martedì 21 settembre 2010

Quella nuragica è un'architettura irrazionale?

di Mauro Peppino Zedda

Per quanto paradossale possa sembrare, lo spazio interno dei nuraghi rappresenta una questione assai trascurata dagli studi. Tra le poche analisi concernenti l’argomento, Lilliu afferma: «Nel rapporto massa costruttiva-vuoto, si osserva la tendenza continua, anche se lenta e prudente, all’ampliamento dello spazio. Tuttavia, in nessun caso il vuoto giunge a valorizzare il senso e l’effetto massiccio che domina, rude e sovrano, l’essenziale semplicità primitiva del nuraghe. Da un calcolo fatto su 25 torri che presentano diametri medi di m 11,24 di volume e m 4,08 di vano, con proporzione approssimata tra le due dimensioni di 2,75, si ricava un indice medio di massa-spazio di 1,76. Ossia la somma dello spessore dei muri, misurati nella base della sezione diametrale, è di 1,76 volte maggiore rispetto al vuoto della camera a falsa volta» (Lilliu 1988).
Che nel costruito nuragico vi sia una lenta e prudente tendenza all’ampliamento dello spazio è una idea totalmente infondata. Non si riscontra nessun interesse ad ampliare lo spazio calpestabile in proporzione alla massa muraria.
Viceversa si può oggettivamente affermare che nella plurisecolare tradizione costruttiva nuragica vi sia un miglioramento delle modalità costruttive, che si esplicano nel riuscire a costruire nuraghi dove la messa in opera dei massi raggiunge degli alti livelli di raffinatezza.
Immutato rimane anche il modello architettonico. Una immutabilità che per Lilliu è figlia di una speciale vocazione militare, mentre per altri testimonia e attesta una valenza sacrale-simbolica della torre nuragica (Pittau 1977; Zedda 1992, 2004, 2009; Laner 1999).
All’analisi degli spazi interni Lilliu ha dedicato poche righe che comunque pare siano risultate assai convincenti per i suoi successori.
Nell’esame degli spazi della torre nuragica Lilliu si limita ad analizzare il rapporto di proporzioni che vi è tra i diametri della torre e di camera, trascurando quello più interessante e cioè il rapporto tra il vuoto e il pieno in termini di superficie e di volume. Nella misura media da lui proposta, cioè una torre avente una pianta con un diametro di 11,24 m e un diametro di camera di 4,08 m, possiamo calcolare che la torre occupa una superficie pari a 99,17 m², mentre la camera ne occupa soli 13,06 m². Dunque una torre nuragica mostra uno spazio fortemente sbilanciato a favore delle masse murarie, che occupano più del 86% della superficie totale, pari a 7,61 volte l’area calpestabile.
L’analisi degli spazi dei monotorre e torri centrali dei nuraghi complessi su un largo campione è stata recentemente eseguita dall’architetto Danilo Scintu (2003). Sulla base delle sue misure pare che il diametro medio di torre possa identificarsi in 12 m mentre quello di camera in 4,2 m.
Dunque un nuraghe monotorre di 12 m di diametro occupa una superficie di 113 m²; mentre la camera occupa solo 13,84 m² (420 cm di diametro); con un’altezza di 10 m il volume è pari a 1000 m³; di cui di 900 m³ di massi ciclopici del peso di 20 quintali a m³.
I nuraghi complessi hanno un rapporto ancora più sbilanciato a favore degli spazi pieni. Prendiamo per esempio Su Nuraxi di Barumini: con 620 m² di ingombro totale, presenta 60 m² di cortile, 70 m² di spazio coperto calpestabile nelle cinque camere voltate a cupola e 490 m² occupati dalla muratura. I 60 m² di cortile hanno la funzione di raccordare le quattro tholos delle torri periferiche, dunque lo spazio “utile” si riferisce a 70 m² su 620 m² di ingombro (muratura e cortile). Lo spazio occupato dalle murature è pari all’80%, quello delle camere 11,2% e quello del cortile il 9,8%.
Ho virgolettato la parola utile perché non è esatto pensare che l’utilità riguardi soltanto i 70 m² coperti, l’utilità riguarda l’intero edificio.
Ancor maggiore è lo sbilanciamento tra spazi vuoti e pieni che caratterizza i nuraghi a corridoio.
Come vediamo le dimensioni dei nuraghi sono tutt’altro che mastodontiche, ciò che li rende possenti e monumentali sono le caratteristiche dei conci con cui sono stati costruiti, conci ciclopici che nelle parti basali superano i 2 m³ di volume e ci fanno interrogare sul valore delle tecniche di spostamento e sollevamento utilizzate.
Riguardo alla dimensione degli spazi interni rispetto allo sforzo costruttivo generale, ecco come si è recentemente espressa Marisa Ruiz-Galvez (2005: 31): «... comprender la densidad de este tipo de costrucción ciclópea che son las nuraghi, caracterizadas por elevata altura de sus torres y la, en aparencia al menos, gran inversion de trabajo en relació con el escaso espacio habitable interior de muchas de ellas. Algo aparentemente tan ilógico desde nuestros paràmetros modernos, que ha llevado a algùn autor a hablar de arquitectura irracional». Provo una grande amarezza nel constatare che l’irrazionale interpretazione di Taramelli e Lilliu del nuraghe la si stia trasferendo allo spirito costruttivo dei nuragici.
Le irrazionali conclusioni di Lilliu e dei suoi pedissequi discepoli si stanno scaricando sulle spalle dei nuragici che vengono etichettati come dei poveri Sisifo impegnati in sforzi enormi per costruire degli edifici mastodontici con risibili spazi abitabili.
Inviterei a frequentare un corso di filosofia della scienza coloro che per spiegare la funzione del nuraghe vanno a postulare una presunta irrazionalità del gesto costruttivo in quanto non aderente alla funzione che gli hanno aprioristicamente attribuito.
É triste assistere ad una situazione in cui vengono interpretate come irrazionali le scelte costruttive invece di prendere atto che è l’interpretazione del nuraghe nella sfera del profano ad essere irrimediabilmente irrazionale.

9 commenti:

  1. Caro Peppino,
    ritengo che le stesse parole possano essere utilizzate se la funzione fosse templare. Quale edificio religioso, in tutto il mondo, rispetta la razionalità da te proposta?
    Non sappiamo quali fossero gli usi dei nuragici...come possiamo dubitare della loro razionalità?
    Se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo, è più razionale irrobustire un sistema difensivo, e non un tempio.
    Ciò che traspare dalla tua analisi, e mi vede d'accordo, è che questi luoghi non erano abitabili per lungo tempo. Sono bui, piccoli e funzionali solo ad incontri di qualche ora (cerimonie o riti o accordi fra capi), o al massimo per riposare la notte. Certamente i nuragici vivevano al di fuori.

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  2. Scusate, i Paleosardi abitavano tutti in villaggi nell'epoca del bronzo, oppure ancora in tale epoca (e magari anche dopo) - e non per ragioni di nascondimento- si hanno forti testimonianze dell'uso delle grotte come abitazione? Perché se le grotte venivano ancora utilizzate, chi potrebbe negarci che il nuraghe non potrebbe essere, come dire, la riproduzione di una grotta abitativa?

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  3. Caro Pierluigi,
    immaginare che il nuraghe fosse una struttura destinata per un uso profano (dormitorio, abitazione o fortezza) è un'idea fantasiosa ed irrazionale.

    mauro peppino

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  4. Non penso proprio che fosse un dormitorio o un'abitazione, propendo per più funzioni ad uso di un capo e della sua comunità. Occasionalmente si potevano utilizzare come sedi per riunioni fra capi e sacerdoti.
    Diverso il discorso per i grandi monumenti come Barumini, Arrubiu, Losa, Santu Antine e simili. Le camere sono talmente grandi che potevano ospitare anche per la notte, ma ipotizzare l'utilizzo come dormitori...è quasi illogico.

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  5. caro Pierluigi
    il tuo maestro Ugas parla di alloggi per le guarnigioni,tu propendi per i capi, spiega dunque in che modo la famiglia del capo utilizzava il nuraghe.

    n.b. cerca di non essere irrazionale!

    saluti

    mauro peppino

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  6. Io, invece, escludo che fossero alloggi per guarnigioni di soldati. Come vedi non sempre sono d'accordo con il mio maestro.
    E' difficile individuare una funzione ben specifica perché non sappiamo bene come si svolgeva la vita quotidiana dei nuragici.
    Sono possibilista verso un utilizzo come sede di riti cerimoniali, culti e sacrifici, riunioni fra capi e altri usi civili. Certamente sono luoghi nei quali la comunità conferiva i tributi delle attività agricole (questo è provato archeologicamente) e, probabilmente proprio nei nuraghe si decideva sulla ridistribuzione della ricchezza (ovviamente gerarchicamente) e si ascoltavano le decisioni del capo. Una sorta di luogo di rappresentanza. proporzionato al prestigio di una comunità e del suo capo.
    La gerarchia fra nuraghe è accettata da molti studiosi e certamente il sistema proposto da Ugas corregge il tiro rispetto a Taramelli e Lilliu. Non siamo ancora all'intreccio perfetto fra potere temporale e potere spirituale, ma procediamo in quella direzione.

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  7. @ Pierluigi

    Dunque secondo te vi erano 7000 capi?

    capi di che? di 30 persone ? (7000 x 30 = 210.000).

    Pensare ad un uso profano del nuraghe è un esercizio intellettuale fortemente irrazionale.

    saluti

    mauro peppino

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  8. Non ho parlato di cifre. I polilobati potevano essere centro comunitario per gruppi numerosi, ma le torri singole, poste a controllo del territorio (domani nel mio blog inserirò un articolo su questo argomento), contavano al massimo un piccolo nucleo familiare di 3/4 individui (ma dubito fortemente che vivessero all'interno). L'uso profano del nuraghe e i 7000 capi sono tue parole, io ho sempre parlato di funzione civile e religiosa insieme. Dimentichi i 3000 villaggi, se avessero vissuto dentro le torri (anche se è inconcepibile) avremmo avuto assenza di villaggi.

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  9. Ecco a voi il campione mondiale di arrampicata sugli specchi: mister Pierluigi Montalbano!

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