mercoledì 10 agosto 2016

L'insostenibile ricomposizione dei reperti. Il caso dello scudo rotondo di Monte Prama

di Franco Laner

 Fig. 1. Lo scudo rotondo con chevron dei bronzetti è perfettamente quadripartito e gli angoli sono ovviamente di 90° (Bronzetto da Teti, località Abini e da Padria)

Il titolo, che di solito sintetizza il contenuto di un articolo e che cerca anche attrazione e curiosità, poteva essere “Coriandoli su una tabula rasa”, ma una qualche logica ricostruttiva dello scudo rotondo non si può negare. La logica però non ammette aggettivi: o è logica o non lo è!
Lo scudo rotondo, assegnato ai “guerrieri” delle diverse tipologie di statue ricomposte a Li Punti, è ora esposto a Cabras, nel Museo Marongiu.
I frammenti dello scudo sono 23 e ricoprono una superficie del 40% circa. Il 60% dello scudo, che ha un diametro di 64cm, è “vuota”, lacunosa, direbbero i restauratori.
La ricomposizione è avvenuta tenendo conto sia dall’accostamento di frammenti combacianti, sia avendo a mente alcuni bronzetti nuragici di sorprendente riferimento, nell’insieme e nei particolari, come appunto lo scudo rotondo che ricorre in diversi bronzetti (fig. 1)
Ovviamente non poteva mancare la maquette predisposta già dai primi scavi, con la ricostruzione delle tipologie, pugilatori con scudo intesta, arcieri , modelli di nuraghe ed ovviamente anche guerrieri (fig. 2).
Fra le numerose ricomposizioni, pugilatori, arcieri, guerrieri, “modelli di nuraghe”, quella dello scudo rotondo può essere considerata facile, relativamente alle maggiori difficoltà dell’assemblamento degli altri reperti, perché i frammenti di scudo sono inequivocabili proprio per la presenza di chevron, bordi di frammenti ad arco di cerchio, ambone, ecc..


Fig. 2 Il disegnatore è stato assai abile: è riuscito nell’illogico compromesso geometrico di ripartire lo scudo in quattro parti con angoli inferiori a 90°, lasciando per strada 70° (complemento a 360°). Il mancato parallelismo dei lati degli chevron evidenzia l’ovvio l’insuccesso

Diamo per scontata la legittimità di questi “restauri”, l’ispirazione a modelli assomiglianti e l’appartenenza dei frammenti all’oggetto da ricomporre. Sia lo scudo dei bronzetti, sia quello del disegno mostrano una quadripartizione del cerchio. Non è nemmeno difficile verificare che i solchi dello chevron dei frammenti siano, al di là di modestissime imperfezioni, paralleli fra loro. Pertanto l’angolo dello chevron non può che essere di 90°. Se l’angolo dello chevron è però inferiore ai 90° posso ancora avere la quadripartizione, ma i solchi non saranno più paralleli, bensì incidenti, come si vede sia in fig. 2, sia in fig. 3
Gli angoli degli chevron dei frammenti, 8 in tutto, hanno aperture dissimili (fig. 3). Ho misurato tali angoli e riportato le misure. Tali misure non sono precise, per diversi motivi: la foto non è zenitale, l’umbone è decentrato, il cerchio non è perfetto, io non ci vedo benissimo e pertanto penso che l’approssimazione possa essere ± 1°-2°. L’elaborazione dei dati, mi sia concesso di eliminare la quarta (54°) e quinta misura (56°) -per ora- porta ad una media di 71,2° con una scarto quadratico di 3,2 e pertanto la dispersione è bassa (4,4%) e ci dice dell’omogeneità della popolazione.
Mi sembra ovvia la conclusione: 360°/5 = 72° e pertanto lo scudo con questi chevron è pentapartito.
I due chevron con angoli di 54° e 56°, o non appartengono alla popolazione presa in esame (sono di un altro scudo), oppure chi ha diviso il cerchio in 5 parti non è stato preciso! Ma la pentapartizione mi sembra comunque dimostrata: avremo un angolo di 56° e uno di quasi 90° (83°) ma i solchi saranno paralleli (fig. 4). Altra logica: gli chevron intorno ai 60° (mi riferisco ai due angoli di 54° e 56°stretti) indicano la possibile esapartizione di uno scudo. Restiamo però sulla ricostruzione dello scudo, dove sono stati ricollocati tutti i frammenti.


Fig. 3 Scudo ricomposto a Li Punti ed esibito a Cabras. La quadripartizione comporta una molteplicità di incongruenze geometriche, come l’evidente incidenza dei segmenti dei rami degli chevron che dovrebbero essere paralleli (es. a-b, c-d, e-f,…). La quadripartizione ricostruttiva mostra angoli di 102°, 67°, 98° e 93°. Ancora, uno chevron di  68° è seguito da uno di 75° sullo stesso ramo! Davvero un pasticcio, che giustifica l’impressione di coriandoli disposti dal vento.

Perché queste puntigliose osservazioni?
Per dimostrare l’estrema pericolosità di una ricostruzione quadripartita che ha poco di rigoroso perché gli angoli dello chevron indicano la pentapartizione dello scudo e non la quadripartizione.
Come corollari di questa dimostrazione annoto cosa comporta l’errata ricomposizione:
-   Ovvia necessità di adattamenti dei frammenti con risultati disastrosi sul parallelismo dei solchi (es. segmenti a, b, c, d, .. di fig. 3)
-   I riferimenti alla simbolicità della divisione sono diversi: un conto è ragionare sul numero 5 (3+2) altro sul 4. Credo che non si possa mettere in discussione la decorazione dello scudo e la sua simbolicità, specie propiziatoria e apotropaica
-   L’estrema pericolosità della ricostruzione, che apre alla discrezionalità e alla soggettività interpretativa e quindi a fuorvianti deduzioni per chi studia il reperto ricostruito
-   Nel caso specifico, si nota la casualità ricostruttiva. Ad es. sullo stesso ramo, uno chevron ha un angolo di 68° e un altro di 75° (fig. 3).

Fig. 4 Tenendo conto dei 4 chevron di bordo dei reperti e del parallelismo dei suoi rami, la pentapartizione sarebbe stata come nella schizzo. Lo chevron di 83° (mancante) è il complemento a 360° della somma dei 4 angoli degli chevron reperiti. La pentapartizione avrebbe dovuto essere la maquette di riferimento della ricostruzione dello scudo, assai diversa da quella quadripartita assunta dai “restauratori”.

Si vede comunque, appena si faccia mente e occhio locale, anche senza misurazioni, che la geometria dello scudo ricomposto è negata. Sostenere la correttezza della ricostruzione dello scudo esibito nel Museo Marongiu equivale ad introdurre la tesi dell’illogicità decorativa, non facile da condividere, specie se si condivide che lo scultore non fosse un pasticcione o un pressappochista.
La ricomposizione dello scudo è un pasticcio di logica geometrica, sostenuto dalla voglia di rimettere in bella un oggetto per turisti di bocca buona o semplicemente per soddisfare la vanità dei protagonisti di una vicenda eccessivamente esaltata dai media e difesa contro ogni logica, ad esempio i pugilatori con lo scudo sopra la testa.
Perché non ci basta quanto il tempo, grande scultore e generoso custode, ci ha lasciato?
La resurrezione non è una categoria umana e per quanto ci si impegni a contrastare l’ordine divino delle cose, mettiamo dunque in conto anche la loro rovina.

14 commenti:

  1. Complimenti Franco! Bello ed essenziale! Un ulteriore elemento che testimonia l'ignoranza in geometria degli archeologi sardi!
    Ora che faranno? La smontano e la rimontano o metteranno la testa sotto la sabbia e faranno finta di niente?

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    1. Non è giusto generalizzare, parlando di "ignoranza in geometria degli archeologi sardi!".

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    2. Complimenti per il tocco di classe e per la lezione di stile. A me pare che voi non siate magari così ignoranti, ma di sicuro molto cafoni. A parte il fatto che nell'articolo l'unico vero argomento vincolante è quello del simbolismo, il 5 come 2+3, e non mi pare si tratti di geometria, vi brucia così tanto che, in casa loro e riguardo alla loro storia, gli "archeologi sardi" (chi sono? quanti sono? a chi vi riferite?) non seguano le vostre teorie? L'articolo è interessante come teoria ma anche saccente, da "maestrina", e si conclude male tirando fuori questioni che non c'entrano (gli scudi dei "pugilatori", che in effetti potrebbero anche essere semplicemente guerrieri) e parlando di presunta "vanità" dei protagonisti ed "eccessiva esaltazione" da parte dei media. A me pare che vanitoso ed esaltato sia qualcun altro, e ciò mina alla base la fiducia nei confronti di chi parla di "archeologi sardi ignoranti" e ne azzera l'attendibilità.

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    3. caro anonimo delle quattro meno un quarto, le assicuro che gli archeologi sardi, almeno negli ultimi 25 anni hanno dato ampia prova , e continuano a darne, di essere tremendamente ignoranti i geometria, non mi è mai sembrato utile fare una graduatoria.
      il caso in questione è emblematico sul fatto che hanno tremende difficoltà a distinguere una figura pentapartita da una quadripartita, al di là del macroscopico errore fatto dai restauratori nessun archeologo sardo si è accorto dell'errore.
      riguardo al simbolismo è altra questione, l'oggetto del discorso riguarda dei restauri fatti male di chi scambia i capitelli per modelli di nuraghi, inventandosi fantasmagorici nuraghi a terrazzo quadrato! che rappresenta una corbelleria al cubo!

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  2. Faranno carte false per dimostrare che ciò che è stato fatto è giusto. E screditeranno a più non posso chi nota le inefficienza. "Nessuno tocchi Caino"

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  3. Scusi, Franco, per accrescere la cultura credo sia molto utile fornire informazioni. L'aspetto della critica, per quanto fondata, rischia di creare problemi di fiducia nei confronti della stessa persona che adotta questa modalità di comunicazione, laddove sarebbe invece auspicabile una predisposizione al dialogo, allo scambio, alla collaborazione e quant'altro possa contribuire ad abbattere i muri dell'ignoranza a beneficio della verità.

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    1. Ale Mura, mi pare che l'articolo di Laner sia molto posato, pare evidente che i restauratori nel ricostruire lo scudo hanno dato prova di pressapochismo...
      molte ricostruzioni dei Monte Prama sono dei veri e propri frankenstein assemblati con pezzi appartenenti a diverse statue e nessun archeologo protesta... in questo sta il vero scandalo

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  4. Cercare il dialogo con chi da più di 25 anni non ha mai tenuto in conto osservazioni logiche e di buon senso non è facile, anche se non impossibile. Il senso della nota sull'illogica ricostruzione dello scudo rotondo è la dichiarazione -di parte se vuole, ma sono in buona compagnia, anche istituzionale- che ricostruire, ricomporre, rimettere in bella, è un'operazione incolta, pericolosa, spesso irreversibile che ogni Carta del restauro respinge...
    Comunque la mia critica, non mi pare sia offensiva, è carica di rammarico da una parte, e di evidenza dall'altra. I numeri aiutano molto a comprendere ciò che ogni osservatore percepisce appena faccia stazione sui frammenti accostati. I frammenti hanno due semplici caratteristiche: il parallelismo dei rami degli chevron e l'ampiezza degli angoli, tutti inferiori a 90°, per cui la ripartizione non può essere in 4 parti, pena il pasticcio compositivo, disarmonico, incasinato che offre lo scudo ricomposto.
    Ma questo è solo l'anticipo per parlare della ricomposizione delle statue...dove le incongruenze sono ben peggiori e devastanti
    Ha ragione Giusy Perra quando scrive che questa osservazione sarà solo un'occasione in più per screditare e deridere.
    Ma ormai ho fatto il callo. Anzi è proprio ciò che cerco!

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  5. Questo post ha collezionato numeri da record! 1700 circa visualizzazioni nelle prime tre ore, e ora siamo a 3296 in appena 18 ore...

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  6. Da notare che il numero 72 ricorre, in tutte le antiche civiltà, a codificare la precessione degli equinozi, in particolare occorrono circa 72 anni per la rotazione di 1 grado e 72x360 = 25920 anni per l'intero ciclo precessionale. A mio modesto parere non è casuale la scelta di suddividere lo scudo in 5 parti di 72 gradi.

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  7. Ma per piacere! Cosa c'entra? e se avessi diviso l'angolo retto in centesimi, anziché in gradi, cosa le avrebbe suggerito 400/5 = 80? Oppure pensa chi ha diviso in 5 l'angolo giro sapesse che erano 72° ? Stia al ragionamento, non alla fantasia.

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    1. Guardi, non sono in grado stabilire quali fossero le conoscenze di chi ha scolpito lo scudo, lei si?. Di sicuro la suddivisione in 360 gradi dell'angolo giro risale a tempi antichissimi, ben prima di Talete (600 a.c.) a cui viene tradizionalmente attribuita. Poi i motivi per suddividere lo scudo in 5 parti possono essere molteplici, io mi sono limitato a suggerirne uno che mi sembrava plausibile e....mi creda, non ho molta fantasia.

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    2. Sono felice che lei non abbia fantasia. La fantasia è una patologia dell'immaginazione.
      Legga E.A. Poe e capirà che è meglio non invocare mai la fantasia. parli di immaginazione

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    3. Grazie per il consiglio, cercherò di leggerlo. Riguardo alla mia osservazione sulla precessione ho tratto spunto dal saggio di Giorgio de Santillana "Il mulino di Amleto"

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