lunedì 28 novembre 2011

Sulcis: fondazione e toponimo nuragici

di Massimo Pittau


In miei studi precedenti sui “macrotoponimi” della Sardegna avevo sostenuto, circa il toponimo Sulcis (antico nome di Sant’Antioco), una certa tesi, che in parte ho revisionato in una mia opera recente. Oggi ritorno a quella mia tesi iniziale e ciò in virtù del fatto che ritengo di avere decifrato e tradotto un vocabolo etrusco, che compare nel famoso “Libro della Mummia di Zagabria” e del quale do la spiegazione in una mia ampia opera sulla lingua etrusca, di imminente pubblicazione («I Grandi Testi della Lingua Etrusca tradotti e commentati», Carlo Delfino Editore, Sassari 2011). Pertanto la mia tesi ultima sul toponimo e pure sull’insediamento umano dell’antico Sulcis è il seguente.
««Sulcis - Attualmente indica tutta la parte sud-occidentale dell'Isola, mentre nel Medioevo e in età moderna ha indicato una diocesi, che ebbe come capoluogo prima Sant'Antioco, dopo Tratalias e infine Iglesias. In virtù di quest'ultima circostanza il coronimo è citato molto per tempo e numerose volte nei documenti medioevali.
Esso deriva dal nome originario di Sant'Antioco, che è citato come Sulci da Claudiano (V, 518), dall'«Itinerario di Antonino» (84), dalla Tavola Peutingheriana e dall'Anonimo Ravennate; come Sulcis (da interpretarsi come un locativo plur.) è citato da Mela (II, 19); come Sólkoi da Tolomeo (III 3, 3); Soûlchoi da Strabone (V 2, 7); Sylkoi da Pausania (X 17, 9) e da Stefano di Bisanzio; Solkói da Artemidoro, in Stefano di Bisanzio (581,7-8; 591 M s. vv.); Soúlkes da Leone il Saggio (Patrologia Graeca, CVII c. 344).
Io sono dell’avviso che il toponimo sia sardiano o protosardo e sia da connettere con l’appellativo etrusco SULΧVA «solchi» (Liber X 17) (plur.) (da cui dopo è derivato il lat. sulcus) (LEGL 69; DICLE 166).
A mio avviso l’antico insediamento traeva molta della sua importanza dal “solco o canale” o anche dai “solchi o canali” che tagliavano l’istmo che unisce l’isola di Sant’Antioco alla Sardegna propriamente detta, canali che costituivano altrettanti "passaggi" per le navi che costeggiavano la Sardegna, anche per evitare il lungo e pericoloso periplo delle isole di Sant'Antioco e di San Pietro. I «canali» dell'istmo dunque saranno stati più d'uno, in quanto saranno stati usati variamente a seconda del frequente interramento provocato dallo spirare dei venti e dal movimento delle correnti marine. Sul principale di questi canali in età romana è stato costruito quel ponte che rimane tuttora (OPSE 159, 269).
Hanno quasi certamente errato alcuni archeologi recenti che, senza darne alcuna prova, hanno parlato di "istmo artificiale" di Sulci: al contrario l'istmo sembra costituitosi in epoca molto antica, come dimostra anche il fatto che nella sua parte centrale si trovano ancora in posizione eretta due pedras longas o pedras fittas (menhirs) di epoca prenuragica.
A differenza della città di Sulci, nell’antichità l'isola veniva chiamata, come risulta dal geografo greco-alesandrino Tolomeo (III 3, 8), Molibódes nésos «Isola plumbea», evidentemente per i suoi giacimenti di piombo. Ma questa sarà stata la traduzione greca di una precedente locuzione sardiana o protosarda, che ormai a noi risulta sconosciuta»».
Questo avevo scritto riguardo a Sulcis, quando ho avuto la soddisfazione di leggere nella recente opera di Piero Bartoloni, «I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna» (Sassari 2009): (pag. 62) «Sulky, certamente di fondazione nuragica», (pag. 81) «abitanti Sulcitani di origine nuragica», (pag. 77) «nome Sulky, forse di origine non fenicia».
Da parte mia aggiungo che nell’isola di Sant’Antioco si trovano tuttora i resti di ben 23 nuraghi, prova evidente che essa era intensamente abitata sia per i suoi giacimenti di piombo sia per l’abbondanza di pesci, compresi i tonni, nelle sue coste.
Fenici e Cartaginesi sono arrivati nell’isola quattro o cinque secoli dopo.
A proposito degli Etruschi mi piace citare un fatto quasi del tutto sconosciuto agli studiosi sardi: nel Lazio è stata rinvenuta una tessera ospitale d’avorio in figura di leone (del sec. VI a. C.), la quale riporta l’iscrizione etrusca ARAZ SILQETENAS SPURIANAS «(tessera) di Arunte Sulcitano (ospite) di Spurianio» (ET, La 2.3 - 6:). SILQETENA(-S) «(di) Sulcitano» è un cognomen masch. in genitivo, da confrontare col lat. Sulcitanus = "nativo od originario di Sulcis" (in Sardegna) (alternanze i/u, e/i, a/e; DICLE 13). I due individui dunque si erano legati da obblighi di reciproca ospitalità nelle rispettive residenze (DETR 375; DICLE 166).
Oltre a ciò ricordo che qualche tempo fa a Sant’Antioco è stata rinvenuta una lapide funeraria, che contiene una iscrizione etrusca; non mi risulta però che sia stata già interpretata e nemmeno pubblicata (vedi M. Pittau, Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monte Prama, I ediz. 2008, II ediz. 2009, Sassari, EDES, pag. 65, fig. 7).

1 commento:

  1. Salve Professore
    Seguo con grande interesse i suoi scritti e mi impressiona la sua capacità di trovare soluzioni “semplici” a problemi in apparenza insormontabili, quali il dare significato ad antichi nomi di città ricorrendo spesso a parole ben note.
    Per quanto riguarda Sulci è possibile che il significato della parola in origine fosse davvero quello da lei prospettato, ma è molto probabile che nulla avesse a che fare con i canali in area S.Antioco per il semplice motivo che il toponimo non indicava in origine l’isola o la città di S.Antioco. La città di Sulci (il centro principale della regione chiamata sulcitana già in epoca antica) infatti non era situata nell’isola di S.Antioco ma in prossimità di Portoscuso e, con molta probabilità, nell’area di Portovesme, dove ancora oggi, nonostante i disastrosi effetti dell’onda dell’industrializzazione selvaggia, scavi archeologici mirati potrebbero confermare quanto sopra. A Sant’Antioco doveva invece sorgere il tolemaico Portus Sulcitanus.
    Ritengo di aver dimostrato la cosa per quanto possibile con le informazioni disponibili e accessibili, nel libro scritto con l’amico Gabriele e pubblicato nel 2005.
    La Sulci della costa orientale sarda ricordata nell’Itinerarium Antonini potrebbe essere stata una “colonia” di quella più famosa ma se così non fosse bisognerebbe dimostrare che il significato da lei proposto calzi anche per questa.
    Saluti, mario cabriolu

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