempre le stesse storie cercando di realizzare quello che pare essere sempre stato l’unico vero comandamento mai seguito dall’uomo, il quale recita (ed è famigliare anche per noi): sic in coelo et sic in terra.
Il mito.
Molti autori hanno cercato di trovare la chiave di volta che possa spiegare, dipanare, la grande matassa che imprigiona i significati e i segreti nascosti nel mito, una su tutti la psicoanalisi che ha cercato nell’inconscio la chiave per dare ragione dei suoi significati. Eppure il mito pare nascondere sempre una chiave oscura e queste interpretazioni paiono non soddisfare, non placare il dubbio.
Improvvisamente però i concetti dei miti, che presentano sempre e comunque una logica interna stretta, emergono chiaramente se gli si interpreta per quello che in realtà sono, ossia il linguaggio tecnico-scientifico a disposizione degli antichi per tramandare la SCIENZA SACRA, ossia l’astronomia (anche nella sua sfumatura astrologica, scienza sacra, scienza e religione come un tutt’uno), e la poesia fu il mezzo. Così ad esempio, acquistano significato i geroglifici del libro dei morti, che gli egittologi consideravano poco più che lo sclero di qualche pazzo sacerdote e usavano dotte parole per descrivere pseudo formule magiche e religiose, parole dotte che nascondevano ignoranza grande (non ci capivano un tubo insomma) e salvavano la faccia parlando di sproloqui religiosi appunto. Analizzando i testi astronomicamente invece emergono numerosissimi termini astronomici appunto e il testo non è altro che una mappa stellare (descritta allegoricamente) che dovrà guidare l’anima del re verso il regno dei morti in sicurezza (scienza sacra, conoscenza scientifica e religione si fondono in un unicum inseparabile).
Come si può fare scienza con la poesia? Apparentemente per noi è impossibile, eppure fu proprio la poesia la prima modalità con cui la scienza fu tramandata (l’altra sono i monumenti di pietra, prima vera forma di scrittura dell’umanità). Certo gli antichi avevano una visione elitaria della scienza, pochi la dovevano capire, ma tutti dovevano saperla (la comprensione seguiva nell’iniziazione la conoscenza). Così un greco antico conosceva a memoria l’iliade e la descrizione delle alte mura di Troia, era la loro cultura d’altronde, ma pochi dovevano sapere che le mura di troia erano l’allegoria dell’eclittica e che tutta l’opera è la descrizione allegorica delle “crisi” che segnano il succedersi delle ere astronomiche (una crisi terribile per l’uomo che studiava/adorava il cielo, tutti i riferimenti saltavano, i coluri erano da ricalcolare, le stelle tutte trasgredivano) e la guerra (fra uomini, fra dei, fra animali) era il linguaggio tecnico per esprimere una realtà scientifica studiata come tale, la lotta fra le forze della staticità (i Deva) e le forze del movimento (gli Asura) che davano vita al fenomeno della precessione degli equinozi. Si parlava esplicitamente di una cosa (essoterismo) ma chi aveva le chiavi sapeva quale fosse il significato nascosto per i pochi (esoterismo). Questa è la visione della scienza per gli antichi, non c’era spazio per la democrazia, era tesoro (il TESORO) di pochi e così doveva essere. Ancora vi sembra strano fare scienza col linguaggio della poesia? Eppure Parmenide tramandò la sua filosofia sotto forma di poema filosofico, Platone si serviva dei miti (nobili menzogne) e ancora Lucrezio scrisse il de rerum natura. Il poeta allora era sommo non perché tecnico nella sua arte, ma perché i suoi temi erano LA SCIENZA SACRA ( espressa in allegoria esoterica) che doveva saper maneggiare per poter fare DOTTA POESIA. E Dante dove lo vogliamo lasciare? Ci sarà tempo anche per analizzare la divina commedia nel suo significato esoterico (livello nascosto di lettura).
La tesi di De Santilana (epistemologo, professore di storia della scienza presso il MIT ) è semplicemente questa, il mito come linguaggio con cui gli antichi tradussero le loro conoscenze del cielo e le tramandarono ai posteri in modo che le stesse arrivassero solo a chi era “destinato” a riceverle, ma allo stesso tempo patrimonio inconsapevole di tutti.
Precisato questo, prossimamente cercheremo di evidenziare il sistema delle conoscenze astronomiche degli antichi e come questo sistema sia stato incastonato nel mito.

6 commenti:

  1. Signor Sarigu, credo che lei si sia cacciato in un bel guaio, riuscire a riassumere "il Mulino di Amleto" in uno spazio di questo tipo vuol dire avere, perlomeno, una capacità di sintesi pari a quella degli antichi scienziati-teologi che confezionarono i miti, tenendo però presente però che quest'ultimi hanno avuto il vantaggio di aver avuto, in alcuni casi, il contributo di generazioni di pensatori. Comunque vada, mi complimento con lei per il coraggio avuto e invito tutti quelli che hanno una qualche curiosità verso l’astronomia antica e il ruolo che essa può aver avuto nella formazione delle cosmologie, di leggersi il saggio di De Santillana e Von Dechend. Esso pone il lettore in una visuale prospettiva diversa da quella canonica, dall’angolo da cui i due studiosi (di sterminata cultura) invitano i lettori a guardare i miti, quest’ultimi appaiono come delle fiabe che contengono raffinate conoscenze astronomiche. Sono felicemente sorpreso che qualcuno abbia deciso di cercare divulgare il contenuto di questo eccezionale saggio e sono convinto che tutti quelli che avranno lo stimolo o la pazienza di arrivare alla fine del libro, non potranno che giovarsi della sua lettura, perché in essa vi sono considerazione che possono interessare tanto lo storico delle religioni, l’antropologo o l’archeologo o chiunque abbia un minimo d’interesse per il processo evolutivo del pensiero umano, tenendo ovviamente presente che come tutte le rivoluzioni, anche questo saggio, porta con se i suoi effetti collaterali (di cui discuteremmo in seguito). Per quanto mi riguarda cercherò nel mio piccolo di darle una mano, perché sono del parere che questo libro andrebbe letto da tutti quelli che per un verso o per l’altro si occupano del mondo antico.

    RispondiElimina
  2. caro Fabrizio,
    il libro di de Santillana e di Von Dechend è senz'altro uno di cui libri che ritengo fondamentali per capire la visione del mondo degli antichi e dunque anche dei nuragici.
    Mi viene difficile pensare che si possa capire il mondo nuragico senza conoscere il Mulino di Amleto.

    RispondiElimina
  3. Caro Cyrano,
    oltre ad aiutare Fabrizio nella illustrazione della teoria di de Santillana perchè non inizi col scrivere dei bei post che trattino della funzione dei nuraghi.


    PS: all'albatros farà molto piacere!

    RispondiElimina
  4. Cyrano hai perfettamente ragione, voler riassumere il mulino di Amleto è un'impresa titanica, quasi come se mi chiedeste da domani di svegliarmi e costruire un nuraghe...

    Però come noti tu e come nota Mauro, questo libro rappresenta le fondamenta di qualsiasi studio voglia esplorare l'evoluzione del pensiero scientifico umano.

    Io nel mio piccolo mi pongo un obiettivo in questo caso, dare qualche pennellata ( anche perchè di più non saprei come fare)affinchè chi legge si incuriosisca quel tanto per poi affrontarne la lettura con impegno e da li partire per nuove scoperte.

    Qualsiasi aiuto vogliate darmi sarà più che gradito.

    Grazie a tutti

    Fabrizio

    RispondiElimina
  5. Signor Fabrizio,
    sa che il libro da lei segnalato mi ha incuriosita? Penso di leggerlo ed eventualmete chiedere chiarimenti non essendo un'esperta del settore ma solo un'appassionata.
    Grazie per la segnalazione.
    Isabel

    RispondiElimina
  6. Grazie Isabel...

    sono molto felice di esserci riuscito, disponibile per ogni chiarimento.

    Buona lettura

    Fabrizio

    RispondiElimina