giovedì 18 febbraio 2016

La "Dea" di Sardara


di Mauro Peppino Zedda


L’immagine raffigurata plasticamente in un vaso askoide proveniente dal santuario nuragico di Santa Anastasia a Sardara mi pare abbia caratteristiche che trovano stringente confronto con l’immagine della dea Northia etrusca. Al riguardo vi propongo quanto scrive l’archeologo S. de Marinis nell'Enciclopedia dell' Arte Antica (1963) Treccani, alla voce:

NORTHIA. - Nome latinizzato di una divinità etrusca particolarmente venerata a Volsinii, da dove provengono numerose iscrizioni dedicatorie. Dalle fonti letterarie (Liv., vii, 13; Iuven., x, 74) si può dedurre che N. era una divinità della sorte, avvicinata e assimilata in seguito alla Fortuna romana nei suoi varî aspetti. Tale carattere trova la sua conferma nell'usanza (testimoniataci da un passo di Cincio in Livio (vii, 3) di conficcare ogni anno sulla parete del suo tempio un chiodo, che serviva a contare gli anni e stava a significare in certo modo il rapido ed inevitabile termine del destino. L'usanza passò poi anche a Roma, dove, alle idi di settembre, la sacra cerimonia veniva compiuta dal praetor maximus nel tempio di Giove Capitolino. Anche Orazio parla dei clavi trabales (Carm., i, 35, 17 ss.) che fanno parte degli attributi della Necessitas che precede la Fortuna.
Il Gabrici credette di riconoscere il santuario volsiniese della dea N. nel tempio messo in luce in località Pozzarello, 3 km a N di Bolsena. La costruzione originaria è in blocchi di nenfro e risale al III sec. a. C.; subì poi nel corso dell'età romana successive e radicali trasformazioni e ricostruzioni, restando sede di culto fino al III sec. d. C. Gli argomenti portati dal Gabrici per riconoscere N. Fortuna nella divinità venerata non sono abbastanza probanti e la stipe è troppo poco significativa al riguardo. In conseguenza di tale ipotesi si volle vedere l'immagine della dea N. in alcuni bronzetti facenti parte degli ex voto del tempio, che presentano un tipo comune di figura femminile con acerra epatera umbilicata. Non esiste peraltro nessuna rappresentazione figurata in cui sia lecito riconoscere, non con effettiva sicurezza, almeno con una certa probabilità, la figura di Northia.
Bibl.: F. Wagner, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 465 ss., s. v.; E. Gabrici, Bolsena; scavi nel sacellum della dea Nortia sul Pozzarello, in Mon. Ant. Linc., XVI, 1906, c. 9 ss.; G. Q. Giglioli, La religione degli Etruschi, in Storia delle religioni, a cura di P. Tacchi Venturi, I, Torino 1944, p. 786; L. Ross Taylor, Local Cults in Etruria, in Papers and Monographs of the Amer. Acad. at Rome, II, 1923, p. 154; E. Bernert, in Pauly-Wissowa, XVII, i, 1936, c. 1048 ss., s. v.; G. Radke, in Pauly-Wissowa, IX A I°, c. 835-6, s. v. Volsinii.

Se per de Marinis non vi sono raffigurazioni della dea Northia (non so se condivide ancora questo pensiero) per Luigi Catena (cfr suo scritto nel blog di Pierluigi Montalbano) e altri la dea è rappresentata dalla figura che ho inserito in basso..
Una dea metronoma, che ha nella falce lunare il suo segno distintivo. La Luna, Me , mese,  misura per eccellenza, che attraverso il dominio sulle acque presiedeva al ciclo della vita.
Mi pare importante dialogare su questa convergenza, una delle tante , che insiste tra la Sardegna e l’Etruria.

Se volete approfondire il simbolismo lunare, anche in riferimento alla “Dea” di Sardara vi rimando al libro “La dea bipenne” di Donatello Orgiu.


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