di
Franco Laner
Nel
gruppo facebook Preistoria sarda al post di Fabio Manca su dei
caleffatoi eruschi vi riporto alcuni commenti.
...:
Molti
reperti sono scomparsi dai siti Archeologici della Sardegna in
diverse aree di grande interesse archeologico che fine hanno fatto e
poi vengono fatti passare per altri siti Archeologici non Sardi più
chiaro di così.
...:
Sembrano
dei Kernos, venivano usati nei rituali cerimoniali... Hanno diverse
forme ma la struttura generale è quella.
...:
di
ispirazione nuragica
...:
Secondo
me rappresentano i nostri cari nuraghi!!!
…:
Nessuna meraviglia, il mondo nuragico era ben conosciuto sulla
penisola italica. I ritrovamenti di manufatti certamente sardi lo
comprovano (navicelle ceramiche ecc.).
…:
Che la frequentazione dei nuragici in terra etrusca non credo che
ormai possa essere messa in dubbio, stante l'abbondanza di reperti
sicuramente sardi trovati in moltissimi siti etruschi.
…:
Sì, hanno
una grande somiglianza con i modello di nuraghe che troviamo in
Sardegna ma credo che siano dei vasi da rito ,infatti le parti che
sembrano delle torri ( come si vede nei modelli di nuraghe ), credo
che avessero una qualche funzione forse scenica.
Prendo
spunto da alcuni interventi di risposta alla domanda di Fabio Manca
per ringraziare Donatello Orgiu per avermela segnalata e a Paolo
Littarru per aver inserito il mio parere su questi modellini
cosmologici, oggetto di mia curiosità e studio da tanti anni,
riprendendo il parere di studiosi intervenuti nel Convegno
archeologico sardo del 1929 organizzato da Taramelli, dove furono
mostrati modellini assolutamente simili di quelli in oggetto. Ho
dedicato un intero capitolo di “Sa ‘ena”, mi pare anche ben
documentato, sull’immagine diffusa, specie in Oriente, del cosmo,
fondato su 4 pilastri cardinali e l’axis mundi centrale, pianta di
moschee antiche, base dei mandala. In ogni antica civiltà questo
modello è stato riprodotto in molti oggetti d’uso rituale e
sacrale.
Sono
pertanto molto contento di essere venuto a conoscenza di questi due
caleffatoi (termine per me nuovo, che significa “scaldavivande” !
= grazie internet!)
Sull’autenticità
della provenienza dei due modellini cosmologici, vista la perfetta
somiglianza dell’impianto della tomba di Porsenna, non ho sospetti
(e perché mai dovrei?) poiché questa rappresentazione, pur
diversamente declinata, è universale. Invece le trovo di squisita
fattezza e colmi di simbologia: i 4 punti cardinali e quello centrale
sono riprodotti anche sulle facciate, né mancano i ritualissimi
chevron.
Che
siano “scaldavivande” lo trovo surreale (non vedo segni di
fuliggine, né riesco ad immaginarne le modalità d’uso possibili
per scaldare cibo…
Vengo
ora al mio commento, leggendo alcune risposte riportate. Mi pare che
alcuni abbiano la sensibilità di separare il sacro dal profano.
Questa distinzione è alla base di tante considerazioni, proprio a
proposito della destinazione dei nuraghi, che appartengono alla sfera
del sacro e non del profano (Nuraghe fortezza = madre di ogni
sciocchezza).
Altre
risposte appartengono alla cultura dell’isolamento masochistico e
autoreferenziale di molti sardi, che necessitano di essere
protagonisti ed esportatori di civiltà, primi in ogni attività
sociale e culturale, non accorgendosi nemmeno di essere al centro del
grande lago mediterraneo, dove hanno sbattuto le civiltà di tre
continenti, dai cui hanno appreso e a volte rielaborato ed esportato
. Mi pare comunque un campione esiguo ma assai rappresentativo della
visione archeologica isolana, ben rappresentato dalle istituzioni
accademiche e dalla soprintendenza, che continua a guardare solo il
dito che indica la luna, incapaci di rapportarsi al mondo, chiusi in
un risibile provincialismo. Si provi solo ad immaginare di scrivere,
a margine di questa mostra romana, che i due calefattoi altro non
sono che “Modelli di nuraghe”, provenienti dalla Sardegna. Anzi,
si provino gli archeologi isolani ad avanzare quest’ipotesi agli
archeologi, non solo continentali. Sarebbero esclusi per sempre dalla
comunità scientifica. Al contrario in Sardegna, sono cooptati dalla
disciplina, che conta meno di niente.
Un’ultima
annotazione.
Riguarda
la lapidaria conclusione secondo la quale i due modellini cosmologici
rappresentano i nostri cari nuraghi. Sui nostri, non insisto,
anche se appartengono all’umanità e mai pretenderò di convincere
un sardo su quest’aspetto. Invece, molto semplicemente, nella frase
c’è per me una verità: anche i nuraghi sono un’immagine
cosmologica, una ri-creazione straordinaria del cosmo: così in
cielo, così in terra.
Venezia,
30 giugno 2020
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