mercoledì 3 febbraio 2016

Perle di normale e ondivaga vaghezza dell'archeologia nuragica ufficiale


di Franco Laner


Per celebrare il centenario della nascita di Lilliu, 1915, la Soprintendenza della Sardegna col Ministero dei Beni culturali e Turismo ha organizzato una mostra a Milano “L’isola delle torri, tesori dalla Sardegna nuragica”. Non l’ho vista e mi dispiace, perché anche dal peggiore dei libri si salva sempre mezza pagina, ma, visto che ho letto le pagine (58-69) che uno dei curatori ha scritto per il catalogo dell’evento (Alessandro Usai. 2015, Paesaggi nuragici, in MINOJA M., SALIS G., USAI L. (a cura di), L’isola delle torri. Giovanni Lilliu e la Sardegna nuragica, Sassari, pp. 58-69.) forse mi sono evitato una sofferenza inutile.
Già il titolo del “saggio” mi rimanda al libro di MP Zedda, che sette anni fa tracciava i prolegomeni per un nuovo approccio (paesaggio) di ricerca nuragica e mi indispone non poco perché -tranne il titolo- il saggista archeologo ha recepito solo ciò che poteva dare un’aurea di novità a posizioni stantie e logore dell’archeologia isolana. Comunque ha messo in bibliografia il libro di Zedda (forse questa è la mezza pagina che si salva!)
Già in una recente intervista Rai il soprintendente Minoja -come ho descritto in questo blog (6 dic. 2015)- aveva dato dimostrazione dell’infimo stato dell’arte della disciplina. Pertanto se quello è l’indirizzo, cosa ci si può aspettare?
Il prof. Massimo Pittau mi ha insegnato molte cose. Una in particolare: “Se ti occupi di archeologia, occupatene con la tua disciplina!” Memore del consiglio, delle pagine di Usai mi fermo su ciò che posso sostenere con strumenti tecnico-costruttivi.
Mi è assolutamente chiaro che gli archeologi quando parlano di tecnica costruttiva di nuraghi mancano del “senso del grave” (*v. nota). Pensano che le cose stiano su perché stanno su, ma capire perché stiano su e quali siano gli ingegni sottesi, la concezione, l’intelligenza costruttiva messa in atto, è una categoria che proprio non appartiene a loro.
Qualcuno, pur non conoscendo nulla di costruzione, restaura però i monumenti antichi.
E allora scrivono cose generiche, criptiche, perché le ammantano di frasi abbellite di fronzoli che nascondono l’inconsistenza comprensiva. “I nuraghi arcaici sono notevolmente diversi l’uno dall’altro; ciascuno di essi è l’esito di una singolare sperimentazione strutturale e funzionale. La tholos o falsa cupola, composta di anelli di blocchi sempre più stretti dalla base alla sommità, fu la grande invenzione degli architetti nuragici della fase di maturità, che diede ai nuraghi classici la caratteristica forma di torri troncoconiche…. questa ingegnosa semplificazione consentì la costruzione in serie di nuraghi semplici a una sola torre, sia lo sviluppo di monumenti complessi a più torri…I reperti archeologici chiariscono che i nuraghi furono strutture di servizio polivalenti dell’economia rurale, utilizzate per abitazione e per la conservazione, trasformazione e prodotti di ogni genere. Nessun elemento sembra indicare una connessione esplicita e preponderante con forme di culto… Al di là della funzionalità materiale, nei nuraghi si manifesta la volontà di creare edifici monumentali, fortificati (cioè “resi forti”) senza essere vere e proprie fortezze, possenti per suscitare ammirazione e rispetto in un’incessante gara di organizzazione, abilità ed ardimento….”
Prendo atto che si è passati dal concio a sbalzo della falsa volta (da Lilliu in poi) agli anelli sempre più ristretti, che formulai 25 anni fa.
Certo, se metto un anello, poniamo di legno, più stretto sopra quello più largo, e poi un altro più stretto, realizzo una struttura che sta su senza bisogno di centine. Peccato che in pratica metto conci singoli, non anelli di pietra. E allora come si realizza il gioco delle forze che consentono la costruzione autoportante della cupola vera, non “falsa”?? I nuraghi sono formalmente, morfologicamente, diversi, ma hanno tutti la stessa concezione strutturale (stesso tecnema). In parole molto semplici, c’è un unico sistema costruttivo, che ha il suo principio negli stati di coazione. E’ proprio uno straordinario stato di coazione che dà continuità ai conci in orizzontale e consente la formazione di quell’anello di cui si parla, anche se non si sa di cosa si parli!
Oggi ad esempio si usa per costruire la tecnica del cemento armato. La stessa tecnica consente la realizzazione di edifici morfemicamente diversi, ma tecnemicamente uguali. Le  differenze che si notano fra i nuraghi non dipendono dalla concezione costruttiva della muratura ciclopica (per favore non megalitica), unica, invariante, bensì dal “genius loci” (diversa pietra, luogo, tradizione, maestranze, capacità costruttiva, ecc.).
La forma troncoconica deriva da altre questioni strutturali, non dalla tecnologia della cupola.
Parlare di semplificazione tecnologica, significa semplificare (nel senso di tradurre per semplici)  l’arcano costruttivo nuragico, la sua essenza. Ciò che, assieme all’esito formale, è in grado di emozionare! Ma per sentire vibrare certe corde è necessario capire. Per di più se non si capisce qualcosa, come si può farlo proprio e -nel caso della Soprintendenza- come si può salvaguardare e valorizzare?
Ed eccoci alla nuova e straordinaria novità del saggio:  i nuraghi erano masserie agricole, contenitori di ogni tipo di derrate e quant’altro. Posso ridere? Ho pensato, visto che la mostra era a Milano, tutto sommato questa destinazione non sarebbe stata sgradita a Berlusconi, che definì i nuraghi contenitori di ricchezze e tesori del capo! Ho tradotto con “masseria” l’azienda agricola ipotizzata, anche perché la masseria necessità del latifondo, paragonabile ai cantoni di lilliana memoria.
E poi: nessun elemento giustificherebbe la destinazione a culto?!?!?!?!?!?!?
Certo  il saggista archeologo si sta mettendo in un bel guaio. Nuraghi complessi = masserie-aziende, nuraghi monotorri = semplici cascine rurali, proprio nella mostra dedicata a Lilliu, che stabilì che la funzione dei nuraghi fosse militare, come smentirlo spudoratamente? Come celebrare il sommo Archeologo sputtanandolo? 
Affermo sinceramente che l’escamotage del saggista è degno di tutta la mia ammirazione.
Il nuraghe (massaria-azienda agricola) risponde all’esigenza di edificio monumentale, fortificato, “cioè reso forte”, senza essere una vera e propria fortezza, possente per suscitare ammirazione.
In altre parole Lilliu ci aveva visto bene: fortezze, però non nel senso che tutti abbiamo inteso! Ragazzi! Suvvia, uno piccolo sforzo di esegesi. Fortificato non per la guerra, ma semplicemente reso forte, durabile, robusto, monumentale! Ovviamente, il nuraghe, oltre a conservare, trasformare e proteggere prodotti di ogni genere, era anche abitazione! Dai! butta dentro, ammucchia roba, cibo, attrezzature, suppellettili, famiglie, animali! Eppure non si trovano, cavoli!, tracce di materiale organico! Forse, continuando gli scavi, qualche traccia verrà pur fuori, ma bisogna scavare, scavare molto in profondità! In sintesi? Non chiudiamo alla possibilità che il nuraghe avesse anche il cesso!
Potrei continuare con le fantasie del modello espansivo delle masserie sul territorio descritte dal saggista e la formazione del paesaggio (da cartolina), che lascia però aperta anche alla possibilità che la dislocazione di qualche nuraghe fosse decisa a seguito di vaticini, sogni, allucinazioni, o altri presunti “segni” come la caduta di un fulmine, lo scoppio di un incendio, la nascita o la morte di una persona o di un animale, l’accadimento di fatti inspiegabili o preannunciati da racconti mitici?
Insomma qualche nuraghe poteva, ma eccezionalmente, essere legato anche al sacro, o alla morte del cane o a fatti inspiegabili!
Continuare mi crea problemi. Ho metri di veli pietosi. Li uso!
Mi sia consentita (non a caso ho chiamato in causa anche Berlusconi) una considerazione laterale.
Della mostra ho saputo in questi giorni.  Non credo però che si siano levate voci di dissenso, soprattutto dagli archeologici sardi. Anzi lo stile degli archeologi è quello del silenzio.
Mai si smuovono per prendere posizione. Sono stoici e superiori ad ogni critica, chiusi nella torre eburnea della verità vera. Nemmeno ovviamente prendono in considerazioni ipotesi suffragate da molti indizi e prove, a meno che non siano dette dalla casta. Tutto ciò che non sia accademico-archeologico è buono per la pattumiera. Non si prenda nemmeno la briga di confutare!
Spesso ci siamo detti, forse anche con un po’ di presunzione, per me legittima se si è arrivati a qualche risultato logico e consequenziale con fatica: prima tacciono, poi ti mettono in ridicolo, poi vinci. La fase del silenzio è superata. Molti libri sono lì da anni, letti ed apprezzati: vedi Pittau che contrastò la teoria dei nuraghi-fortezza, v. Zedda, v. Laner, v. Gigi Sanna, v. Aba Losi, v. Mulas e l’elenco potrebbe continuare, anzi l’elenco ufficiale lo si può desumere dai destinatari degli attacchi vigliacchi dell’anonimo untore che ha imperversato per anni. Questa è la seconda fase, quella di metterti in ridicolo, di attaccarti anche sul piano gli affetti personali. Di gettare discredito in ogni modo, anche il più becero. Ora è noto che l’untore non era solo e quale categoria gli dava corda. Il detto che ho richiamato sopra si realizzerà.

* Il “senso del grave” l’ ho appreso da Carlo Scarpa.  Il grande architetto, allora preside della mia facoltà sosteneva che questa qualità, già espressa da Leon Battista Alberti che riduceva l’architettura all’arte di sollevare pesi e fare in modo che rimanessero là, non era così diffusa  nemmeno fra gli architetti e gli ingegneri. Oggi potrei dire che spesso un muratore ha molto più “senso del grave” di molti professionisti. Sicuramente non è qualità propria di laureati in letteratura, o in molte materie umanistiche, come l’archeologia, ovviamente con le dovute eccezioni! 


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