mercoledì 4 dicembre 2019

Massimo Pittau e gli studi sulla Sardegna antica

    
 di Mauro Maxia

Tra i molteplici interessi del prof. Massimo Pittau, scomparso appena la settimana scorsa, spicca la sua passione per lo studio della civiltà dei sardi antichi da cui scaturì il volume "La Sardegna Nuragica" (Sassari, Dessì, 1977, 5ª ristampa 1988, 2^ edizione Cagliari, Edizioni Della Torre, 2006; 3^ edizione 2013). Questo testo in Sardegna per trent’anni ha rappresentato un vero e proprio best seller dato che ha superato le diecimila copie vendute e tuttora si trova in commercio. Il fatto che proponga una rivoluzionaria interpretazione della funzione dei nuraghi rispetto alle tesi degli archeologi scatenò una forte reazione che portò qualcuno di essi a definire quel suo lavoro “un libro sfortunatamente troppo letto”. Per avere un’idea più precisa sui motivi del contendere conviene leggere la recensione di Salvatore Tola ("La Sardegna nuragica: un recente studio di Massimo Pittau: recensione", 1977) e la prefazione dello stesso Pittau al volume nel proprio sito  http://www.pittau.it/Sardo/sard_nur_pref.html.
In seguito Pittau sullo stesso argomento diede alle stampe "Ulisse e Nausica in Sardegna e altri saggi" (Nùoro, Insula, 1994); "Storia dei Sardi Nuragici", (Selargius Domus de Janas, 2007); "Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monte Prama" (Sassari, EDES, 2008, 2ª ediz. 2009); "Gli antichi Sardi fra i Popoli del Mare” (Selargius, Domus de Janas, 2011); "Il dominio sui mari dei Popoli Tirreni: Sardi Nuragici ed Etruschi" (Dublino, Ipazia Books, 2013); "Enciclopedia della Sardegna Nuragica" (Dublino, Ipazia Books, 2016); "Credenze religiose degli antichi Sardi" (Cagliari, Edizioni Della Torre, 2016).
In uno dei suoi lavori più recenti ("L’espansione coloniale dei sardi nuragici", Nùoro, Le Storie, 2017) Pittau propone una teoria che spezza gli stereotipi di un anacronistico passato non ancora del tutto metabolizzati dagli archeologi. Pittau, cioè, descrive gli antichi sardi non come colonizzati ma come colonizzatori ed esportatori di cultura, specialmente nel Mediterraneo occidentale (Isole Baleari, Corsica), grazie alle loro riconosciute abilità di metallurghi, guerrieri e navigatori documentate nelle fonti classiche.
La sua attività poliedrica trova un raffronto soltanto in quella di Giovanni Spano, maggiore erudito sardo del 1800, il quale è considerato tuttora come uno dei più rappresentativi personaggi espressi dalla Sardegna in ogni tempo. In realtà la produzione di Pittau, grazie anche alla sua maggiore longevità e alle moderne tecnologie, supera largamente pure quella dello Spano. Come gli ormai celebri Giganti di Monti Prama, ai quali Massimo Pittau dedicò uno specifico studio, egli è stato un vero gigante della cultura sarda e italiana. Di certo, accanto ad altri grandi dell’Isola, in un ideale pantheon sardo a Pittau spetterebbe il titolo di Sardus Pater.
Massimo Pittau fu un uomo di rara onestà intellettuale che all'occasione non esitava a correggere sé stesso. Per il suo carattere incline al confronto franco e spassionato egli ebbe delle vivaci polemiche sia con gli etruscologi sia con gli archeologi sardi ma anche con celebri linguisti. Nel suo ultimo scritto, il pamphlet , "Eppure mi diverto coi Nuragici e con gli Etruschi" (Cagliari, Edizioni Della Torre, 2019), Pittau riannoda con umorismo i fili di un dibattito quarantennale che ha contribuito fortemente a cambiare la prospettiva degli studi nell’archeologia sarda e nella stessa etruscologia.   
La foto fu scattata dal sottoscritto a Santa Vittoria di Serri, entrambi relatori nel convegno Archeologia e astronomia celebrato a Isili tra il 19 e il 21 Giugno 1992.
 Questo post è un estratto in anteprima di un articolo commemorativo in uscita sul prossimo numero della "Rivista Italiana di Onomastica" che avrà diffusione mondiale.  

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