lunedì 8 luglio 2024

Ancora su Accabadora

di Franco Laner

L’amico Paolo Littarru mi ha segnalato la recente recensione su Sardegna Antica, prestigiosa rivista di archeologia diretta da Giacobbe Manca, del mio Accabadora del 1999, edito da Franco Angeli e mi ha chiesto un commento che obtorto collo, esprimo. Appunto malvolentieri, perché pieno di inesattezze, a partire dal lessico improprio e soprattutto da una malcelata cattiveria alla quale preferirei rispondere col silenzio e ignorando gli autori, Feo e Manca. Spiego perché gli autori siano due, anche se uno solo si firma.

Durante un seminario sulle costruzioni di legno in Piemonte – esattamente non ricordo l’anno, più o meno 2008-2010, ma non voglio perdere tempo a rivedere i miei diari – c’era un giovane ingegnere che mostrava un suo progetto con il legno lamellare, di nome Andrea Costa.

  • Sei sardo? –

  • Sì! – mi rispose

  • Per caso conosci Giacobbe Manca?

  • Sì! – affermò ancora

Con grande imbarazzo mi disse che Manca gli aveva chiesto di firmare una lettera al direttore nella quale criticava Accabadora e che lo stesso Manca aveva scritto per la sua rivista “Sardegna antica”. Anzi Manca gli chiese di dichiararsi studente di architettura, anziché di ingegneria, quasi che per sputtanare un prof. ordinario bastasse uno studentello.

Mi chiese umilmente scusa.

Ebbi compassione del giovane ingegnere e disprezzo per Manca.

Nello stesso numero il direttore scrisse anche la recensione di Accabadora, firmata ovviamente da un altro prestanome.

Ora, a distanza di 25 anni, leggo una nuova recensione di Accabadora, apparsa nell’ultimo numero di Sardegna Antica dello stesso tono della precedente. Ancora gli sto così a cuore? Che miseria!

Nel frattempo sono tornato sull’argomento della tecnologia costruttiva dei nuraghi con altri libri, ad esempio Sa ‘ena (2011) e recentemente con Nuraghi, sillabe del cosmo (2023), rivedendo, alla luce di nuovi studi alcune questioni di Accabadora, confermando comunque la tecnologia costruttiva basata sugli stati di coazione, l’orientamento astrale dei nuraghi, con la finalità di cosmizzare, all’uscita del neolitico, due importanti categorie come tempo e spazio.

Torno alla recensione attuale e mi chiedo quale possa essere lo scopo di criticare un libro di 25 anni fa, con le stesse ignoranti osservazioni.

Mi piace pensare che sia una situazione in cui si avverano i presupposti sociali che portarono al noto proverbio: la lingua batte dove il dente duole!

Scrivono gli autori:

La pietra resiste a compressione 10 volte più che alla trazione”(mi citano e io riconfermo), ma Laner non prende in alcuna considerazione la torsione, che è quella forza che spezza gli architravi gravati in modo diseguale alle estremità di una finestrella”…

Un elemento strutturale può essere sollecitato a compressione, trazione, taglio, flessione e torsione e/o combinazione di queste azioni.

Impossibile, assolutamente impossibile, che l’architrave si rompa per torsione. Si rompe per trazione dovuta alla flessione, data da una coppia che agisce all’estremità nel piano parallelo dell’asse longitudinale, ma mai per torsione data da una coppia che agisce nel piano normale all’asse.

Mi chiedo se un urologo – penso sia il mestiere di Feo - starebbe a sentire uno che confonde l’uretra con la vescica o con le ovaie.

Per la stessa ragione mi chiedo perché devo dar peso a chi confonde la trazione con la torsione?

Triste Feo.

È altresì curioso, direi patologico, che citino Mauro Peppino Zedda come ottimo vignaiolo piuttosto che come archeoastronomo; considerando che i suoi studi sono pubblicati in prestigiose riviste scientifiche internazionali. Logica vuole che debba essere considerato come un autorevole studioso della materia. L'archeoastronomia è una disciplina che aiuta a spiegare le relazioni geometriche e la geometria dei nuraghi. Lapalissiano per chi abbia voglia di capire.

Comunque grazie alla nuova recensione mi sono divertito alle spalle dell’ignoranza, cosa che non è etico fare, ma mi è venuto spontaneo!


Franco Laner

Venezia, 04 luglio 2024

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